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Se il 13 novembre 2015 a Parigi non fosse successo ciò che è tragicamente successo, non in così tante persone, in Italia, avrebbero conosciuto il nome del locale parigino “Bataclan”. A Parigi invece il Bataclan è un luogo di culto e generazioni di francesi sono cresciute ascoltando i concerti che lì si organizzano. Il 13 novembre dello scorso anno, a Parigi, era una serata mite, il clima dolce invogliava i parigini a stare fuori per bere un calice di vino, consumare una cena, guardare una partita di calcio o ascoltare della buona musica appunto. Era una bella serata, fino alle 21.20, ora in cui c’è stata la prima delle numerose esplosioni che avrebbero cambiato il corso della storia. Parigi è sotto assedio e la Francia in guerra: una serie di attacchi terroristici di matrice islamica vengono sferrati quasi in contemporanea da un commando armato collegato all’autoproclamato Stato Islamico, comunemente denominato ISIS.

Gli attacchi armati si concentrano nel I, X e XI arrondissement della capitale francese e allo Stade De France a Saint Denis e al Bataclan, appunto, dove centinaia di persone assistono al concerto della band californiana Eagles of Death Metal. E’ una strage, la fine dell’innocenza per una intera generazioni di giovani: 130 persone perdono la vita, quasi tutti avranno un conoscente, un amico, un parente colpito dalla strage. Alexandra Dadier, laureata in Storia a La Sorbonne, attrice e registra teatrale da oltre vent’anni, docente alla Universitè Paris Dauphine, ha vissuto dal 1997 al 2002 a Ferrara dove si occupava di regia teatrale. Alexandra era a Parigi il 13 Novembre e non potrà mai dimenticare: “Ero a casa mia, vicino all’Arco di Trionfo, in cucina, e poco dopo le 21 ho sentito passare un elicottero a bassa quota. Ho capito subito che fosse successo qualcosa di grave. Conosco il mio cielo e quell’elicottero era messaggero di tragedia. Poi ho acceso la tv e le immagini che ho visto mi hanno confermato che la mia sensazione era giusta, purtroppo. E’ stato uno shock, non posso definire in altro modo lo stato d’animo di quella notte. Insegno all’università e il mio pensiero è andato ai miei studenti e ai giovani come loro che so affollare le vie del centro per bere qualcosa e stare insieme. Il clima era stupendo, dovevano essere fuori di sicuro. Si sono salvati perché c’era così tanta gente che sono dovuti andare da un’altra parte. E’ stata questione di dieci minuti”.

Il Presidente Hollande parla in tv: la Francia è in guerra e le frontiere vengono chiuse. Dopo lo stadio e i ristoranti viene colpito il Bataclan ed è una strage. Persone ferite che si calano dalla finestra o escono zoppicando dalle porte di sicurezza in cerca di salvezza mentre dentro il locale il pubblico inerme di un concerto rock cade sotto i colpi di kalashnicov degli attentatori. “Il Bataclan è un posto mitico per noi parigini: un luogo dove assistere a magnifici concerti. Quante volte ci sono andata – ricorda Alexandra – E’ un posto con un’anima. Le immagini della strage mi sono rimaste dentro e sono rimasta chiusa in casa tutto il weekend pensando a cosa dire e come far parlare i miei studenti di ciò che era capitato. Il ritorno all’università il lunedì successivo alla strage è stato surreale: ci guardavamo, i loro volti erano spettrali, le espressioni tirate”. Il ritorno alla “normalità” è stato graduale: “Per mesi ho evitato i luoghi eccessivamente affollati e nel prendere la metro si faceva tanta attenzione: si osservava tutto, una borsa, un particolare fuori posto. In giro c’erano diverse forze armate ma non abbiamo mai avuto la sensazione di una città militarizzata. Il messaggio che si voleva dare ai cittadini era di normalità ma, di sicuro, dovevano esserci diversi poliziotti in borghese per non dare nell’occhio.

Poi la vita ha preso il sopravvento e siamo andati avanti, non potevamo fare diversamente”. Proprio oggi, simbolicamente, il Bataclan verrà riaperto al pubblico con un concerto di Sting. La scelta della data, ad un anno esatto dalla strage di Parigi, non è casuale; è la riprova che, a fronte della tragedia vissuta, il popolo francese vuole fronteggiare il terrore con la celebrazione della vita. Per la Dadier “I terroristi hanno voluto colpire i nostri valori fondanti: Egalité, Fraternité e Liberté. Prima Charlie Hebdo e la libertà di espressione, poi il Bataclan, i ristoranti, lo stadio: tutti i luoghi di socialità e divertimento. Poi c’è stata Nizza e siamo ripiombati nel terrore puro. Non ne siamo usciti, abbiamo pensato tutti. Mi trovavo a pochi chilometri da Nizza durante la strage. Un mio caro amico è stato coinvolto direttamente: è uno psicologo e si trovava lì, quando famiglie, anziani, donne e bambini venivano falcidiate sulla Promenade des Anglais. Ha prestato soccorso fornendo assistenza psicologica ai sopravvissuti”.

Ad un anno dalla vittoria della morte sulla vita, questa sera a Parigi si celebra la vita con la musica.

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Simona Gautieri

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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