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di Loredana Bondi

Proprio in questi giorni abbiamo seguito e ‘sopportato’ con grandi perplessità quanto si è andato dicendo – e contraddicendo – in merito a una delle leggi più importanti per la vita del nostro paese e cioè nuova legge finanziaria di bilancio dello Stato per l’anno 2019.
Ebbene, per quanto mi compete, ritengo di non essere assolutamente soddisfatta di molti aspetti di quanto il più importante dispositivo finanziario dello Stato dispone e si impegna a fare, in particolare per la ‘disattenzione’ – per usare un eufemismo – che il governo ha dimostrato nei confronti dell’investimento del mondo dell’educazione e dell’istruzione, dalla scuola dell’infanzia all’università.
Non posso sottacere in particolare che, nonostante i proclami, c’è una lontananza oserei dire ‘siderale’ da ciò che ha distinto i principi ispiratori di tutti gli interventi fatti nel corso degli ultimi decenni, sia a livello nazionale sia a livello europeo, a favore dell’educazione delle nuove generazioni attraverso la cura dei servizi rivolti all’infanzia, acquisiti come modello di crescita comune. Ciò che emerge oggi dalle scelte – o non scelte – politiche nazionali è un’assenza assoluta di prospettiva, che non dà ragione del tipo di consapevolezza maturata, per esempio, dentro e attorno ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia (così come per altri gradi e ordini di scuola), in particolare rispetto ai veri processi di integrazione, che il percorso formativo seguito in questi decenni ha dimostrato acquisendo, soprattutto nei nostri territori, una valenza di altissimo profilo sul piano politico sociale e culturale.

Non vorrei richiamare quanto a livello internazionale è stato ormai da anni dimostrato a livello scientifico, antropologico, psicopedagogico ed economico; basti richiamare quanto sostiene il Premio Nobel per l’Economia (nel 2000) James Heckman rispetto ai benefici che una società può avere se agisce precocemente con programmi di intervento sulla popolazione fin dai primi anni di vita, promuovendo educazione e istruzione, perché questo favorisce di per sé nel corso del tempo maggiore produttività e forza lavoro per l’intero paese. Le stime dimostrano che gli interventi educativi precoci hanno un alto rapporto costi-benefici: se un minore è motivato a socializzare, ad apprendere ed essere qualitativamente impegnato fin dai primi anni di vita, è più facile che da adulto possa riuscire a integrarsi nella vita sociale ed economica con migliori risultati. E’ dimostrato infatti statisticamente, che i bambini che frequentano scuole e servizi educativi fin dai primissimi anni di vita hanno minore probabilità di insuccesso scolastico. Tutto questo per dire quanto gli effetti di un serio investimento in educazione sul piano sociale siano importanti e come ciò abbia contribuito anche nel nostro paese allo sviluppo delle stesse comunità. Del resto la storia ci è di grande sostegno nell’evidenziare la positività delle scelte che, nel corso degli ultimi decenni, tante Amministrazioni locali hanno fatto nella direzione dell’investimento in offerta educativa rivolta all’infanzia. E, soprattutto oggi, dinnanzi alla possibile perdita di identità di questo processo, relativizzato prioritariamente ad ambito di spesa per gli enti locali, ci ha indotto a ‘ricordare’ il percorso storico fatto nelle diverse realtà locali nostra Regione e, per quanto mi riguarda, per la nostra città, scrivendo appunto come si è sviluppata la storia della scuola comunale dell’infanzia a Ferrara, soprattutto dal dopoguerra a oggi.

Grazie al sostegno del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia di cui sono componente, unitamente alla Regione Emilia Romagna, si è infatti ritenuto importante fissare storicamente i passaggi di questa evoluzione che ha visto concretamente realizzarsi, con il grande impegno delle realtà locali, una vera e propria trasformazione dei servizi per la prima infanzia tanto da rappresentare un modello che ha consentito di supportare anche a livello nazionale diversi recenti provvedimenti normativi sulla qualità dell’offerta educativa in generale, varcando talora anche i confini nazionali.
Per anni ho seguito le vicende riguardanti l’evoluzione dei servizi educativi a livello nazionale sia dal punto di vista storico-sociale sia pedagogico, verificando nel tempo quanto sia mutata l’attenzione nei confronti dell’infanzia, creando una nuova cultura che, soprattutto nella nostra regione e nella nostra città, ha portato a raggiungere obiettivi riconosciuti di elevata qualità educativa anche a livello internazionale. Tutto ciò grazie a scelte politiche agite da Amministrazioni locali attente alle trasformazioni sociali e alla valorizzazione dell’investimento in educazione. L’aver approfondito poi dal punto di vista esperienziale (di ricerca teorica e pratica) il significato di questo investimento, mi ha consentito di verificare quanto positivi siano stati i traguardi raggiunti a livello di metodologia di apprendimento e processo di socializzazione dei bambini e dei ragazzi nei diversi ambiti scolastici e quanto ciò abbia inciso anche sul cambiamento sociale della stessa comunità di appartenenza. Laddove l’Amministrazione pubblica è riuscita a sostenere e perseguire questa direzione, si sono evidenziati processi sociali partecipati che hanno prodotto reali miglioramenti di vita per l’intera comunità anche grazie alla diffusione e al sostegno dei servizi rivolti all’infanzia e alle famiglie.
Perché è necessario ricordare lo sviluppo storico della scuola comunale dell’infanzia a Ferrara? Che significato assumono oggi per una comunità come la nostra la cura e l’educazione dell’infanzia fin dai primi anni di vita delle nuove generazioni?
Proprio nell’ambito della ricorrenza dei cinquant’anni dall’istituzione delle scuole materne statali, esattamente con la legge 444 del 18 marzo 1968 Ordinamento della scuola materna statale, abbiamo presentato a Ferrara la pubblicazione de ‘La strada Maestra’- a cura del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia e della Regione Emilia Romagna – che descrive l’impegno che molte Amministrazioni comunali emiliano-romagnole, fra le quali il Comune di Ferrara, hanno profuso per realizzare anche nella nostra città nuove prospettive nel campo dell’educazione rivolta ai bambini e alle bambine. Il testo, da me curato per la parte storica relativa al Comune di Ferrara, è stato presentato pubblicamente nel dicembre scorso presso la sala Cinema Boldini. Ritengo che possa essere utile tracciare un breve profilo storico di questo percorso: è quello che si tenterà di fare nelle prossime due uscite.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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