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È un pacchetto da prendere così com’è, quello della “Rassegna di Storica e Nuova Canzone d’Autore”. Si accetta e si parte, lasciandosi trasportare dalla musica, dai testi e dalle parole che escono a ruota libera. Perché in questi concerti di nicchia, organizzati in maniera appassionata, quasi casalinga ed eroica dall’associazione Aspettando Godot, i cantautori che hanno fatto epoca arrivano insieme ad alcuni nuovi o meno noti, finendo tutti per tirare fuori quello che non è mai uscito nei concerti più ufficiali.

Marco Ferradini dietro le quinte della Rassegna Storica Canzone d’Autore 2019 (foto Luca Pasqualini)

Sarà che la Sala Estense –  al centro di piazza del Municipio a Ferrara – è un salotto tranquillo, sarà che il calore umano ribolle, che il gioco delle luci è ridotto al minimo e persino il presentatore sembra catapultato lì quasi per caso dal divano di casa…

Il presentatore Paolo Nannetti

Fatto sta che le star storiche e anche gli emergenti sembrano rilassarsi e, un poco per volta, finiscono per raccontare aneddoti di un dietro le quinte della vita da palcoscenico, che rivela fragilità inaspettate, speranze, sogni, colpi di fortuna e giri di giostra.

Pubblico alla serata di sabato 2 novembre 2019 (foto Luca Pasqualini)

L’atmosfera è quasi quella di un vecchio tendone da lunapark, che promette un viaggio nello spazio e nel tempo attraverso le emozioni del passato ravvivate da manciate di brividi nuovi. Anche i manifesti ricordano quelli altisonanti e sovraffollati di uno spettacolo circense, con i caratteri tipografici variegati e sovrapposizioni di immagini, ad effetto un po’ vertiginoso per il gusto più minimale e pulito della comunicazione contemporanea.

Locandina della Rassegna storica e nuova canzone d autore – Ferrara, 1 e 2 novembre 2019

Ma la promessa la mantiene davvero sempre, la “Rassegna Storica e Nuova Canzone d’Autore”, tornata quest’anno puntuale per l’ottava edizione con il suo carico di nomi d’autore vecchi e nuovi, gloriosissime glorie e talentuose scoperte, catturate tra le nicchie nascoste del mondo dei cantautori. Per salire sul carrozzone e fare il viaggio meraviglioso serve sempre un atto di fiducia, bisogna lasciare fuori i mille tentennamenti che prendono quando non c’è dietro la fabbrica della popolarità di massa e il vestito figo dell’ultima tendenza, per affacciarsi dentro il tendone multicolor, prendere posto e partire. Nella Sala Estense di piazza Municipio, teatro di proprietà dell’amministrazione comunale, l’incantesimo può avverarsi con tutta la sua contenuta e rassicurante domesticità.

Pubblico in sala Estense (foto Luca Pasqualini)

Le trepidazioni e i palpiti più lontani e nascosti si ripresentano vividi non appena le luci si abbassano, le note partono e le voci vibrano, perché lì le emozioni saltano fuori dallo scatolone dei ricordi con quella forza che sanno regalare solo le canzoni con  il loro carico di musica e di parole.

Alberto Camerini sul palco della Sala Estense, Ferrara 2 novembre 2019 (foto Luca Pasqualini)

Ecco allora, sabato 2 novembre 2019 un Alberto Camerini irriconoscibile, senza trucco né cresta colorata, ma con le canzoni scoppiettanti, che riemergono da una memoria sepolta e suonano di un’attualità stupefacente. Come la sua “Ballata dell’invasione degli extraterrestri” che – racconta – era dedicata alle figure degli extraparlamentari e che adesso potrebbe raccontare invece qualcosa di altrettanto reale di vita marginale che pian piano si insinua.

Alberto Camerini sul palco della Sala Estense, Ferrara 2 novembre 2019 (foto Luca Pasqualini)

“Nessuno fece caso – intona la vecchia voce di un tempo, chiusa nel corpo di uomo un pochino appesantito – nessuno li notò, non era mai successo, nessuno ci pensò, arrivarono ad ondate alcuni anni fa, sembravano invisibili forse irriconoscibili/(…) Approfittavano del lusso della civiltà avanzata, si nutrivano di scarti della società privata/riciclavano le macchine e i vestiti non usati, si vestivano di niente, di stracci colorati/Vivevano in bande, in case occupate/(…) Li chiamavano marziani, animali, fuorilegge, briganti, guerriglieri, trovatori/abitanti dello spazio, viaggiatori, visionari, anarchici, cercatori”. Oppure il suo “Pane quotidiano” che sembra uno schizzo dell’ossessione più che mai contemporanea per il cibo sano e bio, incarnato da “un’amica mia, con i suoi vestiti bianchi, i suoi sorrisi colorati/quando dice di volere un corpo bello, equilibrato, mangia solo cibo naturale con amore preparato”, in contrasto con il cibo dell’amico tutto dedito a far politica, che si ciba di “carne inscatolata gelatinizzata, deproteinizzata, supermarketizzata/mangia verde artificiale devitalizzato, clorifilizzato, superindustrializzato/frutta sciroppata supercolorata, dolce gomma artificiale, bilancia sbilanciata”.

Finardi accompagnato da nipotina Federica Finardi Goldberg al violoncello e da Giuvazza alla chitarra (foto Luca Pasqualini)

Segue un Eugenio Finardi un po’ irrequieto e commosso dal fatto di essersi ritrovato fianco a fianco a Camerini, amico storico di un’epoca che risale a “prima ancora che tutto succedesse”.

Federica Finardi Goldberg
Eugenio Finardi
Giovanni Maggiore detto Giuvazza

I capelli grigi raccolti a crocchia e la voce ruggente d’orgoglio del vecchio leone da palcoscenico si accompagnano alla leggiadra gioventù della virtuosa nipote americana, Federica Finardi Goldberg al violoncello elettrico, e al bravo Giovanni Maggiore ‘Giuvazza’, produttore e chitarrista che da diversi anni collabora con Finardi.

Il cantautore ligure Marco Stella in apertura della seconda serata della rassegna ferrarese 2019 (foto Luca Pasqualini)

Prima di loro l’apertura è stata affidata a Marco Stella, cantautore ligure meno noto, che propone quelle che lui definisce “canzoni un po’ disperse”, tra le quali il brano “Mio nonno era Pertini”, che tratteggia la memoria di una generazione di politici che non c’è più, dove il ricordo del Presidente si confonde con quello di un nonno vero che “suonava in un’orchestra a plettro”.

Violinista che accompagnava Marco Stella
Chitarrista a fianco di Marco Stella

La serata prima, venerdì 1 novembre 2019, è stata segnata dalla presenza scenica di Marco Ferradini, ingrigito ma grintoso più che mai, che si è tolto diversi sassolini dalle scarpe e ha duettato insieme con quella voce formata e armonica della cantante, che poi ha rivelato essere sua figlia Marta Ferradini.

Marco Ferradini canta accompagnato dai musicisti e dalla voce di Marta Ferradini (foto Luca Pasqualini)

In scena Ferradini ha raccontato i retroscena dell’album che lo ha reso più famoso, “Schiavo senza catene”, scritto insieme con Herbert Pagani durante un “Weekend in montagna”, che dà il titolo a un’altra delle canzoni delll’Lp insieme con la celeberrima “Teorema” che secondo lui è stata male interpretata. “Non è un brano contro le donne – ha voluto sottolineare Ferradini – ma anzi un atto d’amore”.

Marco Ferradini con i suoi musicisti sul palco della Sala Estense di Ferrara (foto Luca Pasqualini)

Prima di lui, sono arrivati in scena due artisti dai nomi poco noti, ma dal talento grande e rodato: Juan Carlos Biondini detto Flaco e Paolo Capodacqua. Non certo personalità nuove al palcoscenico, ma musicisti affermatissimi, che sono rimasti fedeli all’ombra di cantanti come Francesco Guccini e Claudio Lolli.

Juan Carlos Biondini detto Flaco
Paolo Capodacqua

Flaco è chitarrista e cantante di origine argentina che dagli anni Settanta ha raccontato di essersi ritrovato ad accompagnare un Guccini ancora debuttante nei tour in giro per l’Italia e per le sue città di provincia con aneddoti tutti da ridere. Come quando cercavano il Teatro Borsa a Novara e – vista la stazza possente di Guccini, accompagnata da una gran barba scura sopra a un cappottone turco – alla richiesta della “Borsa” si sono visti consegnare prontamente il portafoglio dal passante intimorito. Musicista e chitarrista italiano, Capodacqua rievoca “gli zingari felici” di Claudio Lolli e anticipa i brani del suo album in uscita, intitolato “Ferite e feritoie”.

Flaco e Capodacqua alla Rassegna Storica Canzone d’Autore 2019 (foto Luca Pasqualini)

Ad aprire questa prima serata è stato il cantautore ferrarese Leonardo Veronesi accompagnato da Silvia Marcenaro al violino ed Eugenio Cabitta alla chitarra.

Leonardo Veronesi
La violinista Silvia Marcenaro
Eugenio Cabitta alla chitarra

Veronesi ha intrattenuto il pubblico anche con i  racconti, come quello sui i consigli di un produttore rinomato, che lo stimolava a comporre brani prendendo ispirazione da oggetti quotidiani qualunque, spronandolo a comporne ad esempio uno dedicato a un posacenere.

Leonardo Veronesi con i suoi musicisti alla Rassegna Storica Canzone d’Autore, Ferrara 2 novembre 2019 2019 (foto Luca Pasqualini)

Protagonista partecipe più che mai di queste serate è stato il pubblico in sala, con fan sfegatati che hanno sfoggiato una conoscenza certosina delle date di uscita delle canzoni. Come nel caso di Camerini, scatenato nel raccontarsi a ruota libera con il supporto di voci che spuntavano dalla platea a indicare con precisione dettagli e momenti di una carriera rimasta indelebile o a chiedere di non lasciare fuori parti di canzoni che stava eseguendo. È lui a rivelare la sua passione filologica e storica così poco commerciale per la figura di Arlecchino, che ha inserito in tante canzoni in maniera apparentemente leggera. L’amore per questa figura di comico di corte irriverente e ribelle rispetto a tutto ciò che è programmato lo ha spinto a cercare ariette settecentesche negli archivi della Biblioteca di Venezia e, davanti a un pubblico così interessato, ha finito per eseguire un brano con uno di quei testi arcaici, in parte riveduti e musicati da lui.
Insomma ancora una volta degli incontri, dei suoni e dei pensieri che restano grazie a  questa manifestazione portata avanti grazie allo sforzo appassionato dagli organizzatori dell’associazione capitanata da Pino Calautti. Come ha cantato Finardi “È la musica, la musica ribelle/che ti vibra nelle ossa/che ti entra nella pelle/che ti dice di uscire/che ti urla di cambiare/di mollare le menate/e di metterti a lottare”.

Fotoservizio di Luca Pasqualini

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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