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Di Linda Ceola

“Io continuo a stupirmi. E’ la sola cosa che mi renda la vita degna di essere vissuta”. Oscar Wilde

Un viaggio è in grado di riservare innumerevoli sorprese. Un mese fa io e Leonardo, dopo aver condiviso una bike night organizzata da Witoor l’estate scorsa, abbiamo deciso di partire in bici da Pesaro e raggiungere Roma insieme, nell’intento di attraversare alcuni dei borghi medievali più affascinanti del nostro territorio. Abbiamo fatto tappa in città come Urbino, Gubbio, Assisi, Spoleto, Terni e Ponzano Romano, pregne di rara bellezza. Pur non essendo stati toccati dall’ultimo terremoto, questi luoghi hanno subito indirettamente ripercussioni negative. Vacanze prenotate da lungo tempo cancellate nonché attività commerciali in difficoltà a causa di un affluenza turistica rallentata e timorosa al pensiero di calamità latenti. Eppure qui il sisma ha scosso solo i cuori.

PESARO-URBINO

Il viaggio inizia all’alba di domenica 26 marzo quando in treno ci dirigiamo verso il nostro punto di partenza, Pesaro. Le bici sono pronte e i bagagli carichi di curiosità. Giunti in stazione decidiamo di andare a vedere il mare prima di lasciarcelo alle spalle per immergerci nel cuore dell’Italia cavalcando l’Appennino umbro marchigiano. Leonardo inizia ad inanellare alcuni scatti fotografici. Il cielo è limpido e il sole rimbalza sulla sfera di Arnaldo Pomodoro situata al centro di Piazza della Libertà. Le ultime scosse qui si sono fatte sentire a gennaio e nonostante l’assenza di danni palesi, la paura non manca. Dopo un pranzo veloce in Piazza del Popolo, impostiamo la traccia sul GPS e la prima tappa comincia. Attraversiamo immediatamente il parco urbano del Miralfiore in cui si trova un’area naturalistica e un anfiteatro naturale degno di nota. Piano piano ci allontaniamo sempre più dal centro della città e il percorso ci porta verso Montelabbate e un po’ più su fino a Colbordolo ad appena 300 mt di altezza, dove ci fermiamo a rifornirci di acqua. La strada ci culla in un dolce saliscendi quando scorgiamo in lontananza uno splendido borgo solitario che merita di essere visitato. SI tratta di Montefabbri dove piccole casette ravvicinate sono raccolte all’interno delle mura castellane. Nella pieve sono custodite non solo le spoglie di Santa Marcellina Martire bensì anche le scagliole, cioè le decorazioni in stucco, più antiche delle Marche. Di nuovo in sella. Una fantasia di colline ci circonda e si pedala in silenzio fino ad una gigantesca scultura che attira la nostra attenzione. Il titolo “Il Pensiero viene prima dell’Azione” ci fa sorridere e il forte senso di libertà senza confini che sprigiona questa puledra che scavalca il globo ci pervade. Ad un paio di chilometri da Urbino la catena della mia bicicletta si rompe così siamo costretti a proseguire a piedi fino all’Hotel Tortorina, anch’esso vittima di un turismo allentato dal tremito della terra. Dopo il check-in posiamo i bagagli, parcheggiamo le bici e raggiungiamo Urbino in cui il vertice raggiunto dall’arte e dall’architettura rinascimentali soprattutto grazie a Federico da Montefeltro, si adatta con armonia al paesaggio e alle preesistenze medievali. L’imbrunire ci impedisce di visitare la Fortezza Albornoz perciò ci accontentiamo di Palazzo Ducale con il suo celebre Cortile, del Duomo e delle viuzze che da questi si diramano. Prima di coricarci ripariamo la catena. Tutto è pronto per la seconda tappa.

URBINO-GUBBIO

Usciamo dalla città dopo un brevissimo giro in centro. Sarà un giorno assai pregno e non possiamo permetterci di soffermarci a lungo. Sappiamo che l’antica via Flaminia ci condurrà presso la Gola del Furlo, formatasi tra il monte Pietralata e il monte Paganuccio, grazie alla forza erosiva del fiume Candigliano, affluente del Metauro, così ci apprestiamo a spingerci verso le sue profondità. Purtroppo la diga costruita nel 1922 impedisce di comprenderne l’effettiva entità ma per noi è sufficiente. Nonostante la difficoltà di immortalare quell’abisso Leonardo non resiste allo scatto. Superata la diga, l’impeto delle acque si quieta e il vento diventa protagonista. Difficile distogliere lo sguardo da tanta bellezza. Ci imbattiamo in un chiavicotto che ci riavvicina all’antica via Flaminia che stiamo percorrendo. Trattasi di un canale romano edificato per il deflusso delle acque. Che fascino! A qualche chilometro di distanza dalla forra scoviamo un’abbazia visibilmente romanica e il desiderio di vederne l’interno è troppo forte. Meravigliosa! La costruzione dell’Abbazia di San Vincenzo risale al 1042 e si trova in prossimità di un viadotto di età augustea, parzialmente visibile, edificato per proteggere la via Flaminia dalle continue piene del fiume Candigliano. La strada ci porta verso il centro di Acqualagna, ad un passo dalla Gola del Furlo celebre in quanto capitale del tartufo. Questa volta non ci fermiamo perché ad aspettarci è l’imponente e ben conservato Ponte Mallio, risalente alla fine dell’età repubblicana, che conduce al paesino di Cagli. Passiamo attraverso Cantiano, Pontericcioli, Scheggia rassicurati dalle visibili tracce di Flaminia che ci accompagnano fino a Madonna della Cima e poi giù fino a Gubbio. L’emozione è forte. Siamo arrivati nel borgo medievale più bello d’Italia e l’abbiamo fatto in bici. Prima di guardarci troppo intorno ci fiondiamo al teatro romano che testimonia l’importanza di questa città a quell’epoca. Risalente alla fine del I secolo a.C. conserva saldamente la struttura delle arcate inferiori mentre le superiori sono andate quasi interamente perdute. Passiamo molto tempo qui a scattare fotografie e ad osservare con stupore questa splendida creazione. Infreddoliti ci dirigiamo verso la Residenza Piccardi dove passeremo la notte, situata nei pressi della Chiesa di San Giovanni nota per aver ospitato la fiction di Don Matteo. La proprietaria ci accoglie con grande energia e non nasconde una velata tristezza dovuta al ridursi delle prenotazioni a seguito del sisma. Dopo una doccia e una prelibata cena tartufata ci addormentiamo senza esitazioni. Domani ci aspetta una tappa ricca di strappi.

GUBBIO-ASSISI

La sveglia suona presto. Vogliamo vedere Gubbio con la luce del sole prima di salutarla in direzione Assisi. Il martedì è giorno di mercato in Piazza dei Quaranta Martiri. Uno sguardo alla Chiesa di San Francesco e alla Loggia dei Tiratori e poi saliamo verso Palazzo dei Consoli perdendoci tra le pietre eugubine. Gubbio è caratterizzata dalla presenza di pertugi che ti permettono di salire lentamente il monte Ingino, sul quale il borgo si adagia, fino a raggiungere prima Palazzo Ducale poi il Duomo per arrivare infine alla Basilica di Sant’Ubaldo custode del corpo dell’omonimo Santo Patrono della città, situata in cima al monte. E’ tardi e la Basilica richiederebbe del tempo che non possiamo concederci pur di gustarci il percorso fino ad Assisi così ci accontentiamo della vista panoramica mozzafiato dal giardino di Palazzo Ducale.
Ci rimettiamo in sella. In breve tempo ci ritroviamo immersi nel verde e accompagnati dal canto di coloratissimi uccellini, affrontiamo questa strada ghiaiosa che di lì a poco si congiungerà al conosciuto Cammino di San Francesco. Qualche difficoltà di compatibilità tra la traccia del GPS e la realtà ci porta ad imboccare strade tutt’altro che battute, che ci costringono talvolta a scendere dalla bicicletta. Giungiamo così nel cantiere di Valfabbrica impegnato nella costruzione di una diga per il convoglio delle acque del fiume Chiascio. La strada bianca che percorriamo è ampia e mano a mano che avanziamo incontriamo dei camion enormi che ci invitano ad uscire di lì ma non sembra esserci alternativa se non arrivare all’ingresso del cantiere e sperare in un passaggio inosservato. Proseguiamo senza intoppi, superiamo il centro di Valfabbrica e ci rituffiamo nel verde rigoglioso che precede la bella Assisi, sorta sul versante nord-occidentale del monte Subasio. In lontananza scorgiamo la Basilica di San Francesco e non vediamo l’ora di arrivare. Giunti in prossimità del Bosco di Francesco decidiamo di attraversarlo attratti dai suoi coloratissimi fiori spingendo inevitabilmente di nuovo la bici a mano. Una volta ritrovata la strada asfaltata rimontiamo in sella carichissimi. Assisi è lì. La vediamo! Ultima salita. Ancora una volta si ripresenta la fortissima emozione di entrare in una città su due ruote e la soddisfazione di aver raggiunto un altro obiettivo è indescrivibile. Entriamo subito a visitare la Basilica di San Francesco che sta per chiudere. Partiamo da quella superiore per poi scendere in quella inferiore sino alla cripta che custodisce la tomba del santo. Interpello un frate in preghiera per capirne di più in merito al restauro degli affreschi, scoprendo che la cera che nel tempo li ha ricoperti oscurandone i colori, ne ha garantito la conservazione nel tempo. Dopo una breve visita ci rechiamo presso l’Hotel Lieto Soggiorno e decidiamo di mangiare presso il ristorante dello stesso dopo esserci accertati di poter gustare i famosi umbricelli. Dopocena ci lasciamo trascinare dalle anguste vie di Assisi verso il Tempio di Minerva, la torre comunale e ancora la Chiesa di Santo Stefano. Siamo molto contenti. Rientriamo in hotel e riposiamo meritatamente. Domani per me sarà l’ultima tappa.

ASSISI-SPOLETO


Lieto risveglio nell’omonimo hotel. Prima di lasciar scorrere le gambe sui pedali facciamo visita alla Chiesa di San Damiano appena fuori dall’abitato assisiate. Ancora chiusa possiamo godere solo della facciata esterna in stile romanico. Sbirciando scoviamo un frate nel chiostro che si prende cura dei fiori esponendoli al sole e la quiete di questo posto ci piace. Aggrediamo subito questa nuova tappa e scendiamo nella Valle Umbra continuando a rivolgerci indietro verso la bella Assisi che diventa sempre più piccola e lontana. Oggi non troveremo nessuna salita lungo la via. Costeggiamo il fiume Topino ed entriamo prima a Cannara e poi a Cantalupo. Il fiore all’occhiello di oggi è Bevagna. Leonardo ricorda di aver visitato con i suoi genitori questo piccolo borgo e la curiosità di vederlo con occhi nuovi è tanta. Il paesino ha conservato quasi intatto il suo assetto urbanistico medievale che ricalca in larga parte la pianta della città romana. Arriviamo verso mezzogiorno inoltrato e il timore di non poterne vedere le botteghe dei mestieri per le quali è famosa ci preoccupa. Il centro di informazioni turistiche ci comunica che purtroppo le botteghe sono chiuse. Un tempo l’afflusso di turisti obbligava i residenti a tenerle sempre aperte per mostrare al pubblico i processi produttivi della carta, della seta, delle monete e delle candele in cera d’api detti dupleri, in quanto caratterizzati da doppio stoppino e quindi doppia fiamma. Oggi Bevagna accusa gli effetti indiretti del sisma che hanno decimato il flusso turistico, limitando l’apertura delle botteghe a soli gruppi su prenotazione. Magicamente riusciamo ad infiltrarci all’interno della Cartiera dove si sta tenendo una visita guidata ad un gruppo di ragazzini russi. Sembra di essere entrati nella macchina del tempo. L’intero processo si svolge con strumenti di età medievale e ci affascina tanto. Camminando in avanscoperta del borgo e le sue meraviglie ci avvolge lentamente un dolcissimo profumo di cera d’api. Con grandissima fortuna scopriamo che anche la Cereria era aperta in attesa di un gruppo di bambini. Estasiati riempiamo il signore di domande per capire bene la realizzazione di quelle speciali candele. Bevagna ci lascia incantati e ci auguriamo di poter far visita al borgo in occasione del Mercato delle Gaite, una festa medievale di rievocazione storica dove per dieci giorni si vive immersi negli antichi mestieri, tradizioni e costumi. Riprendiamo il percorso, su strada bianca interamente ciclabile e pianeggiante, che scorre lungo la valle Umbra, offrendo scorci paesaggistici molto belli su borghi come Montefalco, Trevi, Pissignano, Campello sul Clitunno, alcuni dei quali sono facilmente raggiungibili con brevi deviazioni di pochi chilometri. Dopo una foratura velocemente risolta, la tappa si conclude a Spoleto, una delle più belle cittadine del centro Italia, che accanto ad evidenti influssi di epoca romana, mantiene intatta la struttura di epoca medievale. La Central House di Piazza Garibaldi ci aspetta impaziente. Lasciamo i bagagli in stanza e decidiamo di cenare con un veloce kebab prima di visitare la città e restare increduli di fronte alla grandezza del Ponte delle Torri. Per me il viaggio finisce qui. Leonardo proseguirà da solo fino alle porte della Città Eterna.

Il racconto avrà seguito nel blog http://leonardobonetti.com/ corredato di ulteriori approfondimenti.
Stay tuned!

In questi giorni la Rai in collaborazione con il Commissario Straordinario per la Ricostruzione Vasco Errani ha lanciato una campagna dal titolo “Viaggio nel cuore dell’Italia” con l’obiettivo di raccontare le manifestazioni culturali, religiose, sportive, enogastronomiche del cuore del nostro Paese, nell’intento di dare visibilità alle attività dei territori e al loro patrimonio, proseguendo nello sforzo del servizio pubblico radiotelevisivo a sostegno delle aree e delle popolazioni colpite dal terremoto.

(Foto di Leonardo Bonetti)

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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