Skip to main content

Le serie Tv hanno riportato alla luce, nell’immaginazione degli spettatori e nella fantasia degli sceneggiatori, la voglia di raccontare storie di mondi distopici ma anche talmente veri da poter essere considerati a tutti gli effetti geniali. Si parla di cyberspazio, crimine, storia, fantasy e anche, perché no, di fatti realmente accaduti, o quasi.

Una delle serie più acclamate in USA e nel resto del mondo è stata la recente The Americans, attualmente disponibile sulla piattaforma Netflix. Come si legge da Wikipedia la serie “ideata da Joe Weisberg, segue le vicende di una coppia di agenti del direttorato sovietico operante all’interno degli Stati Uniti negli anni ottanta, durante la guerra fredda. Ha ricevuto una positiva accoglienza da parte della critica, venendo candidata a importanti riconoscimenti tra cui i premi Emmy, i Saturn Award, i Writers Guild of America Award e i Satellite Award”. Ma non è tutto, considerando che al termine della prima stagione, lo scrittore Stephen King – di certo un veterano esperto in fatto di suspance -, ha definito The Americans come la miglior serie TV del 2013.

Per entrare nello specifico: di cosa parla The Americans? La sua trama narra di vicende estremamente verosimili o vicine alla realtà. Joe Weisberg, il regista è da sempre un grande appassionato di spionaggio, tra il 1990 e il 1994 alle dipendenze della CIA, prese spunto per la creazione della serie dai risultati conseguiti nel 2010 dall’indagine dell’FBI denominata Operation Ghost Stories, che aveva portato alla scoperta negli Stati Uniti di una rete di spie dormienti russe soprannominata Illegals Program. All’interno dei vari episodi si svela lentamente un mondo in piena guerra fredda in cui si avvicendano storie misteriose e ricche di azione, i cui attori sono per lo più appartenenti ad alcune organizzazioni internazionali segrete come il famigerato KGB, il GRU (Servizio Segreto Militare Sovietico), la CIA, il Mossad israeliano e l’FBI.

I protagonisti della storia, sono Philip ed Elizabeth Jennings, due agenti del KGB, membri del direttorato S che riunisce le spie russe attive sotto copertura, illegalmente, all’estero. Dopo un severo addestramento in URSS i due furono inviati in USA con l’ordine di fingersi una reale coppia americana. È qui che la situazione inizia a complicarsi, i Jennings col passare del tempo iniziano a provare sentimenti veri reciprocamente e allo stesso tempo sono condizionati dal dover svolgere compiti sempre più rischiosi per l’acuirsi della guerra di nervi tra le due superpotenze. Da un punto di vista “politico” però Philip sembra riuscire ad ammorbidirsi nei confronti della sua nuova patria, mentre Elizabeth è costante nel rimanere una fervente sostenitrice della “madre Russia”. La coppia ha anche due figli, Paige ed Henry che però tutto sembrano tranne che discendenti di una coppia sovietica. A complicare le cose ci si mette poi anche un nuovo insospettabile vicino di casa, l’agente Beeman, funzionario FBI destinato ad indagare sulle attività del direttorato S.

The Americans è importante perché è una serie Tv che riesce a fare luce su tanti aspetti finora poco noti al grande pubblico della “guerra fredda”, del governo Reagan, Breznev e non solo. In essa sono presenti termini ormai caduti in disuso che però, all’epoca dei fatti, erano sulle cronache di tutti i quotidiani e che ora nelle cronache destinate alle scuole sembrano essere fin troppo lontani. Prendiamo ad esempio in esame il KGB (Comitato per la sicurezza dello Stato), come descritto nei vari episodi della serie, i cosiddetti residenti legali, erano spie che operavano in un paese straniero sotto copertura diplomatica. Questi erano membri ufficiali del personale consiliare (addetti commerciali, culturali, militari) e quindi godevano della immunità diplomatica che consentiva loro di non essere arrestati né processati nel paese ospitante anche nel caso in cui fossero stati sospettati di spionaggio. La Residentura, cioè la base di spionaggio russa, aveva la responsabilità di rimpatriare il personale non idoneo o, come accade anche nella serie tv, quando le spie venivano scoperte e il loro ruolo compromesso. La Residentura aveva molte sedi, ognuna di esse guidata da un comandante chiamato Direttorato (in The Americans è Arkady Ivanovich Zotov) che svolgeva le stesse funzioni dei capi sezione della CIA. Fu tramite abili mosse da parte dei dirigenti di ambo le parti che furono scongiurate situazioni di crisi geopolitiche che avrebbero potuto sfociare nella terza guerra mondiale.

Nel telefilm si parla molto spesso di armamento bellico nucleare e misteriosi progetti spaziali la cui scoperta viene sotterrata da repentine mosse di spionaggio e controspionaggio che vanificano ogni sforzo in tale direzione. Le vicende dei Jennings sarebbero state verosimili in diverse parti del mondo poiché ogni capitale occidentale facente parte della NATO era sede di ambasciate tra cui anche una Residentura. Non è un caso che proprio una sede sovietica come quella di Londra salì alle cronache e fu teatro della fuga di un nome di spicco del KGB, il colonnello Oleg Gordievsky, ricercato per alto tradimento per aver spiato per conto della CIA, ma sfuggito al processo e alla condanna a morte grazie all’M16, il servizio segreto britannico. Ogni “base” della Residentura nel mondo aveva sottogruppi con ruoli precisi ad esempio il PR Line, il KR Line, la Linea X, N e i Riservisti Speciali. Tutte queste sezioni fornivano supporto agli infiltrati che in genere prendevano l’identità di persone scomparse o decedute e conducevano una vita da cittadini del paese ospitante, talvolta con un una famiglia, dei figli e dei colleghi del tutto inconsapevoli. Al momento

The Americans è in onda in Italia con la quarta stagione, ne mancano ancora due alla parola fine messa dai produttori, nonostante il grande successo di critica e pubblico. A colpire e a renderlo diverso da tantissimi altri sceneggiati proposti negli ultimi anni è proprio l’ambiziosa ricostruzione storica in ogni dettaglio di un’epoca come quella degli anni ’80 che solo ultimamente è tornata di moda, escludendo di certo l’insolito “inenarrabile” teatro della guerra fredda. Se vi capita di vederlo, sicuramente vi capiterà di voler approfondire i temi in esso nascosti e qui avrete un piccolo punto di partenza per iniziare la vostra esplorazione, osservate poi attentamente i costumi, ascoltate la colonna sonora, assecondate i gesti, vi troverete immersi, come spie, in un mondo diversissimo ma non mai troppo lontano.

tag:

Diego Gustavo Remaggi


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it