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di Cristiano Mazzoni

Ha ragione signor Ministro, lei col 25 aprile non c’entra niente. Noi il 25 aprile del 1945 abbiamo vinto, abbiamo abbattuta la dittatura nazi-fascista, lei signor ministro ha perso. Giusto, vada a festeggiare la più bella festa dell’anno a Corleone o a Cinisi. Le ricordo però che “Cosa Nostra”, odiava realmente solo un partito, il mio, non il suo. La mafia dalle origini pasteggia con lo Stato, e coi padroni del vapore, il prefetto Mori inviato da Mussolini, ottenne in realtà dei risultati, che sparirono appena il prefetto lasciò l’isola, e “l’onorata società” aderì in blocco al fascismo.
Quindi, signor ministro lei fa assolutamente bene a non festeggiare, l’antifascismo, non è roba per lei. I nostro nonni combatterono e morirono in montagna e nelle valli, nelle città, nei paesi e nei borghi, i nostri padri fronteggiarono la Celere di Scelba, rivisitazione post fascista del sopruso e della violenza dopo la guerra, noi siamo i discendenti di quei combattenti, di quei giovani che credettero in un mondo migliore, quello stesso mondo che lei ora divide per razze e racchiude entro muri.
La Costituzione repubblicana è figlia di quel 25 Aprile, lo sviluppo, le lotte sindacali, i diritti comuni, la libertà, rinacquero quel giorno.
In Italia per vent’anni – lunghi e bui anni – la dittatura con l’arma del ricatto e della violenza, pasteggiò con le anime dei morti in guerra, dei morti a causa delle leggi razziali, dei morti fucilati, o picchiati in seguito alle scorribande delle camice nere.
E no, non fece anche del buono signor ministro, legga meglio, si informi, Inps, Inail, pensioni, diritto di voto iniziarono prima il loro percorso e lo finirono dopo la guerra, sempre grazie a noi.
Certo, infrastrutture e bonifiche vennero fatte, ma nello spirito di una finta autoreferenzialità, per dimostrare quanto la dittatura fosse potente.
I morti, signor ministro non furono tutti uguali, durante la guerra civile, da una parte i patrioti, dall’altra quelli che vendettero l’Italia allo straniero, che la condussero in guerra, che causarono centinaia di migliaia di morti, altroché qualche migliaia “per sedersi al tavolo delle trattative”.
Il revisionismo oramai ha contagiato l’intero Paese e lei signor ministro ne è l’espressione massima.
Fascismo, non è il contrario di comunismo, è il contrario di libertà
E poi smettetela di affiancare una teologia del sopruso e della forza, quale fu il fascismo ed il conseguente nazismo, con l’ideale che Marx teorizzò nel Manifesto e nel Capitale.
Libertà contro oppressione, finitela di tirare in ballo Stalin e Pol Pot, i dittatori sono tutti uguali, le idee e le ideologie no. Le brigate Garibaldi, le brigate di Giustizia e Libertà, le Brigate Bianche, liberarono l’Italia spargendo il loro sangue giovane sulle baionette degli oppressori, non era un derby, signor ministro.
Per me l’unico derby è quello col Bologna, la liberazione d’Italia fu la speranza di un popolo oppresso che spezzò a forza le proprie catene, come è possibile dimenticarlo?
Il mio cuore il 25 Aprile sarà ovunque un fiore rosso indichi il luogo del martirio di un partigiano, perché la Resistenza per noi non è un semplice esercizio della memoria, ma un punto di arrivo, nella infinita ricerca di un mondo migliore, senza oppressi e né oppressori.
E lei signor ministro, fa bene a non festeggiare la nostra festa, si mangi un buon piatto di bucatini, perché lei con gli ideali della resistenza, davvero, non c’entra nulla. Ora e sempre, resistenza.

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Redazione di Periscopio


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Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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