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Il Natale con le sue atmosfere suggestive ha affascinato scrittori di ogni tempo. Accanto al ‘bianco Natale’ fatto di sogni, bontà, leggerezza, romantiche riunioni familiari in stupende ambientazioni montane con paesaggi da fiaba, trovano posto anche quei romanzi thriller e noir che col Natale potrebbero avere poco a che vedere, ma in realtà hanno trovato spunto e ispirazione proprio ed esattamente in questo periodo festoso. Ed è così che il ‘bianco Natale’ si tinge di giallo, le luci degli addobbi si spengono per lasciar posto alla penombra, la neve candida si sporca, la bontà è soppiantata dalla spietatezza e i rapporti gioiosi previsti dall’ occasione si rivelano in tutta la loro inconsistenza e fragilità. Autori come Georges Simenon, Agatha Christie, A. Conan Doyle, Ken Follet, Jo Nesbø e molti altri, non hanno resistito all’attrattiva del Natale come sfondo della loro narrativa, perché nel periodo dei buoni sentimenti, delle intenzioni più nobili e dei propositi per un attimo autentici, possono emergere anche quelle ombre che covano nel fondo dell’animo umano, che non conoscono tempo e luogo per manifestarsi.
Nel racconto “Un Natale di Maigret” di Georges Simenon (1951), scritto in California nel periodo più prolifico dell’autore, il celebre ispettore riceve una strana visita il giorno di Natale, tra i manicaretti della moglie e l’imperversare di una nevicata. Una vicina di casa, Loraine Martin, accompagnata da un’amica, riferisce ciò che la nipotina di 7 anni, Colette, costretta a letto con una gamba ingessata, racconta di aver visto nella notte. Si tratta della visita di Babbo Natale il quale, dopo averle regalato una bambola, è sparito nel buco del pavimento dopo aver tolto alcune assi, pronto a continuare il suo giro presso altri bambini. Le indagini dell’ispettore Maigret conducono alla scoperta che Loraine Martin è stata l’amante del suo datore di lavoro sparito da diverso tempo e al sospetto che nulla sia come sembra, compreso quel Babbo Natale fuggevole e decisamente in carne ed ossa… Loraine verrà smascherata e dovrà rispondere dei suoi misfatti.
“Il mistero del dolce di Natale” di Agatha Christie (1940), è un singolare racconto dal sapore particolare. “Questo libro è come un pranzo di Natale preparato da un vero chef. E lo chef sono io!”, così lo presentava l’autrice. Uno chef d’eccezione che affila i coltelli, presenta un antipasto fatto di rubini scomparsi, sforna una prima portata a base di amori infelici con contorni di litigi coniugali (magari con il delitto). Il dessert è una torta di more al sapore di sogni premonitori e infine un amaro, accompagnato da complotti familiari. Il mistero è servito.
E’ Natale anche per il celebre detective Scherlock Holmes, la creatura di A. Conan Doyle destinata a risolvere, spesso in modo poco ortodosso, i casi più difficili. Questa volta si trova ad affrontare, Natale o no, una questione ingarbugliata i cui protagonisti sono un cappello malconcio e una grossa oca bianca nel cui becco viene trovata una pietra azzurra di grande valore, rubata alla contessa Morcar in un prestigioso albergo di Londra. Sospetti, indagini, acute deduzioni; una storia di ordinaria follia con un epilogo felice in cui, ancora una volta, la giustizia trionfa.
Legato al Natale è anche il romanzo di Ken Follett “Nel bianco” (2004), ambientato in Scozia, nei pressi di Glasgow. E’ una fredda notte di Natale quando un gruppo di terroristi tenta di trafugare un importante virus dai laboratori della Oxenford Medical. Si tratta dell’Istituto di ricerca biologica in cui è stato prodotto in via sperimentale un farmaco attivo non ancora testato sull’uomo, contro una pericolosa variante del virus Ebola. Una storia movimentata con più protagonisti: Stanley Oxenford lo scienziato, suo figlio Kit (uno dei terroristi), Antonia Gallo responsabile della sicurezza. La banda criminale riesce ad eludere i sistemi di allarme e riesce a sottrarre il farmaco dall’area protetta. Una tormenta di neve non permetterà loro di allontanarsi dalla zona e troveranno rifugio proprio nella casa di Stanley. Sarà un Natale drammatico, all’insegna della tensione, nel timore per la possibile diffusione di una pandemia senza antidoto. La lunga notte di Natale finirà e la banda sarà sgominata, merito di Antonia Gallo, ‘Toni’.
E ancora di Natale si parla in “Il Natale di Flavia de Luce” di Alan Bradley (2014), in cui l’autore ci conduce nell’Inghilterra degli anni ’50. Un Natale che si preannuncia particolarmente triste per l’undicenne Flavia, la protagonista e che in realtà si rivelerà tutt’altro che noioso. Il padre, sommerso dalle difficoltà economiche, cede in affitto parte della sua dimora a una troupe cinematografica. Durante le riprese avvengono incidenti inattesi, episodi inquietanti e perfino un raccapricciante assassinio. La giovane Flavia avrà modo di esercitare il suo fiuto incredibile malgrado l’età, dimostrando acume e furbizia. In “La ragazza senza volto” di Jo Nesbø (2005) ci racconta del Natale norvegese del 2003. Stankic, un killer croato, arriva a Oslo e uccide Robert Karlsen, ufficiale dell’esercito della Salvezza, durante il concerto di Natale. La difficoltà degli investigatori nasce dall’impossibilità di identificare l’assassino per la sua straordinaria capacità di modificare i tratti del volto e dal costante interrogativo sul movente e sul mandante. Un Natale tra nevi scandinave e intrighi internazionali.
Al Grande Nord appartiene anche il romanzo “La voce” dello scrittore islandese Arnaldur Indridason (2002). Mancano pochi giorni a Natale e l’ispettore Erlendur Sveinsson viene chiamato a investigare sull’assassinio del custode Guòlangur, ritrovato nella sua stanza presso un lussuoso hotel di Reykjavik, riverso sul letto, vestito da Babbo Natale. Nessuno sembra conoscerlo a fondo e nessuno può fornire informazioni. Si scopre che ha un passato di giovane voce bianca, di bambino prodigio, un raro talento canoro, e che è omosessuale, motivo della sua rottura con la famiglia di origine. Le indagini dell’ispettore navigano tra molte difficoltà, tra personaggi grotteschi, storie parallele, matasse intricate di indizi, dettagli, deduzioni, segni fuorvianti. E si scopre quanto marciume si nasconda dietro la facciata di irreprensibilità ed eleganza.
Natali strani, in questa parte della letteratura, che ne ridimensionano lo spirito, associano la gaiezza della festività all’umanità più spietata. Ciò nonostante e per fortuna, il Natale continua a rimanere ‘the most wonderful time of the year’, il periodo più scintillante e luminoso, una specie di Santo Graal che tutti rincorriamo, mantenendo la stessa percezione gioiosa di sempre, da bambini e da adulti, nonostante le assenze, i vuoti, le disillusioni della vita, i cambiamenti esistenziali. Si chiama ‘la certezza del Natale’.

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Liliana Cerqueni

Autrice, giornalista pubblicista, laureata in Lingue e Letterature straniere presso l’Università di Lingue e Comunicazione IULM di Milano. E’ nata nel cuore delle Dolomiti, a Primiero San Martino di Castrozza (Trento), dove vive e dove ha insegnato tedesco e inglese. Ha una figlia, Daniela, il suo “tutto”. Ha pubblicato “Storie di vita e di carcere” (2014) e “Istantanee di fuga” (2015) con Sensibili alle Foglie e collabora con diverse testate. Appassionata di cinema, lettura, fotografia e … Coldplay, pratica nordic walking, una discreta arte culinaria e la scrittura a un nuovo romanzo che uscirà nel… (?).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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