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Fra i caffè più buoni che ho bevuto c’è sicuramente quello che mi ha offerto in carcere una persona detenuta; era davvero corposo, profumatissimo e sorprendente.
Come non ricordare, a questo punto, la strofa di “Don Raffaè” la canzone di Fabrizio De Andrè che dice: “Ah che bell’ ò ccafè, pure ‘n carcere ‘o sanno fa”.
In carcere si fanno molti caffè, con la moka sul fornellino a gas, per vari momenti della giornata e per varie occasioni. Il testo che segue è una descrizione di questi tipi di caffè.
(Mauro Presini)

Le voci da dentro. Il caffè del carcerato
di D.M.

Salve, cari lettori, si parliamo di caffè, piccola e piacevole pausa delle nostre giornate.

Da quello che ci dice la storia, le prime tracce, i primi aromi, si incontrano tra le popolazioni di pastori del nord dell’Etiopia, dove si narra che essi trovarono il modo di preparare questa bevanda per ristorarsi durante la sosta fra un villaggio e l’altro.

Tutt’oggi l’Etiopia conserva la miglior qualità e il metodo di preparazione più antico.
A seguire, per produzione e quantità, ci sono il Brasile e poi la Colombia, nota anche per la qualità, ed infine, ma non ultima, l’Arabia.

Ma ai giorni nostri, il primato per la sua diffusione e metodo, spetta al nostro paese: l’Italia, vera perla al centro di questi paesi per l’ingegno e la commercializzazione.

Il trucco è la torrefazione, ovvero il modo di lavorare il caffè e soprattutto il nostro singolare modo di prepararlo: l’ESPRESSO!
Difficile trovare gente che durante la giornata non si beva il suo caffè, anche perché ormai ce n’è per tutti i gusti: decaffeinato, ristretto, corretto, macchiato, marocchino, alla nocciola, con panna, eccetera.

Ma, al di fuori di questo mondo che sorseggia e degusta il caffè, c’è un mondo a parte, un paese nella nazione, che usa il suo caffè come un vero e proprio codice che solo i suoi membri possono decodificare, una vera e propria arma per sfidare, offendere, mettere alla prova, umiliare o semplicemente come gesto di buona accoglienza.

Sì, stiamo parlando del caffè del carcerato!!!

Andiamo con ordine:

IL CAFFÈ DEL PRIMO INGRESSO
Appena ti arrestano, dopo matricola e accertamenti, ti buttano in una cella con altri occupanti, che chiaramente non hai mai visto.
Stai sicuro, che dopo il classico buongiorno e le presentazioni, la prima parola sarà: “Siediti, ti preparo un caffè!”

IL CAFFÈ DELL’AMICO
Beh sì, quando sei in sezione, in quei frammenti di tempo che hai per scioglierti un po’ le gambe, spesso si va da un amico che sta in una altra cella, è la prima cosa che si chiede è: “Hai fatto il caffè?”

IL CAFFÈ DEL LAVORANTE
Bene o male, in carcere si lavora un po’ tutti, e quando sei lavorante, chiaramente hai la possibilità di andare in visita in altre sezioni e, se è il tuo turno di lavorare, stai sicuro che quando passerai davanti alla cella di un amico, ti chiederà: “Hai preso il caffè?”

IL CAFFÈ DEL PERDENTE
Il gioco a carte più popolare in carcere è la scopa, a seguire la briscola e la scala 40, ma ancora più popolare è scommetterci sopra un caffè. Ma la perdita del caffè non sarebbe abbastanza, perché abbinato al caffè c’è il comando, ovvero ad uno schiocco di dita e uno sguardo capisci che devi andare a preparare tu il caffè perso.

IL CAFFÈ PROIBITO
Questa è la versione più osé del caffè del carcerato, ovvero il caffè alla “Cicciolina” con le sue molteplici versioni, vera e propria umiliazione per chi lo subisce. Auguri!!!

IL CAFFÈ DEL TRADITORE
Sin dai tempi che furono, la malavita in carcere usa questo metodo per mettere alla prova i presunti traditori. Si invita la persona sospettata in cella per un caffè, mentre lo si prepara si inizia il discorso su cui si presume il tradimento, una volta pronto il caffè si mette a tavola e si chiede alla persona di mettere lo zucchero, se gli trema la mano… beh, si è tradito!!!

IL CAFFÈ SACRO
Ovvero, quello del mattino, quello che ti prepari con le tue mani, che dopo la prima sigaretta ti fa correre subito in bagno!

IL CAFFÈ DEL LIBERANTE
Questo è quello più importante. Quando arriverà il tuo giorno, la tua ora, e la voce dell’assistente romperà il silenzio della sezione gridando il tuo cognome seguito dalle parole: “Liberante!”
Prima di tutto, complimenti, ma poi i tuoi compagni faranno per te l’ultimo caffè, per buon auspicio.

Ora cari lettori godetevi il vostro caffè ma, per quieto vivere, prima di accettare il prossimo caffè guardate bene il contesto.
Siete avvisati!!!

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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