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Dopo un annetto di governo leghista, chi credeva che il ‘metodo naomo’ consistesse solo nel prendere a calci in culo immigrati e stranieri in genere, avrà dovuto ricredersi. Il ‘metodo naomo’ è qualcosa di più grande e complesso. Un modo di comportarsi? Una formula di governo? Ma neppure, è qualcosa di più: una visione del mondo, una filosofia di vita, una risposta automatica a un insopprimibile imperativo categorico.
Che riassumerei così: Io mi chiamo Naomo e comando la piazza di Ferrara, quindi infrango leggi, norme, regolamenti e dico e faccio quel che mi pare e piace, poi – siccome (ve lo siete scordato?) comando Io – alzo muri, metto reti, invento divieti, nego i buoni spesa  e perseguito i poveracci (come ero io una volta, però ora Io comando) e tutti quelli che non hanno il mio colore e che mi sono antipatici.
La morale potrebbe essere questa: non è vero per niente che Destra e Sinistra sono vecchie categorie ideologiche. Le differenze ci sono eccome. Per dirne una: la differenza che passa tra ‘comandare’ e ‘governare’. Ho l’impressione (o è solo speranza?) che dopo un anno di Destra al Comando, dopo un lunga sfilza di stupidaggini, castronerie, prepotenze e vergogne, molti ferraresi se ne stiano rendendo conto. E fortunata Ferrara ad avere un Daniele Lugli che non si rassegna, che non ‘lascia perdere’, e che continua a insistere, con la cortesia del nonviolento e il puntiglio del difensore civico.
(Francesco Monini)

Ritorno – non lo farò più – su una piccola vicenda già illustrata su ferraraitalia [Qui]
Partito dallo sconcerto per l’itinerante concerto nel territorio del comune di Ferrara, promosso dal sig. Nicola Lodi, in arte Naomo il 4 maggio scorso, ho ridotto le mie aspettative. La mia nota a Prefetto e Questore di Ferrara, Presidente della Regione (portata pure a conoscenza di Sindaco, Direttori Azienda Usl e Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara, nonché Ministero della Salute) del giorno successivo non ha ricevuto risposte. A me è parso che l’iniziativa violasse la normativa in vigore, pur avendo avuto la stessa, proprio quel giorno, un’attenuazione. Perciò ho fatto presente le mie perplessità anche alla Procura della Repubblica. Evidentemente i miei rilievi non sono apparsi tali da meritare né interventi, né risposte. Ne ho preso atto con un po’ di rammarico, ma comprendendo anche che, in un momento così difficile, le istituzioni interpellate hanno cose più urgenti e importanti da fare che rispondere a quesiti, se a ciò non strettamente tenute.

Mi sono rimasti un paio di dubbi: 1) la promozione di riunioni pubbliche tra persone interessate a musica, a canzoni, a brindisi o ad altro ancora è dunque possibile? E allora perché tutto questo discorso sugli incontri solo di congiunti? 2) la lodevole iniziativa, degna di Lodi appunto, è stata dal medesimo promossa come privato cittadino ovvero nella qualità di pubblico amministratore?

Il primo quesito l’ho rivolto, una settimana dopo, al Questore. La normativa nel frattempo è cambiata. Ogni iniziativa va considerata a sé. Se vorrò promuovere riunioni pubbliche avrò certamente risposte chiare. Forse è stata eccessiva la mia pretesa di una risposta articolata. Il secondo quesito mi sembra però più facilmente esaudibile. Si tratta di sapere se c’è un atto attribuibile all’amministrazione comunale alla base dell’iniziativa vietata dal prefetto per il 1° maggio e attuata il 4. Non ne trovo traccia sull’albo comunale online e quindi chiedo alla Segretaria Generale del Comune se un tale atto vi sia. Basta un sì o un no. Dopo qualche giorno rivolgo il medesimo quesito al Prefetto. Nel suo sito trovo “Scrivi al Prefetto”. Lo faccio. La risposta è gentile: “Il Suo messaggio è stato inoltrato all’Ufficio competente. Grazie per la Sua collaborazione”. Sono passate due settimane: risposte nessuna.

Quando ho fatto, anni fa, un mestiere abbastanza simile a quello della Segretaria del Comune (lo svolgevo in Amministrazione Provinciale) ho cercato di contribuire alla trasparenza dell’azione amministrativa, senza venir meno al dovere di riservatezza e discrezione, fino al segreto, quando necessario e come è scritto nel nome: Segretario. La Legge 241/1990 consente a chi abbia un interesse qualificato l’accesso ai documenti amministrativi. Ho fatto il possibile per renderlo più agevole. Allora era una novità. È venuto poi il Decreto legislativo 33/2013, diritto di accesso civico a tutti gli atti oggetto di pubblicazione, senza bisogno di addurre un particolare motivo. Il Decreto legislativo 97/2016 ha introdotto la normativa, detta FOIA (Freedom of Information Act), come parte integrante della riforma della pubblica amministrazione. Garantisce a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti posseduti dalle pubbliche amministrazioni, se non c’è pericolo di compromettere interessi, pubblici o privati, indicati dalla legge. Le amministrazioni devono dare prevalenza al diritto di chiunque di conoscere e di accedere alle informazioni dalle stesse possedute, favorire la trasparenza nel rapporto tra le istituzioni e la società civile, incoraggiare un dibattito pubblico informato su temi di interesse collettivo. Così, in modo più ampio e dettagliato, è scritto pure nel sito del Ministero interessato.

Io ho chiesto a amministrazioni, rivolgendomi a chi meglio era in grado di rispondere, un’informazione sull’esistenza o meno di un atto riferibile all’Amministrazione comunale di Ferrara. Si tratta di un’informazione dalle stesse posseduta. Certo sono in grado di dire se loro consta l’esistenza dell’atto in questione.
Nessuna prevalenza, né attenzione è stata data, in questo caso, al mio diritto di conoscere. La normativa è del resto recente, ha solo 4 anni di sperimentazione e segue, solo di 50 anni, quella alla quale esplicitamente si ispira. Il Freedom of Information Act, Legge sulla libertà di informazione. È stata adottata sotto la presidenza di Lyndon B. Johnson. Allora non me ne sono accorto, Come molti miei coetanei era “Johnson boia!”, responsabile dell’escalation, search and destroy, della guerra in Vietnam. È stato dunque anche altro.

La questione che ho posto e nella quale non ho avuto soddisfazione mi dice qualcosa sul funzionamento della FOIA all’italiana, o almeno alla ferrarese. Quanto a me non mi sento preso da alcuna foia, eccitazione, frenesia, smania. Non scriverò più richieste, per quanto riguardose, che possano risultare moleste. Non pratico lo stalking, soprattutto nei riguardi di pubblici funzionari, per i quali sento grande solidarietà. Non li indicherò come alfieri della trasparenza. Eviterò anche di dire “Credevo, credevo di far bene”. Stultum est dicere putabam, me l’avevano pure detto! Mi rammarico dello stolting involontario.

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Daniele Lugli

Daniele Lugli (Suzzara, 1941), amico e collaboratore di Aldo Capitini, dal 1962 lo affianca nella costituzione del Movimento Nonviolento di cui sarà presidente nazionale dal 1996 al 2010, e con Pietro Pinna è nel Gruppo di Azione Nonviolenta per la prima legge sull’obiezione di coscienza. La passione per la politica lo ha guidato in molteplici esperienze: funzionario pubblico, Assessore alla Pubblica Istruzione a Codigoro e a Ferrara, docente di Sociologia dell’Educazione all’Università, sindacalista, insegnante e consulente su materie giuridiche, sociali, sanitarie, ambientali – argomenti sui quali è intervenuto in diverse pubblicazioni – e molto altro ancora fino all’incarico più recente, come Difensore civico della Regione Emilia-Romagna dal 2008 al 2013. È attivo da sempre nel Terzo settore per promuovere una società civile degna dell’aggettivo ed è e un riferimento per le persone e i gruppi che si occupano di pace e nonviolenza, diritti umani, integrazione sociale e culturale, difesa dell’ambiente. Nel 2017 pubblica con CSA Editore il suo studio su Silvano Balboni, giovane antifascista e nonviolento di Ferrara, collaboratore fidato di Aldo Capitini, scomparso prematuramente a 26 anni nel 1948.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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