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La “storicizzazione” del fascismo come fenomeno circoscritto e datato parte da lontano, ha radici antiche. Da quanto tempo si sente l’affermazione: ancora si parla di fascismo? Ma siamo nel 2023! Oppure: con tutti i problemi che abbiamo, ancora di queste cose dobbiamo parlare … . O meglio ancora: ma il fascismo non era come il nazismo, il primo fascismo ha fatto pure cose buone … sì però anche i partigiani … e il comunismo …

Tutte queste voci, spesso autorevoli e non solo di destra, hanno portato allo sdoganamento storico del fascismo, al suo annacquamento, alla volontà di scavalcare un ventennio, durato poi molto di più, senza mai farci compiutamente i conti. In Italia, dopo il 25 aprile del 1945 non è stato fatto nulla che assomigliasse ad un processo di Norimberga. Le istituzioni fasciste non sono state mai smantellate  completamente: magari formalmente sì, ma hanno mantenuto molto del corpo impiegatizio e burocratico operante durante il ventennio. I corpi dello stato, i servizi segreti in particolare, hanno continuato a scavare come talpe sotto le fragili fondamenta della repubblica e della nascente democrazia, per molti decenni. Per arrivare poi agli anni novanta, in cui Mani Pulite avrebbe dovuto spazzare via un sistema corrotto, ma ciò che arrivò a sostituirlo fu, in larga parte, il ventennio di Berlusconi, che vedeva comunisti dappertutto e fece un’operazione culturale di parificazione del marxismo al fascismo.

Non dobbiamo cadere dalle nuvole se la seconda carica dello stato finge di non conoscere la storia di via Rasella, se giornalisti e commentatori sussurrano o gridano l’opinione che un atto di guerra diviene un attentato. Peggio, la colpa fu dei partigiani che dovevano starsene zitti e buoni, perché sapevano che i nazisti si sarebbero arrabbiati e avrebbero applicato la aberrante formula matematica un tedesco = dieci italiani. No, io non credo che si possa banalizzare tutto, derubricandolo a problema di poco conto, come le violenze nei confronti di chi la pensa in modo diverso, vedi i ragazzi picchiati in strada davanti ad un liceo perché esprimevano la propria opinione tramite dei volantini. Non si possono trattare con leggerezza e superficialità segnali di questo tipo, spesso agli onori della cronaca.

I partigiani, anch’essi messi sullo stesso piano degli oppressori, tramite il lavoro di studiosi considerati dall’opinione pubblica come moderati, sono già il risultato di una parificazione antistorica. Durante e dopo la guerra civile ci sono sicuramente stati eventi di violenza grave, processi sommari ed esecuzioni da parte dei partigiani, nel famoso “triangolo della morte” emiliano, così come ai confini est dell’Italia e in altre zone. Ma questi fatti non possono in alcun modo mettere sullo stesso piano oppressi ed oppressori, patrioti e traditori. La guerra civile non fu una scaramuccia tra bande come per i ragazzi della Via Paal: si perpetrarono stragi e violenze inaudite, soprattutto dopo il ’43, ad opera dei fascisti e dei nazisti. Il fascismo nacque come movimento violento e liberticida, da subito, come ragione sociale di un movimento che effettivamente divenne di popolo, ma ebbe le sue origini come banda armata dei padroni e dei ricchi proprietari terrieri. A Ferrara le squadracce dell’ “eroico” Balbo misero a ferro e fuoco le sedi della Lega delle cooperative, le delegazioni sindacali e le sezioni dei partiti di sinistra già dai primi mesi del 1920.

Magari serve a rischiarare la memoria agli smemorati di Collegno e di altre parti d’Italia che la pratica barbara di parificare un morto a dieci, anzi a undici, fu propriamente inventata dai fascisti e precisamente il quindici novembre del 1943, in seguito all’omicidio avvenuto due notti prima del federale fascista Igino Ghisellini. Pavolini, capo del Partito Fascista Repubblicano ordinò l’omicidio di undici oppositori del regime come rappresaglia. I vertici del Partito Fascista Repubblicano di Ferrara rastrellarono settantaquattro persone, trucidandone la notte del 15 novembre undici, nel muro antistante il castello Estense (ed in altre zone della città). Da qui si perpetrò l’uso dello stragismo da parte dei nazi-fascisti al grido di “ferraresizziamo l’Italia”. Ancora non sono chiare le responsabilità dell’omicidio politico del federale, alcuni storici danno la responsabilità diretta al PFR di Ferrara, mentre altri pensano che i federali e i vertici del partito abbiano “venduto” Ghisellini ai Gappisti delle città.

La memoria e le parole hanno una importanza fondamentale. La brigata nazista italo-tedesca “Bozen” non è una banda musicale di pensionati. I fascisti non furono patrioti, lo furono i partigiani. Gli italiani durante la guerra civile non furono tutti uguali, c’era chi combatteva per la libertà e chi combatteva per consegnare l’Italia agli oppressori.

Sicuramente ci sarà chi commenterà questo articolo definendolo poco accurato dal punto di vista storico, chi lo riterrà frutto di una opinione. Su questo non sono d’accordo. Il fascismo non fu un’ opinione, fu un crimine.  In quanto tale va ricordato e studiato, le approssimazioni e falsità storiche sono gravi e non possono venire annoverate alla voce boutades.

L’antifascismo non è un valore divisivo: i nostri padri costituenti erano esponenti di tutti i partiti con valori diversi tra loro, cattolici, comunisti, socialisti, liberali, repubblicani, unionisti.

L’antifascismo, la resistenza e la liberazione sono divisive per i fascisti, questo è certo.

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Cristiano Mazzoni

Cristiano Mazzoni è nato in una borgata di Ferrara, nell’autunno caldo del 1969. Ha scritto qualche libro ma non è scrittore, compone parole in colonna ma non è poeta, collabora con alcune testate ma non è giornalista. E’ impiegato metalmeccanico e tifoso della Spal.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
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PAESE REALE
di Piermaria Romani


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