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SEGUE – Il fatto che l’idrovia possa restare una bella incompiuta com’è nell’auspicio di molti, può andare bene sino a che l’Europa non chiederà conto delle inadempienze, ossia del fatto di avere riqualificato l’asta del Po rendendola navigabile senza però garantire la possibilità di transito ai natanti addetti al trasporto merce di classe quinta.
Per capire meglio il tema, vediamo un po’ di dati sull’opera, valutando quel che era previsto, quel che è stato fatto e i prossimi passi da compiere.

La vicenda dell’idrovia nasce nel ’99 quando le quattro regioni lambite dal Po (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna) decidono di farne una via d’acqua e siglano un patto per dar corpo all’ipotesi caldeggiata dall’allora ministro Bersani. Ci sono voluti nove anni prima che gli intenti diventassero progetti esecutivi.
Il tratto ferrarese è costituito da un percorso di 70 chilometri compresi fra la conca di Pontelagoscuro e Porto Garibaldi. Per quanto riguarda la città, il disegno originario prevedeva un canale circondariale da scavare attorno al nucleo abitato, per consentire alle imbarcazioni di immettersi nel Po di Volano senza transitare per il centro storico. Ma la Provincia, capofila del progetto, ha deciso di agire diversamente, senza in realtà trovare alcuna opposizione da parte degli altri soggetti coinvolti. Neppure di coloro che oggi polemizzano, senza però all’epoca avere mai alzato un dito per opporsi, pur avendo avuto i titoli per farlo.

Il nuovo canale, lungo circa 7,5 chilometri, si sarebbe staccato dal Po all’altezza di Sabbioni per raggiungere da qui il Volano. Il costo stimato per l’opera sfiorava i 39 milioni di euro. Ma il bypass non è stato realizzato e attualmente il collegamento avviene tramite il canale Boicelli che attraversa la zona industriale lambendo il petrolchimico sino all’immissione del canale Burana, il quale poco più a valle assume la denominazione di Po di Volano.
Le ragioni che hanno fatto propendere per il riadattamento dell’idrovia esistente (Boicelli-Burana), al di là dei costi ingenti per realizzare gli oltre 7 chilometri della nuova tratta, come ha ricordato a ferraraitalia l’ex presidente della Provincia Pier Giorgio Dall’Acqua, sono il forte impatto paesaggistico dell’opera e i rischi connessi ad eventuali fenomeni alluvionali connessi al Po.

Il problema è che l’attuale passante non consente il transito delle imbarcazione di quinta classe europea come previsto da progetto. Un impedimento virtuale se nessuno ne chiederà conto; e ‘virtuoso’ nel senso che preserva la navigazione a scopo turistico da una commistione con mezzi commerciali che sarebbe di disturbo…
La realizzazione comunque si avvia al completamento, previsto per la fine del prossimo anno. Stefano Capatti, ricercatore del Centro documentazioni e studi di Ferrara, proiettando lo sguardo in avanti, nel febbraio scorso ha sostenuto, proprio su questo giornale, che “la sostenibilità di un’opera così imponente richiede una gestione efficiente ed efficace nel connettere l’asta navigabile a porti, ferrovie, strade. I criteri di scelta del porto da scalare per una nave sono molti e, a loro volta, i soggetti che a diverso titolo ne determinano le priorità, sono una moltitudine, non solo armatori o personale di bordo. Nell’ottica auspicata dall’Unione europea (partecipazione dei privati) – ha aggiunto il ricercatore del Cds – si può ipotizzare il coinvolgimento anche finanziario di una società logistica (o di un gruppo di privati) che offra un ‘global service’, compresa la gestione dell’idrovia per quanto concernono i trasporti interni (e i rapporti con le altre idrovie) e la localizzazione e gestione dei nodi integrati (fiume-ferrovia-aereo-mare), per rilanciare il trasporto locale via mare. Si tratterebbe del primo e più moderno servizio presente in Italia, dove semplificazione e fluidità garantirebbero alle nostre imprese un servizio innovativo”.

2. CONTINUA

Leggi la prima parte

Guarda il video-promo dell’idrovia realizzato da Regione Emilia Romagna e Provincia di Ferrara

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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