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“Volevo avvertire il nostro ignoto estorsore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia”. (Libero Grassi, imprenditore e vittima innocente di mafia, 1924-1991)

“La nostra non è solo la terra dei fuochi, è la terra di don Peppe Diana, non è solo Gomorra, è la Campania felix”. Così Antonio Picascia, amministratore delegato di Cleprin descrive la sua terra, la provincia di Caserta, dove lavora con la sua azienda di detergenti. Al Parco Nord di Bologna, durante la Festa dell’Unità, Antonio racconta la sua storia in una sera di fine d’estate, insieme a Simmaco Perillo di NCONuova Cooperazione Organizzata – che con lui sta portando avanti un nuovo modo di fare antimafia: andare oltre il coraggio della denuncia e creare un’alternativa di legalità, avere non solo il coraggio della resistenza, ma sognare una vera e propria rivoluzione.

Antonio nel 2007 ha denunciato i tentativi prima di infiltrazione nella Cleprin e poi di estorsione da parte del clan di Sessa Aurunca, affiliato ai Casalesi. Simmaco con la sua cooperativa sociale “Al di là dei sogni” dal 2004 fa inserimento lavorativo e produce prodotti biologici su terreni confiscati alla Camorra, ma da un po’ di tempo ha proposto ad Antonio di inserire i ragazzi anche nella sua azienda, magari nella sua produzione di detergenti idrosolubili e completamente eco-compatibili: “pensa che bello se ragazzi con alle spalle storie di tossicodipendenza lavorassero alle tue eco-dosi”.

Antonio e Simmaco però hanno in comune anche qualcos’altro: gli incendi che in luglio hanno devastato il loro lavoro. Fuochi con caratteristiche curiose: quello che ha danneggiato il pescheto di “Al di là dei sogni”, mettendo seriamente a rischio il raccolto, si è misteriosamente fermato al confine con l’altra proprietà seguendo una linea dritta come un muro invisibile; mentre quello che ha distrutto quasi due terzi dell’azienda di Antonio è divampato nella notte fra il 23 e il 24 luglio. Guarda caso il 24 luglio 1991 a Sessa Aurunca è stato ucciso Alberto Varone, commerciante di 49 anni con cinque figli, che non aveva ceduto alle richieste di estorsione, l’ultima delle quali era venuta addirittura “dalla nipote di 16 anni”, rivela amareggiato Simmaco. E per un’altra strana coincidenza il killer era il fratello proprio dell’uomo che, secondo il clan, Antonio avrebbe dovuto assumere alla Cleprin.

Né Simmaco né Antonio si sono fermati. Sui 17 ettari del bene confiscato al clan Moccia e intitolato proprio ad Alberto Varone anche quest’anno sono arrivati i tanti ragazzi di EstateLiberi!, i campi estivi di Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie. E alla Cleprin, terminata la conta dei danni e le operazioni di ripristino dello stato di sicurezza della zona, Antonio, il suo socio Franco Beneduce e i 33 dipendenti hanno ripreso la produzione. Grazie anche alle istituzioni: il dissequestro di una parte dell’azienda è arrivato subito, per cercare di ridurre l’impatto ambientale del disastro, c’erano tensioattivi e materiali che andavano messi in sicurezza. Produzione, imbottigliamento e spedizione, si fa tutto nel reparto magazzino, risparmiato dalle fiamme, con gli unici tre miscelatori rimasti dei 17 presenti prima dell’incendio.

Cleprin Festa Unità
Il palco dell’incontro al Parco Nord. Foto da Voghiera e Libera per dare vita alla terra

Antonio sabato sera ha usato il mito della caverna di Platone, come ha fatto con i ragazzi dei campi estivi che hanno visitato la Cleprin dopo l’incendio, per portare “non solidarietà ma corresponsabilità”, come ha detto don Ciotti il 31 luglio nel piazzale dell’azienda. “Bisogna spezzare le catene per uscire e vedere le cose come sono veramente”: uscendo dalla caverna alla luce del sole si può iniziare a reclamare i propri diritti, non accontentandosi più dei privilegi offerti dalla criminalità organizzata, che altro non sono se non ombre.

Incendi, furti, danneggiamenti, “sono atti non di forza, ma di debolezza”, afferma Antonio, perché la loro rivoluzione sta funzionando, stanno dimostrando al territorio che l’alternativa culturale ed economica al sistema della criminalità organizzata è possibile. Non solo: lo stanno facendo attraverso un modello sociale e produttivo etico e sostenibile dal punto di vista ambientale. Nel 2007 gli unici a stare accanto ad Antonio e al suo socio erano stati i carabinieri della caserma di Mondragone che avevano raccolto la loro denuncia, “l’indifferenza della società civile è stata la cosa più brutta di quei momenti”: le istituzioni allora avevano risposto, ma erano mancati i cittadini. Oggi non è più cosi, dopo l’incendio “non siamo rimasti soli”, alla Cleprin sono arrivate “decine, centinaia, migliaia di persone che nemmeno conoscevamo”.

casertano-incendio-cleprin
Uno dei post pubblicati sulla pagina Facebook della fabbrica di detersivi ecocompatibili Cleprin di Sessa Aurunca.

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Federica Pezzoli

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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