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L’emergenza qualità dell’aria. Note e commenti al Rapporto “Mal’Aria di città 2024” di Legambiente

La lotta allo smog nelle città italiane è ancora in salita. I livelli di inquinamento atmosferico sono troppo lontani dai limiti normativi previsti per il 2030 e soprattutto dai valori suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La salute dei cittadini è a rischio. Così inizia il comunicato di presentazione del rapporto di Legambiente Mal’Aria di Città 2024, presentato i primi giorni dello scorso mese di febbraio.
Il 2023, si legge in premessa del rapporto, “è stato un anno interlocutorio per le città italiane dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico. Un anno con qualche luce e molte ombre” [Vedi qui la versione integrale del rapporto]

I valori complessivamente più bassi rispetto al 2022 sono infatti quasi esclusivamente riconducibili alle favorevoli condizioni metereologiche che hanno caratterizzato i mesi invernali di inizio anno e il periodo autunnale del 2023, specie per quanto riguarda le polveri sottili (PM 10 e PM 2.5 ) e gli ossidi di azoto (NO 2 ) registrati nei monitoraggi. “Questa la spiegazione, continua la premessa al report di Legambiente, che viene data dalle varie Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale nei comunicati stampa usciti nelle prime settimane del 2024 relativamente ai dati dell’inquinamento dell’aria dell’anno appena trascorso”. Ciò è indubbiamente positivo per cittadine e cittadini che ogni giorno sono costretti a respirare aria con concentrazioni di inquinanti dannose per la salute. Meno positive sono le azioni, e la loro reale efficacia, introdotte da Governo nazionale, Regioni e amministrazioni comunali nel corso degli anni per fronteggiare questa emergenza ormai cronica che investe ogni anno il nostro paese.

Nonostante la leggera riduzione dei livelli di inquinamento di cui si è detto la “lotta allo smog nelle città italiane è ancora in salita” e, si legge nel comunicato stampa di Legambiente, “si fatica ad accelerare il passo verso un miglioramento sostanziale della qualità dell’aria”. I livelli attuali di inquinamento della maggior parte delle città italiane sono infatti stabili ormai da diversi anni, in linea con la normativa attuale, ma molto distanti da quelli che a breve (sono previsti per il 2030), verranno approvati dall’Unione Europea, ma, soprattutto, dai valori suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Tutto ciò evidenzia la necessità di un impegno più deciso e non più rimandabile da parte delle istituzioni nazionali e regionali per tutelare la salute delle persone [Guarda su Youtube]

Senza dubbio sono molto chiari i contenuti del report [1] che analizza i dati, riferiti ai capoluoghi di provincia italiani, dei livelli raggiunti, nel corso del 2023, dalle polveri sottili PM10 e PM2.5 e dal biossido di azoto NO2. Su 98 città monitorate 18 hanno superato i limiti normativi per gli sforamenti di PM10[2], mentre nel 2022 le città “fuorilegge” erano state 29 e 31 nel 2021. Con 70 giorni di sforamento (il doppio rispetto ai valori ammessi) è Frosinone la città in testa a questa poco meritevole classifica, seguita da Torino con 66, Treviso 63 e Mantova, Padova e Venezia con 62. Altre tre città venete superano il limite dei 35 giorni di sforamento: sono Rovigo, Verona e Vicenza, con rispettivamente 55, le prime due e 53 l’ultima. Milano registra 49 giorni, Asti 47, Cremona 46, Lodi 43, Brescia e Monza 40. Chiudono la lista Alessandria con 39, Napoli e Ferrara con 36 giorni di raggiungimento del limite di 50 microgrammi/m3, quest’ultima unica provincia dell’Emilia Romagna ad averli oltrepassati.

Nuovi limiti drasticamente più bassi rispetto a quelli in vigore in Europa sono stati suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2021 quando sono state aggiornate le linee guida sulla qualità dell’aria in seguito ai numerosi studi che hanno dimostrato come i gravi danni sulla salute non si presentino solo in seguito all’esposizione a livelli elevati di inquinanti, ma anche in caso di concentrazioni minori, raccomandando l’abbassamento della media annuale del particolato fine, PM2.5, a 5 µg/m3, quella del particolato inalabile, PM10, a 15 µg/m3, mentre per il biossido di azoto, NO2, a 10 µg/m3. In considerazione di tali raccomandazioni la Commissione Europea nel 2022 ha pubblicato una proposta di revisione delle direttive sulla qualità dell’aria che prevede diversi scenari di riduzione delle emissioni, propendendo però un’opzione intermedia rispetto ai limiti proposti da OMS. Quelli europei propongono entro il 2030 una riduzione per il PM10 da 40 a 20 µg/ m3, per il PM2.5 da 25 a 10 µg/ m3 e per NO2 da 40 a 20 µg/ m3. Viene inoltre prevista l’introduzione di una soglia di 25 µg/ m3 per la media giornaliera per il PM2.5 e di 50 µg/ m3 per l’NO2, da non superare per più di 18 giorni all’anno, mentre l’abbassamento della soglia preesistente per il PM10, passerebbe da 50 a 45 µg/ m3 per un massimo di 18 superamenti in un anno.

Il report di Legambiente afferma quindi che, rispetto ai valori più stringenti proposti dalla revisione della Direttiva europea sulla qualità dell’aria, che entrerà in vigore dal 2030, le città italiane, da Nord a Sud, presentano ancora notevoli ritardi, una tendenza la cui rotta difficilmente potrà essere invertita. In “aiuto” alla complessa realtà italiana può venire la posizione negoziale del Consiglio Europeo che, al fine di garantire una maggiore flessibilità agli Stati per attuare la direttiva, ha introdotto una proroga al 1° gennaio 2040, indebolendo notevolmente però l’iniziativa della Commissione molto più in linea con gli obiettivi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’8 marzo scorso da parte del Consiglio Europeo è stato emesso un comunicato stampa[3] titolato Qualità dell’aria: Consiglio e Parlamento raggiungono un accordo per rafforzare le norme nell’UE, dove, a inizio documento, viene scritto che “La presidenza del Consiglio e i rappresentanti del Parlamento europeo hanno raggiunto oggi un accordo politico provvisorio su una proposta tesa a definire a livello di UE standard di qualità dell’aria da raggiungere nell’ottica di realizzare l’obiettivo di inquinamento zero, contribuendo così a un ambiente privo di sostanze tossiche nell’UE entro il 2050”. L’accordo provvisorio, pur ribadendo i principi espressi dalla Commissione nel 2022, offre agli Stati membri la possibilità di chiedere, entro il 31 gennaio 2029 e per motivi specifici e a condizioni rigorose, un rinvio del termine per il raggiungimento dei valori limite di qualità dell’aria[4].

Tornando a quanto contenuto report Mal’Aria di città, risultano di notevole interesse alcune infografiche presenti, che, riportando le 11 città italiane più inquinate da PM10 e le 9 da PM2.5, mostrano le riduzioni percentuali necessarie per il rispetto dei nuovi limiti al 2030 (fatte salve le eventuali eccezioni del Consiglio Europeo sopra citate). Per ambedue gli inquinanti considerati non sono presenti città della nostra regione, ma va fatto notare che ben 10 sulle 11 città con maggiore inquinamento da PM10 sono quelle collocate nelle regioni padane, che sono il Veneto con 6, la Lombardia con 3 e il Piemonte con 1[5], mentre per le PM2.5 le 9 città maggiormente inquinate sono 5 in Lombardia e 4 nel Veneto. Nel primo caso le città che necessitano della maggioreMal’Aria di città percentuale di riduzione sono Verona, Vicenza e Padova (37%), mentre nel secondo è Padova con il 58%. Per quanto riguarda il biossido di azoto NO2 i risultati peggiori in termini di riduzioni sono stati registrati in 4 città dell’area padana (3 lombarde e 1 piemontese) e poi da Napoli (che con il 48% presenta il valore massimo di riduzione), Palermo, Catania e Roma sulle 8 considerate nell’infografica.

Oltre ai valori che riguardano la concentrazione giornaliera di PM10, 50 μg/m3, da non superare

per più di 35 volte nell’arco dell’anno, un altro parametro da tenere presente è quello che misura l’esposizione della popolazione nel lungo periodo, cioè la concentrazione media annua di tutte le centraline presenti in un comune, il cui limite è fissato dalla legge italiana a 40 μg/m3. Come negli anni precedenti, è scritto nel rapporto, nessuno in Italia ha superato tale limite, anche se numerose sono le città che presentano valori elevati: Padova, Verona e Vicenza hanno fatto registrare valori medi di 32 μg/m3, Cremona e Venezia 31 μg/m3, mentre per Brescia, Cagliari, Mantova, Rovigo, Torino e Treviso la media è stata di 30 μg/m3. Si noti che a parte Cagliari, tutte le altre città fanno parte della pianura Padana.

Ma, come fa notare Mal’Aria di città, la situazione cambia totalmente se si considerano i nuovi limiti previsti dalla revisione della direttiva, i quali, fissando la soglia in 20 μg/m3 a partire dal 2030 portano oltre il 70% delle città a superare la soglia ritenuta più sicura per la salute dei cittadini. E’ allora necessario assumere al più presto quelle soluzioni che permetteranno un taglio netto delle concentrazioni nel minor tempo possibile. Viene stimato che la riduzione necessaria a raggiungere i valori fissati al 2030 si attesti attorno al 33% per le città con concentrazioni medie di 30 μg/m3 e al 37% per quelle con valori superiori (32 μg/m3).

Stesse considerazioni possono essere fatte per il particolato PM2.5, tra i più dannosi per la salute umana: a causa delle sue dimensioni inferiori a 2,5 micrometri, esso è in grado di penetrare in profondità nei polmoni, e, secondo le stime dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, si stima che nel 2021 in Europa siano state circa 253 mila le morti premature a causa del PM2.5. L’Italia detiene, in questa triste classifica, il secondo posto, con circa 46.800 morti, ed è questo il motivo per cui è fondamentale tenere il PM2.5 sotto osservazione. Questo inquinante, nell’ambito di questa indagine, è stato misurato in 141 centraline distribuite in 87 città. La nota positiva, conclude il report, è che il limite normativo attuale di 25 μg/m3 è stato rispettato da tutte le città, anche se sono molte quelle dove sono stati registrati valori molto prossimi: Padova (24 μg/ m3); Vicenza (23 μg/ m3); Cremona e Treviso (21 μg/ m3); Bergamo e Verona (20 μg/ m3); Brescia, Pavia e Piacenza (19 μg/ m3). Ma anche in questo caso le prospettive non sono rosee, dato che nel momento in cui il limite adottato sarà quello dei 10 μg/ m3 solo 14 città rispetterebbero tale soglia. Ancora più negativa appare la situazione se si considera il limite stabilito dall’OMS di 5 μg/m3 come soglia per la tutela della salute.

Anche per il biossido di azoto si possono fare considerazioni analoghe a quelle fino ad ora descritte. Per l’OMS questa è tra le sostante più inquinanti, la cui esposizione eccessiva risulta dannosa per la salute umana, sia nel breve periodo, causando problemi all’apparato respiratorio e alle mucose, sia nel lungo termine: secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, in Italia, 11.300 sono le morti attribuite a un’esposizione eccessiva all’NO2 nel 2021, e questo è uno tra i numeri più alti in Europa. L’NO2 inoltre presenta un rilevante impatto sull’ambiente, in quanto contribuisce ai fenomeni di smog fotochimico, eutrofizzazione e piogge acide. Nell’ambito di questa indagine sono stati raccolti dati sui livelli medi di concentrazione di biossido di azoto, utilizzando 205 centraline distribuite in 91 città. Nel 2023 il limite normativo di 40 μg/m3 è stato rispettato da tutte le città monitorate, e anche in questo caso la situazione cambia considerando il valore di riferimento di 20 μg/m3 previsto dalla revisione della direttiva per il 2030: ad oggi ben 45 città (il 50% del campione analizzato) non rientrerebbero nei nuovi limiti, e, come nei casi precedenti, la situazione appare ancor più critica se si prende in considerazione come valore di riferimento il limite proposto dall’OMS di 10 μg/m3. In questo caso ben il 92% delle città superando tale soglia risulterebbero fuori norma. Situazione molto preoccupante quindi se si pensa che per rientrare nei limiti previsti per il 2030, il doppio di quanto proposto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per una città come Napoli sarebbe necessario ridurre la concentrazione di NO2 del 48%, mentre Milano e Palermo nei prossimi 6 anni dovrebbero diminuirla rispettivamente del 42% e 40%.

In conclusione, e in continuità con quanto scritto nel recente articolo[6] La qualità dell’aria a Ferrara. Il 2024 inizia in modo preoccupante, vengono riportati e commentati i dati degli sforamenti del particolato PM10 degli ultimi 4 anni (2020-2023) relativi alle provincie emiliano romagnole, premettendo che il conteggio è stato effettuato considerando il totale degli sforamenti annui indipendentemente dalle centraline che hanno registrato il superamento del limite giornaliero. Nel report di Legambiente invece vengono riportati i risultati dei monitoraggi delle ARPA regionali che sono riferiti alla sola centralina che ha registrato il massimo numero di sforamenti per ogni provincia. Come esempio si consideri che ARPAE, per la provincia di Ferrara nell’anno 2023, indica 36 giorni di superamento registrati dalla centralina denominata Ferrara Isonzo, senza considerare che, oltre a queste, vi sono state 2 giornate nel corso dell’anno che hanno registrato un superamento del limite dei 50 microgrammi/m3 da parte di altre centraline della provincia. Secondo questo calcolo il numero di sforamenti considerato risulta quindi maggiore e corrisponde a 38.

Di seguito viene riportato in numero di sforamenti annui delle annate dal 2020 al 2023. In grassetto i valori che hanno oltrepassato o raggiunto il limite dei 35 giorni previsto dalla normativa.

 

2020 2021 2022 2023
Piacenza 53 54 60 34
Parma 58 51 51 27
Reggio Emilia 63 58 71 38
Modena 79 69 89 45
Bologna 45 39 48 22
Ferrara 73 45 65 38
Forlì-Cesena 49 29 34 23
Ravenna 60 38 41 32
Rimini 56 36 41 34

* in grassetto i giorni che hanno superato i limiti previsti dalla normativa (35)

Si noti che, ad esclusione della provincia di Forlì-Cesena, fuori norma solo nel 2020, nel triennio 2020/22 tutte le provincie della regione oltrepassano il limite, in alcuni casi anche di oltre il doppio (Modena e Ferrara nel 2020, Modena e Reggio Emilia nel 2022), mentre altre mostrano valori molto elevati. E’ altrettanto evidente il “miglioramento” registrato nel 2023, quando, ad esclusione di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, le rimanenti provincie rimangono al di sotto dei 35 giorni di sforamento. Miglioramento però, come detto in altra parte dell’articolo, quasi certamente causato dalle favorevoli condizioni meteorologiche piuttosto che da azioni virtuose intraprese nella direzione della diminuzione delle emissioni degli inquinanti presenti nell’aria che respiriamo. L’osservazione dei dati, quindi, non lascia dubbi su quanto ancora ci sia da fare. Un’ultima annotazione riguardo a Ferrara. Pur in calo, ma con un dato alquanto elevato nel 2022, come del resto per quasi tutte le provincie emiliano romagnole, la nostra provincia, nel 2023, ultimo anno di osservazioni, assieme a Modena e Reggio Emilia, registra il superamento del limite dei 35 giorni, come da normativa, di “soli” 3 giorni, almeno fino a quando questa saranno adottati gli aggiornamenti secondo le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale di Sanità.

Infine, un accenno all’inquinamento da Ozono (O3), che merita particolare attenzione, e che, lo si ricorda, per tossicità e per i livelli di concentrazione che possono essere raggiunti è tra quelli che maggiormente incide sulla salute umana. Negli ultimi cento anni la concentrazione di ozono negli strati più bassi dell’atmosfera è raddoppiata e sono sempre più ricorrenti e pericolosi i picchi estivi. La provincia di Piacenza, la più “continentale” della regione, dal 2019 è quella che ha visto una sostanziale crescita della quantità di ozono nell’aria e dei conseguenti giorni di superamento dei limiti consentiti dalla normativa[7], che nel 2023 sono stati 90. Le provincie della regione che lo scorso anno hanno raggiunto livelli elevati di questo inquinante, i cui sforamenti sono concentrati nei mesi con le temperature più alte, in pratica da maggio a settembre, sono state Reggio Emilia (79), Parma (77) e Modena (68). Le altre, più vicine al mare, pur oltrepassando i valori di sicurezza, hanno presentato valori più ridotti (Ravenna e Forlì-Cesena le più basse con 37). Ferrara con 57 giorni di superamento nel 2023 ha mostrato, negli ultimi cinque anni di rilevazioni, un certo equilibrio dei livelli di inquinamento, a differenza di altre provincie dove invece si è assistito ad una crescita costante della presenza di ozono, specie nel triennio2021-23.

Gian Gaetano Pinnavaia, candidato nella lista La Comune di Ferrara per Anna Zonari Sindaca

Note

[1] Mal’Aria di città 2024, https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/Report_Malaria-2024.pdf.

[2] 35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/m3.

[3] https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2024/02/20/air-quality-council-and-parliament-strike-deal-to-strengthen-standards-in-the-eu/.

[4] https://ambientenonsolo.com/qualita-dellaria-il-consiglio-e-il-parlamento-colpiscono-laccordo-per-rafforzare-gli-standard-nellue/.

[5] Mal’Aria di città 2024, pag 10-12.

[6] https://www.periscopionline.it/qualita-dellaria-a-ferrara-il-2024-inizia-in-modo-preoccupante-290992.html

[7] Il Decreto Legislativo 155/2010 stabilisce per la protezione della salute umana un valore limite orario (200 µg/m³ di concentrazione media oraria da non superare più di 18 volte in un anno) e un valore limite annuale (40 µg/m³).

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Gian Gaetano Pinnavaia

Ho lavorato come ricercatore presso l’Alma Mater Università di Bologna nel settore delle Scienze e Tecnologie Alimentari fino al novembre 2015. Da allora svolgo attività didattica come Docente a Contratto. Ferrarese di nascita ma di origini siciliane. Ambientalista e pacifista fin dagli anni degli studi universitari sono stato attivo in Legambiente e successivamente all’interno di Rete Lilliput di Ferrara fin verso il 2010. Attualmente faccio parte della Rete per la Giustizia Climatica di Ferrara. Sono socio dell’Associazione culturale Cds OdV – Centro ricerca Documentazione e Studi economico-sociali, del cui direttivo faccio parte e collaboro da anni all’Annuario socio-economico ferrarese. Nel 1990 sono stato eletto con la lista “Verdi Sole che ride” nel Consiglio Comunale di Ferrara fino al 1995; in seguito, dal 1999 al 2004 consigliere della Circoscrizione Nord per la lista “Verdi”.

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