Un giornale sicuramente diverso dagli altri.
Come definire sennò un quotidiano che non riporta per tre numeri il disastro causato dall’alluvione in Emilia-Romagna, salvo poi ospitare nel quarto (oggi,19 maggio, ndr) un veemente fondo del direttore contro chi specula politicamente sulle sciagure?
E che nei suoi primi quattro numeri dedica ampio spazio a quattro personaggi della sinistra – Massimo d’Alema, Jean-Luc Mélenchon (leader di La France Insoumise), Achille Occhetto e Mario Tronti – per dirci (o insegnarci?) quali sono le strade per far rivincere la sinistra?
Che difende senza mezzi termini papa Francesco e la sua iniziativa di pace per far cessare il conflitto tra Russia e Ucraina?
Che esordisce nel primo numero con una poesia di Pier Paolo Pasolini in prima pagina che parla di bandiera rossa come vessillo del povero?
Che in ultima mette una foto famosa di Enrico Berlinguer con l’invito ad abbonarsi?
Questa è la nuova Unità, quotidiano fondato da Antonio Gramsci quasi 100 anni fa, tornato in edicola per la terza volta il 16 maggio scorso dopo un valzer di date che ne annunciavano l’uscita. Diretta da Piero Sansonetti (71 anni, ex direttore del Riformista, ex vice direttore e condirettore della “vecchia” Unità, direttore di Liberazione e de Il Dubbio, opinionista politico e molto altro), 12 pagine, grafica un po’ retrò, 100 mila copie dichiarate.
Il giornale, la cui testata è stata comprata all’asta fallimentare dall’imprenditore napoletano Alfredo Romeo per 910 mila euro, sarà, come ha scritto Sansonetti nell’editoriale del primo numero, “socialista, garantista e cristiano. Che cercherà di tenere insieme Gramsci, Rosa Parks (la donna di colore di Montgomery, Alabama, che nel 1955 rifiutò di cedere il suo posto in autobus ad un passeggero bianco, divenuta un simbolo nella lotta per i diritti dei neri, ndr), Roncalli Mandela e Pannella”.
“Vaste programme”, direbbe De Gaulle. Noi non lo diciamo: tutte le voci e i tentativi di fare informazione sono leciti e hanno diritto di cittadinanza.
Ma c’è da chiedersi se il Pantheon evocato da Sansonetti regga alla sfida di questi tempi: cioè quella di far parlare una sinistra nuova rivolgendosi a molti, moltissimi, attraverso la carta stampata, che è una frazione (purtroppo ad importanza calante) dell’universo odierno dei media. Un tentativo si percepisce: quello di trattare le “grandi questioni” politiche da un punto di vista “alternativo”.
“Saremo dalla parte dei più deboli – ha affermato Sansonetti – per fare un giornale “sintesi del grande spirito del passato dell’Unità – la cultura, la saggezza, la responsabilità, il conflitto – e la ricerca della modernità. Nella certezza che la modernità sia uguaglianza. E libertà. E disarticolazione del potere”.
Cosa significhino queste affermazioni lo scopriremo solo vivendo, e leggendo il giornale.
Intanto, per guardare ai fatti, nessun giornalista o poligrafico della vecchia testata licenziato dopo l’ultimo fallimento è stato riassunto. E prossimamente andrà all’asta l’archivio storico del giornale, un patrimonio di grande valore. Vedremo in che mani finirà.
In copertina: L’Unità (nuova) numero 2, 17 maggio 20233, particolare
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .
Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line, le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.
Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”, scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchera.
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Francesco Monini
direttore responsabile
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