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Nessuna città italiana può vantare una tradizione dell’arte di strada come Ferrara. Certo tutto era cominciato con la musica del Buskers Festival, ma dopo 27 anni la manifestazione è diventata portabandiera internazionale delle tante discipline on road. Proprio per questo il festival ha aderito a Open Street, vetrina internazionale nata per incrociare domanda e offerta di un settore artistico oggi diffuso in tutto il Paese e strettamente connesso con le altre piazze d’Europa.

L’appuntamento, in programma dal 9 al 12 ottobre a Milano, è nato dall’esigenza di far incontrare organizzatori e produttori di spettacoli. “L’iniziativa è cominciata a Fermo e ora viene proposta a Milano in spazi prestigiosi. Rispetto alle altre due edizioni, quella meneghina si caratterizza per la presenza del pubblico. Abbiamo lavorato in modo da garantire a ciascuna compagnia un parterre di spettatori a ogni esibizione”, racconta Luigi Russo, presidente della Federazione nazionale artisti di strada (Fnas) e direttore organizzativo del Ferrara Buskers Festival. Open Street, promosso da Comune di Milano, associazione europea Aisbl Open street in collaborazione con Fnas, si gioca tra le piazze del Cannone, Castello, Parco Sempione, ex Cobianchi in piazza Duomo e il Castello Sforzesco. “C’è una parte fieristica aperta solo agli organizzatori – spiega – in sostanza c’è chi pagherà un biglietto e chi potrà guardare gli spettacoli gratuitamente nei luoghi e secondo gli orari previsti dal programma”. Spettacoli per tutti, famiglie, curiosi e organizzatori come nella miglior tradizione della strada. “In Italia l’arte di strada è cresciuta molto, è mutata la qualità così come la competenza del pubblico – continua – Da due indagini di Ipsos e Stage up è emerso che muove lo stesso numero di persone del teatro e delle rassegne cinematografiche”.

Sono 50 le compagnie selezionate tra le 250 interessate a Open Street, vengono da tutti i Paesi d’Europa per esibirsi. Performance, installazioni, show con e senza palco, mostre fotografiche, incontri e dibattiti con star dalle professionalità maturate on the road come Banda Osiris e il mitico Leo Bassi. E tra gli ospiti italiani ci sono Ondadurto Teatro, Teatro Necessario e Jashgawronsky Brothers, nomi di primo piano della scena open air, ma non solo. “Abbiamo artisti e produzioni di tutto rispetto – prosegue – ci troviamo però a dover fare i conti con la necessità di gestire gli spazi delle esibizioni, cosa che a Milano già avviene attraverso la piattaforma Strada Aperta messa a punto da Fnas e utilizzata dal Comune per evitare problemi”. Prenotarsi e avere delle certezze sul luogo dove esibirsi è d’aiuto all’amministrazione pubblica e allo stesso lavoro degli artisti: niente conflitti e meno caos. “L’idea di potersi prenotare da Londra, Roma, Bruxelles, non solo comporta l’aprirsi alla civile convivenza tra lavoratori dello spettacolo di strada e amministrazioni, ma semplifica la vita degli artisti oltre a favorire il formarsi di un circuito europeo – prosegue – Non è bello trovarsi di fronte a casi come quello di Venezia, Fnas ha offerto assistenza legale a un trampolista buttato a terra, un episodio che ci auguriamo non si ripeta”. Anche la strada ha le sue regole da rispettare, specie quando si trasforma in un teatro aperto. In un teatro appunto, non un ring. Benvenga dunque Open Street, una carrellata di professionalità e spettacoli da promuovere con la comunicazione, soprattutto quando le produzioni nascono in Paesi dove l’arte di strada è un capitolo marginale in seno alla cultura.

“Il nostro obiettivo è quello di aumentare le occasioni d’incontro per allargare il mercato artistico soprattutto in Italia – conclude – Con Open Street speriamo di essere sulla buona strada, un plauso va naturalmente al Comune di Milano per la sensibilità e l’attenzione dimostrata verso discipline che hanno il pregio di divertire, coinvolgere e rendere più allegre le nostre città”.

www.openstreet.it

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Monica Forti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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