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La rinata Produttori Associati, la casa discografica che è stata anche di Fabrizio De Andrè, sceglie di pubblicare una versione inedita dell’album “Dov’era lei a quell’ora”, un omaggio al grande cantautore Paolo Morelli a due anni dalla sua improvvisa e prematura scomparsa. Abbiamo intervistato il fratello Bruno, che ha condiviso con lui la storia e il sogno degli Alunni del Sole.

Paolo Morelli e Gli Alunni del Sole sono una parte importante della storia della scena musicale italiana…
Credo che Paolo sia stato tra i più bravi cantautori della sua epoca, stimato e ben considerato dai colleghi, compreso Fabrizio De Andrè, che all’epoca del suo primo lp, quello de “La canzone di Marinella”, incideva per la Produttori Associati, la nostra stessa casa discografica milanese. Fabrizio voleva sempre sapere quando andavamo a Milano, in modo da trascorrere il tempo del viaggio insieme con noi. Credo che il lavoro di mio fratello sia stato riconosciuto soltanto in modo parziale, perché avrebbe meritato una maggiore considerazione da parte di tutto l’ambiente. In quegli anni la musica era importante e di qualità, si viveva una continua competizione con la quale ci si doveva confrontare e dimostrare di essere all’altezza.

Alunni del Sole
Alunni del Sole

Cosa si sta facendo per ricordare il lavoro di Paolo?
L’unica cosa che io posso continuare a fare è raccontare la storia di mio fratello, dopo essergli stato accanto una vita intera e avere condiviso con lui lo stesso mestiere.
A parte i tributi, concerti e quant’altro, io posso raccontare una storia vista dal di dentro, parlare di quello che mio fratello è stato capace di produrre da quando aveva 20 anni, sino alla scomparsa. Lui ha dedicato tutta la sua vita alla musica.
Oggi tutto passa velocemente, cambia, si trasforma e anche la musica non si sa dove stia andando. C’è un concetto dell’usa e getta che contrasta con quanto fatto dai grandi protagonisti che si sono succeduti da Modugno in poi, ma per fortuna, anche se viviamo un periodo di grande distrazione, Paolo in parte è ancora ricordato. Quando è scomparso, le televisioni ne hanno parlato, mi ricordo gli annunci dei tg, di Domenica In e il bel servizio di Vincenzo Mollica su Rai uno.
Ritiro spesso targhe e riconoscimenti da parte di persone e iniziative che dedicano un ricordo a mio fratello, ma evito di progettare un eventuale premio Paolo Morelli, che durerebbe inevitabilmente una sola stagione, scontrandosi con questo momento storico in cui non interessa neppure l’attualità della musica leggera.
Nascono spontaneamente molte iniziative che lo ricordano e non c’è bisogno che io le incentivi ulteriormente. Nel 2013 il Flaminio Film Festival di Roma gli ha dedicato il premio per il migliore cortometraggio e la scorsa estate, il Direttore del Teatro San Carlo di Napoli, gli ha dedicato il concerto svoltosi nella spettacolare piazza Guglielmo Marconi di Riardo, nell’ambito del “Riardoborgofestival”. Recentemente Enrico Ruggeri ha cantato “’A Canzuncella” al Festival di Sanremo, a testimonianza di come le canzoni di Paolo siano senza tempo.

Paolo e Bruno Morelli
Paolo e Bruno Morelli

La rinata Produttori Associati ha pubblicato la versione inedita di “Dov’era lei a quell’ora”, orchestrata da Giorgio Gaslini. Come mai fu deciso di non pubblicarla e di rifarne una seconda con Gianni Mazza?
Il discorso fu affrontato nella sede della società, nella solita riunione di fine lavoro, alla presenza del direttore artistico, del produttore, del proprietario, insieme a noi e ad altri addetti ai lavori. L’opinione generale fu che la versione di Gaslini non era in linea con certi standard di suono e arrangiamento in uso all’epoca. Negli anni Settanta uscivamo dall’epopea beat, dominata da Rolling Stones e Beatles, e cominciavano ad arrivare le prime edizioni di Elton John, c’era quindi già l’esigenza di adeguarsi a quello che era diventato il nuovo “sound”. Si sosteneva che il disco dovesse suonare in un certo modo e avere uno standard di sonorità, soprattutto per quanto riguarda la ritmica: batteria e basso dovevano essere suonati con energia. Si pensò quindi che l’orchestrazione di Gaslini, pur molto bella, suggestiva e affascinante, avesse trascurato questi parametri e risultasse troppo elitaria, un arrangiamento per buongustai e appassionati della musica. All’epoca la discografia e un po’ tutti gli addetti ai lavori, cercavano di preservare la qualità del prodotto senza perdere di vista l’aspetto commerciale.

Voi quali delle due versioni preferivate?
Per noi sono belle tutte e due, queste cose in fondo le realizzavamo noi: non fu una proposta subita a malincuore, ci siamo prodotti in un’azione che accontentasse anche l’esigenza di cui ho parlato prima. Inoltre, ascoltandole in parallelo ci si accorge che c’e’ una risposta di suono più invadente nella seconda versione, ma ci sono anche alcuni tratti di quanto si era fatto con Gaslini. Per esempio l’ingresso con flauto dolce e l’utilizzo della chitarra classica erano idee di mio fratello. Anzi ti dirò di più, nella seconda versione Paolo arricchì molto i tratti di congiunzione tra un pezzo e un altro. Nella prima parte tra “Dov’era lei a quell’ora” e “Il paese dei coralli”, c’è un intermezzo meraviglioso che sicuramente rispecchia tutta la sua cultura classica, ascoltandolo ci si accorge che è una piccolissima suite di taglio sinfonico. La bella orchestrazione degli archi, della quale Paolo scrisse una linea portante, fu realizzata da Gianni Mazza, quindi, a mio avviso, anche nella seconda versione ci sono cose molto eleganti.

Dopo avere lavorato con Gianni Mazza, iniziò l’epoca di Gian Piero Reverberi…
La collaborazione con Reverberi è iniziata con “E mi manchi tanto”, in quello che consideriamo il periodo “milanese”. Dopo i primi tempi con Detto Mariano, Paolo volle incontrare Gian Piero, sia perché arrangiatore di Lucio Battisti sia per l’ottima considerazione di cui godeva in tutto l’ambiente. Da lì in poi abbiamo lavorato con lui sino alla fine degli anni Settanta, con la sola eccezione dell’album “Jenny e la bambola”, arrangiato da Tony Mimms.

La copertina di Dov'era lei a quell'ora
La copertina di Dov’era lei a quell’ora

Recentemente “Jenny e la bambola” è stato portato in digitale, in occasione del cofanetto realizzato dalla Sony, che contiene 10 vostri album. Come mai il disco è stato convertito dal vinile e non dal master originale?
I master realizzati per la Produttori Associati furono trasferiti negli archivi della Dischi Ricordi: tutto il catalogo (De Andrè, Santo & Johnny, Morris Albert) fu ceduto alla casa torinese che a sua volta fu acquistata dalla BMG. Da quel momento l’archivio è stato portato in Germania. I nastri, anche se conservati bene, col tempo si deteriorano, ogni tanto andrebbero suonati e conservati nel migliore dei modi. Prima che il processo di deterioramento si compia è consigliato il trasferimento su un supporto adeguato, in questo caso il digitale. Quando hanno cercato il master per realizzare il tributo della Sony, si sono accorti che “Jenny e la bambola” non suonava più, purtroppo non erano stati fatti i dovuti salvataggi. In questo caso, come per tanta altra bella musica, l’unico modo di recuperare qualcosa è quello di ripartire dal vinile. Comunque, grazie a quest’operazione, una delle nostre più importanti produzioni è riuscita a sopravvivere.

“Il sogno che svanisce” è l’ultimo album d’inediti che avete pubblicato, com’è nato questo disco?
Paolo non ha mai smesso di scrivere canzoni, ma da qualche anno la discografia è quasi scomparsa, i dischi non si vendono più e quindi c’è meno attenzione e possibilità di produrre nuovi lavori.
Alla fine del 2012, stavamo finendo di incidere “Il sogno che svanisce”, quando una mattina Paolo mi chiede di accendere il registratore perché aveva una canzone in testa. Si è seduto al pianoforte e l’ha cantata di getto, così com’è accaduto per tante canzoni di successo come “Pagliaccio” e “‘A Canzuncella”. La versione registrata in casa è la stessa stampata nell’album, non abbiamo fatto altro che dare una sistematina e aggiungere delle sottolineature con pochi archi e così via. Mio fratello era innamorato di questa canzone che gli era venuta di getto. Io, nel riascoltarla, ci trovo tanta tristezza, irrequietezza e nostalgia infinita. Nel testo ci sono dei passaggi, visto quanto successo dopo pochi mesi, che ne fanno una canzone enigmatica.

Qualche sogno nel cassetto?
Mi piacerebbe fare ristampare l’album “Di canzone in canzone”, uscito in sordina nel 1992 e mai apprezzato come meritava. Il disco contiene 10 belle canzoni degne di essere riproposte e fatte conoscere.

Grazie Bruno per averci raccontato tante belle cose della vostra storia e di Paolo…
William, prima di congedarci, consentimi innanzitutto di salutarti. Non pensare che non sappiamo cosa hai scritto di noi, sei stato forse il primo agli albori di Internet a raccontare la nostra storia. Per questo ti vorrei testimoniare, oltre a un affetto istintivo che nasce nei confronti di coloro che parlano di noi, la mia gratitudine e riconoscenza.

Si ringraziano, per la gentile disponibilità e il sostegno, tutti i gruppi e i fan che sostengono Gli Alunni del Sole e Paolo Morelli su Facebook

“Liù”, Discomare 1978

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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