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Un vero capodanno degli alberi, Rosh Hashana Lailanot, come gli ebrei, per Tu Bishvat, il 15 del mese di Shevat, per noi il 17 gennaio 2022. Questo vorrei per cominciare meglio l’anno.

La festa dell’albero del 21 novembre non mi convince. Non si direbbe più che Epifania tutte le feste porta via.
Inoltre quest’anno il capodanno degli alberi coincide con il Befanone, al Vción, Sant’Antonio abate insomma. Benedice gli animali, porta doni ai bimbi trascurati da altri passaggi (San Nicola, Santa Lucia, Babbo Natale, Befana), ricorda a tutti l’imprevedibilità dell’amore: al s’era inamurà int un busghìn, un maialino. Un giorno che ci ricordi il nostro legame con la natura, con gli alberi in particolare. Un giorno in cui gustare frutti e vini diversi, buoni però.

C’è bisogno di un capodanno così. La Fao ci ricorda che la deforestazione continua, al ritmo di 10 milioni di ettari all’anno, nell’ultimo quinquennio. In quello precedente erano 12 milioni, nel primo decennio del 2000 erano 15, e 16 tra il 1990 e il 2000. L’anno scorso siamo tornati ai 12 milioni. Nella sola Amazzonia è stato deforestato il 22% di suolo in più rispetto all’anno precedente.

In questa ricorrenza i bambini israeliani piantano alberelli. Lo farebbero anche da noi con la serietà che è propria di bimbi consapevoli dell’importanza dell’azione. “Se stai piantando un albero e ti dicono che è arrivato il Messia, prima finisci di piantare l’albero e poi vai ad accogliere il Messia”.

La nostra biografia si farebbe ecobiografia: “Io sono vita che vuole vivere, circondata da vita che vuole vivere” come scrive Jean-Philippe Pierron. Tutti siamo stati “arboricoli”, aggiunge. “Eravamo piccoli, ma talmente più grandi, quando, nell’albero dei nostri giochi, afferravamo con una mano un ramo più alto. E appollaiati su di esso, le ore meravigliate a contemplare la storia della specie che s’inventava in noi”. Arboricolo è, per tacere di Tarzan, il barone rampante che al padre oppone un irreplicabile “Ma io dagli alberi piscio più lontano!”. A tanto non mi sono spinto, non procedendo, bambino, oltre i rami più bassi dell’albero più alto della scuola di Roncobonoldo.

C’è chi continua ad abbracciare gli alberi, come fa Luca Zampini, testimoniandolo con le sue fotografie. È grazie a lui se le piante ci guardano con occhi meno severi: “Ci osservano gli alberi. Vorrebbero che noi ci accorgessimo di quanto è innaturale il mondo che gli abbiamo creato intorno. Ci guardano nella speranza che provvediamo a migliorarlo. Resistono e soffrono. Superstiti sempre più radi, troppo poco importanti ai nostri giorni per meritare attenzione”.

Bruno Latour, mette in evidenza come sia la stessa storia fisica e mentale degli umani ad essere legata a quella dei non umani e all’ambiente. Una visione più completa delle richieste e dei diritti delle parti in causa potrebbe darcela un “parlamento delle cose”. O almeno un “parlamento dei viventi”, evocato da Marielle Macé: “La terra si fa sentire, il parlamento dei viventi chiede ora di essere allargato. Esteso ad altre voci, altre intelligenze, altri modi di fare per vivere… L’ampliamento radicale delle forme di vita da considerare e degli accordi da costruire, questo è il punto cruciale”.

La posizione delle piante è nota, grazie a Stefano Mancuso, che, conoscendole bene ne ha stilato la Carta dei Diritti1. La Terra è la casa comune della vita. La sovranità appartiene ad ogni essere vivente. 2. La Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sulle relazioni fra gli organismi che le compongono. 3. La Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzioni concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate. 4. La Nazione delle Piante rispetta universalmente i diritti dei viventi attuali e di quelli delle prossime generazioni. 5. La Nazione delle Piante garantisce il diritto all’acqua, al suolo e all’atmosfera puliti. 6. Il consumo di qualsiasi risorsa non ricostituibile per le generazioni dei viventi è vietato. 7. La Nazione delle Piante non ha confini. Ogni essere vivente è libero di transitarvi, trasferirsi, vivervi, senza alcuna limitazione. 8. La Nazione delle Piante riconosce e favorisce il mutuo appoggio fra le comunità naturali di esseri viventi come strumento di convivenza e di progresso.

Mi viene in mente Capitini: si interroga se sia indifferente per il carbone restare dov’è o essere utilizzato dall’uomo. Non sa darsi una risposta, però si fa vegetariano e sa che solo il fiore che non cogli è tuo. Nonviolenza, del resto, è apertura a esistenza, libertà, sviluppo di tutti gli esseri. L’assalto agli alberi, con la deforestazione, è alla base del virus di successo con il quale ci stiamo confrontando. Vacciniamo – questo è un bene – i popoli ricchi, e non i poveri – questo è un male – assicurando così la diffusione della pandemia. Si è rotto il climatizzatore della fabbrica del mondo, ci ripetono Marco Paolini e Telmo Pievani. Appare necessario e urgente un processo costituente, capace di trarre il meglio dalla nostra esperienza, senza che la paura ci rinchiuda – lo sta facendo – in identità di “sangue e terra”, già sperimentate col nazismo.

Una splendida introduzione a una possibile Costituzione della terra l’ha scritta Luigi FerrajoliNon si è fermato qui. Ha tracciato la Carta della Nazione degli Umani in un testo di 100 articoli. La prima parte enuncia principi e diritti fondamentali, la seconda poteri e organizzazione. L’impegno è costituzionalizzare la globalizzazione, globalizzare il garantismo costituzionale.

“L’umanità si trova oggi di fronte ad emergenze e a sfide globali che mettono in pericolo la sua stessa sopravvivenza: le devastazioni ambientali e il rischio di una prossima inabitabilità del pianeta, la minaccia nucleare generata da migliaia di testate atomiche, la crescita della povertà e la morte per fame o per malattie non curate di milioni di esseri umani, le ondate migratorie di masse crescenti di persone che fuggono dalla miseria, dagli sconvolgimenti climatici, dalle guerre civili e dalle persecuzioni politiche”. Non mi provo a riassumere il ricco articolato, una semplice bozza secondo Ferrajoli. Ne consiglio la lettura. Propongo solo i primi due articoli. Ce n’è abbastanza per orientare la nostra azione.

Articolo 1 La Terra, casa comune degli esseri viventi

La Terra è un pianeta vivente.
Essa appartiene, come casa comune, a tutti gli esseri viventi: agli esseri umani, agli animali e alle piante. Appartiene anche alle generazioni future, alle quali la nostra generazione ha il dovere di garantire, con la continuazione della storia, che esse vengano al mondo e possano sopravvivere. L’umanità fa parte della natura. La vita e la salute del genere umano dipendono dalla vitalità e dalla salute del mondo naturale e degli altri esseri viventi, animali e vegetali, che insieme agli esseri umani formano una famiglia accomunata da una stessa origine e da una globale interdipendenza.

Articolo 2 Le finalità della Federazione della Terra
I fini della Federazione della Terra sono: garantire la vita presente e futura sul nostro pianeta in tutte le sue forme e, a questo fine, porre termine alle emissioni di gas serra e al riscaldamento climatico, agli inquinamenti dell’aria, dell’acqua e del suolo, alle deforestazioni, alle aggressioni alla biodiversità e alle sofferenze crudeli inflitte agli animali; mantenere la pace e la sicurezza internazionale e, a questo fine, mettere al bando tutte le armi, nucleari e convenzionali, sopprimere gli eserciti nazionali e così realizzare il disarmo degli Stati e delle persone e il monopolio della forza in capo alle sole istituzioni di polizia; promuovere fra i popoli rapporti amichevoli di solidarietà e di cooperazione nella soluzione dei problemi globali di carattere ecologico, politico, economico e sociale e, a questo fine, garantire l’uguale dignità di tutte le persone e la conservazione e la tutela di tutti i beni vitali; realizzare l’uguaglianza di tutti gli esseri umani nei diritti fondamentali e, a questo fine, introdurre, in capo ad adeguate istituzioni e funzioni globali di garanzia, gli obblighi di prestazione e i divieti di lesione che a tali diritti corrispondono come loro garanzie.

Questo articolo, con altro titolo, è uscito il 24 gennaio sull’edizione online di Azione nonviolenta

Per leggere tutti gli articoli di Daniele Lugli è sufficiente cliccare sul suo nome sotto il Titolo.

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Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà presidente nazionale dal 1996 al 2010, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali – argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni – e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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