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Dovesse succedere che siate in transito sulla strada provinciale Galliera che collega Bologna a Ferrara o viceversa, vi imbatterete al chilometro 20 all`incirca nel cartello segnaletico di San Giorgio di Piano, un laborioso (oggi meno di un recentissimo passato) paese di 8.400 abitanti circa, già presente nelle mappe romane, adagiato orgogliosamente sulla piatta bassa bolognese e galleggiante su di un mare di campi di grano, fra qualche settimana giallo oro, e di barbabietole color verde smeraldo.
Ecco il “Mondo piccolo” con le sue storie di paese, per parafrasare Giovannino Guareschi a cui sarebbe piaciuto San Giorgio di Piano, con la sua chiesa ottocentesca e le finestre della canonica dirimpettaie a pochi metri dal coevo Palazzo comunale, menzionato nelle cronache degli annuari non tanto perché io vi sia nato, ma perché i natali importanti sono stati quelli della indimenticata Giulietta Masina il 22 febbraio 1921, e alla quale Il comune di San Giorgio di Piano due anni fa ha deciso di dedicare una statua in bronzo.
Ma come in un crescendo rossiniano San Giorgio di Piano può raccontare anche storie cortesi e di coraggio vissute all`ombra delle ben conservate testimonianze del tempo passato come la torre, il Torresotto, e la porta ad arco di Palazzo Capuana di alto rilievo artistico/manifatturiero, risalenti a quei pochi anni a cavallo fra il Trecento e il Quattrocento e sotto le quali riteniamo passarono e vi trovarono riparo diversi fanti e cavalieri protagonisti di una delle battaglie più cruente del Rinascimento.
Siamo nel 1433 quando Annibale Bentivoglio (le cui residenze rinascimentali estive sono ancora visibili a un paio di chilometri nel comune di Bentivoglio), a San Giorgio sconfigge l`esercito visconteo con mire di occupazione a sud, consentendoci così, vincendo, di poter mantenere questa “s” tipica e sopratutto poter continuare a gustarci un ineguagliabile salame di canossiana origine, al posto del risotto giallo allo zafferano con l`ossobuco nel caso fosse stata vittoria lombarda.
Un atto coerente e di giustizia sull`onda delle fortune di guerra di Annibale Bentivoglio, ha operato quel sindaco sangiorgese che decise negli anni Ottanta del secolo scorso di dedicare al maiale una statua nel giardino interno del Palazzo Comunale, il simbolo eroico dell`economia e della tradizione della comunità, rivitalizzato dall`originale competizione che si è svolta domenica scorsa.
Sotto gli archi del medieval Torresotto, naturalmente senz`armi ne lance ma fra le ombre dei cavalieri del passato, alla fine del crescendo sangiorgese si è svolta la gara del Salame nostrano amatoriale, dove 28 “cultori della materia” si sono sfidati all`ultima fetta di salame sotto i severi occhi, gusto, olfatto di una composita giuria locale certamente di peso, 813 chilogrammi sinceri e onesti, forse!, per otto giurati, io compreso, e oggetto di una inaspettata domanda a premio al pubblico presente.
Chi ha indovinato il peso della giuria ha vinto 22 uova bollite, consumate, si dice, ad una festa di compleanno la sera stessa.
Per la curiosità statistica ha vinto la gara il signor Ardizzoni Enrico e il suo mastro norcino Loris Sarti.
Sarebbe certamente piaciuto San Giorgio di Piano a Giovannino Guareschi.

Giuria della gara del Salame nostrano
Porta Palazzo Capuano
Il Torresotto
Il corso principale di San Giorgio di Piano
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Marco Bonora

Nato sul confine fra le province di Bologna e Ferrara, dove ancora vive e risiede . Si occupa di marketing e di progettazione nel settore Architettura per una industria vetraria, lavora in una multinazionale euroamericana. E’ laureato in Tecnologie dei beni culturali e in Scienze e tecnologie della comunicazione presso l`Università di Ferrara. Scrive articoli su riviste del settore e ha pubblicato due volumi tematici sul vetro contemporaneo innovativo e sul vetro artistico delle vetrate istoriate del `900 presenti nelle chiese del nostro territorio. Grande passione da sempre per i viaggi a corto e lungo raggio e il mare.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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