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La coppa Topolino

Nel vastissimo frasario del tifoso italiano ci sono due sfottò interscambiabili, entrambi finalizzati a sminuire o a ridicolizzare i trofei conquistati dalle squadre avversarie: la Coppa del Nonno e il Trofeo Birra Moretti – quest’ultimo è stato il primo assaggio di calcio estivo per più di un decennio. Ebbene, l’equivalente inglese di tutto ciò è la cosiddetta Mickey Mouse Cup, espressione con cui il pubblico d’oltremanica si riferisce solitamente alla Coppa di Lega inglese o, più in generale, a qualsiasi altra competizione di rango inferiore alla Premier League.

Insomma, da circa trent’anni la “Coppa Topolino” è un po’ sulla bocca di tutti: dai tifosi agli opinionisti, passando addirittura per i giocatori – qui, ad esempio, un giovanissimo Harry Kane dice che la Premier League non è una Mickey Mouse Cup qualsiasi. Inoltre, l’appellativo disneyano può essere utilizzato per bollare come scarso un giocatore o un arbitro: lo sfogo più famoso in tal senso è quello dell’ex allenatore del Newcastle Jon Kinnear, il quale, in seguito alla sconfitta per 2-1 sul campo del Fulham nel novembre del 2008, se la prese un po’ con Martin Atkinson per via di un calcio di rigore non fischiato.

“If we’d had a proper referee we’d have come away with something. It was a blatant foul, a blatant push prior to the penalty. Johnson completely pushes Caçapa out of the way – straight hands, just a push. But it was just a Mickey Mouse ref doing nothing.”

Lo striscione con la scritta “Mickey Mouse Treble” è invece opera della Stretford End, cioè la curva ovest di Old Trafford, e fu esposto al Millennium Stadium di Cardiff in occasione della sfida tra Manchester United e Liverpool nell’agosto 2001. Com’è intuibile dall’immagine, lo striscione rimarcava la differenza tra l’irripetibile treble dello United 1998/1999 e quello di minor prestigio realizzato dai Reds proprio nel 2001. Senonché, sedici anni più tardi lo United di José Mourinho ha messo in bacheca un treble più o meno identico a quello sbeffeggiato dalla Stretford End, dando così ai tifosi del Liverpool l’opportunità di rendere pan per focaccia; d’altronde, lo stesso Manchester United ci ha messo del suo nell’evidenziare quell’analogia: infatti, su suggerimento di Mourinho, i giocatori e lo staff tecnico hanno festeggiato la vittoria dell’Europa League 2016/2017 indicando con le dita il numero tre [Qui].

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Paolo Moneti

Sono un pendolare incallito a cui piacciono un sacco le lingue straniere e i dialetti italiani. Tra un viaggio e l’altro passo il mio tempo a insegnare, a scrivere articoli e a parlare davanti a un microfono. Attualmente collaboro con Eleven Sports, Accordi & Spartiti, Periscopio e Web Radio Giardino.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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