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Ferrara film corto festival

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Mi voglio rivolgere direttamente a Lei, egregio Presidente del Consiglio on. Giuseppe Conte, perché vorrei poterLa guardare negli occhi e chiederLe a cosa mai sia servito questo dramma così inaspettato ed eloquente rispetto alle scelte sbagliate compiute dai governi precedenti e a quelle che si sarebbero dovute compiere in modo non solo sollecito ma urgente.
Come può essere, signor Presidente, che non siano state concentrate il massimo delle risorse economiche per finanziare, finalmente, la scuola ed il mondo universitario e della ricerca? Questo dopo che si è constatato che ciò che è successo è dovuto in gran parte proprio all’ignoranza nei riguardi della realtà del mondo: della natura umana e della terra. E’ stato solo grazie alla responsabilità dei cittadini che si sono potuti arginare con relativa efficacia i danni avvenuti a causa di scelte irresponsabili e miopi del passato.

Come è possibile che non si sia capito che senza la risposta responsabile degli insegnanti, degli allievi e delle famiglie, nessuno degli obiettivi del governo, rispetto all’emergenza, si sarebbero realizzati?
Come può non tenere conto del fatto che solo grazie agli insegnanti, che si sono messi a disposizione senza chiedere niente in cambio per questo nuovo impegno, parte dei ragazzi ha potuto continuare a usufruire del servizio scolastico, diritto costituzionale. E anche che molti, nonostante questo impegno, sono rimasti scartati da questo servizio per insufficienza di risorse umane e tecnologiche?

Le faccio notare, signor Presidente del Consiglio, che la sospensione delle libertà personali a cui si sono assoggettati tutti i cittadini, ma soprattutto i ragazzi, cioè i meno responsabili di quanto è successo, deve essere giustificata e compensata da un riconoscimento di pari valore e dignità di attenzione e rispetto affinché ciò non debba più accadere in uno Stato democratico degno di questo attributo.

Per questo motivo mi sarei aspettata, e credo non solo io, che le scelte di investimento per far ripartire l’Italia avrebbero riguardato l’ambito dell’educazione, formazione, ricerca e cultura in generale, almeno per il cinquanta per cento delle risorse disponibili. Davvero pensiamo che il mondo futuro possa fare a meno dell’arte, dei musei, della musica, dei teatri, della cultura e della bellezza in generale? Anche questi sono da considerarsi beni primari.
Investire in questo sarebbe il segnale che molti italiani si aspettano per poter capire che le cose stanno cambiando e rinascendo davvero.
Questa scelta dimostrerebbe che qualcuno fra coloro che ci governa ha finalmente capito cosa serva per costruire un mondo più a misura della qualità di una vita all’altezza della nostra evoluzione.

Come può essere che non si capisca che siamo arrivati a questo punto perché precedentemente si è scelta la logica del profitto a tutti i livelli, compreso quello della rendita politica?  I cittadini in maggioranza oggi sanno che il valore di uno Stato democratico sta nell’avere accesso ai servizi necessari perché ciascuna persona abbia la possibilità di realizzare i propri desideri, i propri sogni, cioè poter avere speranza nel futuro che è ciò che dà senso alla vita.
L‘indifferenza di un Governo che si dice  progressista mi indigna, perché è segno di scarsa considerazione per la storia e la cultura del popolo italiano sia recente che rispetto alle sue radici dalle quali nascono le attuali civiltà e democrazie che tutto il mondo ci riconosce.
Se questo governo vuole distinguersi dalla retorica del mondo consumistico, per altro chiaramente in declino per la sua irrazionalità e sconfitto dalla forza stessa della natura, deve fornire quegli strumenti che questa diversificazione garantisce. La natura, lo sappiamo, esige rispetto per le diversità e propende verso una sempre maggiore diversificazione per garantirsi un futuro migliore del presente. Questi strumenti sono quelli dell’educazione finalizzata a riconoscere e sviluppare la capacità creativa e di immaginazione delle giovani generazioni che sono quelle che più si intendono di futuro perché nuovo e imprevedibile. I giovani non si riconoscono più in uno stereotipo che li dipinge come consumatori instancabili e divoratori di risorse, ottusi e inerti, ma si riconoscono attori che desiderano costruirsi un mondo che corrisponda ai loro sogni e alla loro libertà e gusto della vita.

Se vuole distinguersi, egregio Presidente del Consiglio, e dare un vero segno di cambiamento in questo momento di rinascita, metta al centro del suo progetto di governo le persone nella loro dignità di cittadini. Interpreti, nella ricostruzione, la loro insoddisfazione e, partendo da quel centro di valore, costruisca la sua prospettiva di governo. Riconosca i cittadini come coloro che possono trasformare i limiti derivati dalla natura in opportunità di cambiamento e sviluppo, e non soltanto come consumatori che la logica del profitto disegna e costringe in una dimensione di pericolosi parassiti.
Mettendo al centro le persone e avendo a cuore il loro benessere, le priorità delle scelte per un governo che progetta un futuro possibile, ma anche desiderabile si evidenziano quasi spontaneamente. Tutti desiderano vivere una vita con soddisfazione perché ci permette di trasformare ciò che non ci soddisfa. Tutti desiderano vivere in un ambiente armonioso e accogliente di cui si possono assaporare gusti e profumi e contemplare le bellezze insieme agli altri con il piacere di poterlo consegnare alle prossime generazioni. Tutti desiderano vivere in pace e considerano inutili i soldi spesi in armamenti.

Cosa si aspetta, quindi, a scegliere la strada di una finalmente riconosciuta umanità e progettare seriamente una strategia di investimenti veri e utili alla società? Invece di investire sull’Alitalia che tutti sappiamo bene essere una industria in perdita, perché non investiamo su una compagnia Europea?
Rispondere a queste legittime aspettative di avere dei governanti che riconoscono l’urgenza di mettere mano al dissesto territoriale italiano, al patrimonio paesaggistico oltre che ambientale indispensabile alla qualità della vita, sarebbe un’occasione da non perdere, in questa fase, per creare molti posti di lavoro dei quali alcuni anche molto qualificati.
Queste scelte avvierebbero anche un cambio di comportamento di quei giovani che non potendo esprimere il loro sapere e il loro entusiasmo in Italia se ne vanno all’estero, dando ad altri Paesi il loro valore aggiunto.

Spero, signor Presidente del Consiglio, che le sue prossime scelte e i suoi programmi di governo e di investimenti siano veramente lungimiranti e perciò riguardino il reale benessere delle persone, riuscendo a considerare i cittadini capaci di scegliere il loro futuro. La fiducia nell’onestà e nell’intelligenza delle persone è la base per la costruzione di una società democratica che possa sperare che il futuro sia migliore del presente.
Le auguro perciò un buon lavoro e confido nella sua intelligenza di persona non solo lungimirante ma coraggiosa e intraprendente, capace di decidere e di condividere la propria aspirazione e di lasciare in eredità la possibilità di un futuro degno della nostra storia. 

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Grazia Baroni

Grazia Baroni, è nata a Torino nel 1951. Dopo il diploma di liceo artistico e l’abilitazione all’insegnamento si è laureata in architettura e ha insegnato disegno e storia dell’arte nella scuola superiore durante la sua trentennale carriera. Ha partecipato alla fondazione della cooperativa Centro Ricerche di Sviluppo del Territorio (CRST) e collaborato ad alcuni lavori del Centro Lavoro Integrato sul Territorio (CELIT). E’ socia e collaboratrice del Centro Culturale e Associazione Familiare Nova Cana. Dal 2016, anno della sua fondazione, fa parte del gruppo Molecole, un momento di ricerca e di lavoro sul bene, per creare e conoscere, scoprendo e dialogando con altre molecole positive e provare a porsi come elementi catalizzatori del cambiamento. Fra i temi affrontati dal gruppo c’è lo studio e dibattito sulla Burocrazia, studio e invio di un questionario allargato sulla felicità, sul suo significato e visione, lavori progettuali sulla felicità, in corso.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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