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Intelligenza Artificiale, Ambiente Computazionale, Realtà Aumentata… <br> Un Nuovo Capitalismo sta espropriando (gratis) tutte le informazioni. E le nostre stesse vite.

Dove ci sta portando la potenza inarrestabile della Intelligenza Artificiale guidata da un Nuovo Capitalismo? Concentrazione della ricchezza e del potere, iper-controllo sulle persone, manipolazione sistematica tramite l’ingegneria sociale sono rischi che aumentano man mano che, insieme all’integrazione tecnologica digitale, cresce l’isolamento sociale e la paura. Mai come oggi riprende vigore la fatidica domanda: “Che Fare?” (prima che sia davvero troppo tardi).

C’è un processo globale in corso che non sembra in alcun modo arrestabile [Qui il mio precedente intervento su Periscopio]. Si tratta della  crescita esponenziale del numero di oggetti che vengono connessi alla rete internet mediante i più svariati tipi di sensori. Miliardi di questi dispositivi catturano elaborano ed inviano informazioni che vengono raccolte ed elaborate, per essere quindi utilizzate nei modi più diversi ed originali. 

In maniera un po’ semplicistica  e a lume di senso comune, chiamiamo internet delle cose (IoT) il sistema fisico che consente tutto questo, chiamiamo big data la massa di informazioni digitali che vengono raccolte ogni minuto secondo e chiamiamo  (I.A.) l’insieme di algoritmi implementati su reti di calcolatori sempre più potenti che possono consentire la ricerca, l’organizzazione e l’elaborazione automatica di questa enorme e crescente massa di dati.

Trasformare, partendo da sensori installati ovunque, ogni spazio fisico, dall’interno di una casa (demotica), ad un ufficio (smart office), da una fabbrica (industry 4.0) ad una intera città (smart city), in un “ambiente navigabile” nel quale veder tutto ciò che accade; automatizzare grazie all’informazione elaborata i processi della casa, dell’ufficio, della città (e infine del mondo). Portare l’elettronica in ogni oggetto rigido, non solo nelle cose inerti ma anche anche in ogni cosa elastica e malleabile, negli oggetti del mondo vegetale ed animale: tutto questo rappresenta l’orizzonte della rivoluzione digitale in atto.

Tutto questo indica anche una precisa direzione di sviluppo tecnico che porta i sensori sul e dentro il corpo umano, come già fatto con successo per gli animali domestici e da allevamento, attraverso le tecnologie indossabili e la micro sensoristica (nano bot) associata alle bio tecnologie. 

Se tutto questo è centrale a livello tecnologico e scientifico, esso rappresenta anche l’ultimo territorio di conquista del capitalismo; un territorio – quello digitale –  che era ancora quasi sconosciuto e perfettamente vergine solo 20 anni addietro: un territorio che è stato colonizzato con modalità predatorie che ricordano la conquista violenta del west nord americano e di buona parte del mondo da parte delle potenze coloniali occidentali.
Se al centro di quelle conquiste violente vi era la ricerca della ricchezza monetaria, dell’oro e di risorse materiali preziose, l’acquisizione di nuove terre e la ricerca di nuovi mercati, al centro di questa vi è l’informazione.

Ogni informazione che sia immessa nella rete internet è preziosa: in un certo senso, tutto è informazione, nella misura che ogni cosa può diventare fonte di informazione utilizzabile. Lo è a puro titolo di esempio, il cane dotato di chip e di localizzatole GPS (Qui), il bambino che gioca con il suo giocattolo digitalizzato,  l’anziano collegato al proprio salvavita (Qui), lo sportivo con il suo fitness tracker (Qui), Lo sono ovviamente i PC, gli smartphone, i tablet, i telefoni, le carte di credito e debito; lo sono le telecamere installata sulle piazze e sulle strade, le auto con il loro navigatore , i dispositivi antifurto GPS, e così via.
Il cane dell’esempio cosi come la persona connessa (in qualsiasi modo) sono, in quest’ottica, dei giacimenti dai quali estrarre il bene più prezioso: l’informazione.

E tra questi, giacimenti, il corpo (il nostro corpo) è forse il giacimento di informazione che diventa sempre più importante. Movimenti nello spazio, azioni di manipolazione, parole e scritti innanzitutto; ma anche e soprattutto stati interni del corpo: pressione, battiti cardiaci, temperatura, composizione sanguigna solo per citare i più noti.
Non è eccessivo affermare che già oggi e sicuramente nel prossimo futuro, elaborando questi flussi crescenti di dati, gli algoritmi di Intelligenza Artificiale (pur non avendo reale coscienza) finiranno col conoscerci molto meglio di come noi conosciamo noi stessi.

Il nuovo capitalismo ha saputo trovare modi altamente creativi per estrarre valore economico e soprattutto finanziario dalla gestione di questo mare di dati tradotti in informazioni utilizzabili attraverso gli algoritmi della cosiddetta Intelligenza Artificiale.
Lo attestano in modo esemplare la crescita esponenziale di imprese del mondo digitale come Google e FaceBook e le politiche di acquisizione di tali imprese per accaparrarsi il maggior numero di fonti (ovvero piattaforme digitali molto frequentate) pagandole miliardi di dollari. Il loro successo clamoroso deriva infatti direttamente dalla loro capacità di impadronirsi dei dati generati tecnicamente (dovuti soprattutto agli utilizzatori della rete), elaborarli e tradurli in informazioni che possono essere valorizzate e rivendute.
In particolare, è proprio su questo che si fonda uneconomia predittiva” che estrae conoscenza dal passato per indirizzare al meglio il business del presente e del futuro, un economia capace di anticipare i comportamenti dei consumatori ed orientarne pesantemente degli stessi consumatori.

Ad interessare come giacimento informativo da cui tutto origina, non sono i contenuti delle nostre comunicazioni online ma i dati che attestano i nostri comportamenti in termini di spostamenti, scelte di consumo, orari, luogo reali e virtuali visitati, preferenze; insomma tutto quello che può essere desunto dai nostri comportamenti nel mondo virtuale e dai nostri comportamenti nel mondo “reale” captati attraverso i diversi tipi di sensori.

Nessuna regola sulla privacy – pur indispensabile – può oggi proteggerci seriamente da questo prelievo coatto di informazione. 

Da un punto di vista più sociologico la creazione di un simile ambiente computazionale, (ambiente intelligente), è parte integrante dal processo di liquefazione della società descritto da Zygmunt Bauman. Più precisamente, la digitalizzazione in corso rappresenta propriamente una liquefazione del mondo fisico, un inglobamento del mondo reale (“offline”) nel mondo virtuale (“online”), la trasformazione di quella che poteva essere detta fino a pochi anni fa “realtà sensibile” in una “realtà aumentata” e navigabile tecnologicamente..

Il sistema tecnologico computazionale libera l’informazione espropriata agli umani (miniere di dati) da ogni sua radicamento dalla vita sociale, la sgrava da ogni considerazione morale, politica, valoriate, contestuale, sociale. Essa diventa puro dato tecnico computabile automaticamente. 

Piaccia o meno, da tutto questo – in particolare dalla crescita esponenziale dell’internet delle cose, della potenza computazionale, e dall’Intelligenza Artificiale – derivano alcune conseguenze fondamentali dalle profonde implicazioni sociali, filosofiche ed antropologiche.

La prima riguarda l’aumento proporzionale di creazione di valore finanziario attraverso l’estrazione di informazioni e l’esproprio di dati personali utilizzati per alimentare un economia predittiva, radicata in una società del rischio che è, paradossalmente, iper-organizzata e al contempo descritta (dai media)  come estremamente insicura e pericolosa e come tale percepita dai cittadini. In assenza di rimedi drastici (che non si vedono all’orizzonte) tale processo concentrerà la ricchezza verso l’alto in misura superiore a quanto già succede oggi.

La seconda riguarda l’aumento esponenziale del controllo sui singoli cittadini (meglio: consumatori) con la possibilità non solo di sanzionare e punire ma anche di escludere dal sistema (ad esempio bloccando i conti correnti a fronte di una violazione, o al mancato rispetto di norme imposte dal potere costituito).
Si ha sotto questo duplice profilo un effetto paradossale:  il trionfo dell’iper competizione propria del libero mercato di ispirazione neoliberista e – contemporaneamente – il trionfo del potere coercitivo dello stato sul cittadino.

Una terza conseguenza connessa alla enorme e crescente disponibilità di informazioni in real time elaborabili tramite algoritmi di Intelligenza Artificiale, fa balenare la possibilità di una società basata sulla sperimentazione costante e potenzialmente estesa a tutta la popolazione mondiale; una società caratterizzata da pratiche di ingegneria sociale diffuse, profonde e sistematicamente pervasive.
In tale situazione è la politica stessa che rischia di essere spazzata via, in quanto lenta ed obsoleta, per essere sostituita da decisioni strategiche che possono essere prese in modo più veloce ed efficiente dagli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale.

Concentrazione della ricchezza e del potere, iper-controllo sulle persone, manipolazione sistematica tramite l’ingegneria sociale sono rischi che aumentano man mano che, insieme all’integrazione tecnologica digitale, cresce l’isolamento sociale e la paura.

Mai come oggi riprende vigore la fatidica domanda: “Che Fare?” (prima che sia davvero troppo tardi).

Cover: immagine tratta dal sito “Miccia corta”.

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Bruno Vigilio Turra

È sociologo laureato a Trento. Per lavoro e per passione è consulente strategico e valutatore di piani, programmi e progetti; è stato partner di imprese di ricerca e consulenza e segretario della Associazione italiana di valutazione. A Bolzano ha avuto la fortuna di sviluppare il primo progetto di miglioramento organizzativo di una Procura della Repubblica in Italia. Attualmente libero professionista è particolarmente interessato alle dinamiche di apprendimento, all’innovazione sociale, alle nuove tecnologie e al loro impatto sulla società. Lavora in tutta Italia e per scelta vive tra Ferrara e le Dolomiti trentine.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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