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Che vergogna!
La Corte costituzionale, dunque, ha sentenziato che la legge con la quale sono stati eletti gli ultimi tre Parlamenti è incostituzionale. Contraria, cioè, alla legge fondamentale dello Stato italiano sui due punti del premio di maggioranza, esagerato e sghembo, e delle liste bloccate, per cui in Camera e Senato siedono non eletti ma nominati.
Ma la vergogna non è tanto questa, quanto la serie di reazioni dopo una tale bomba atomica piovuta sull’Italia.
Cominciamo con gli editoriali di Alessandro Sallusti (il Giornale) e Maurizio Belpietro (Libero), entrambi del 4 dicembre.
Il primo scrive che a questo punto sono tutti abusivi, dal Quirinale in giù.
Il secondo rileva, come un termometro, la fine senza appello delle larghe intese e del teorema Napolitano.
Insomma, tutti a casa e di nuovo alle urne.
Peccato che nessuno dica, e scriva, con quale legge. Sono così sicuri i due autorevoli direttori che la porcata normativa monca degli elementi accertati di incostituzionalità, non diventi un’entità ancor più sgradevole?
Ma soprattutto desta stupore il fatto che nessuna delle due puntute penne abbia ricordato, anche incidentalmente, che il Porcellum è una legge pensata, scritta, voluta e approvata dal centrodestra italiano.
E se ora l’intero Paese istituzionale si trova in uno stato surreale di illegittimità, la responsabilità originaria è di chi ha pensato, scritto, voluto e approvato questa legge.
Responsabilità non esclusiva, occorre dire, perché anche gli altri, a cominciare dal Pd, hanno fatto poco e nulla per mandarla il prima possibile in soffitta perché indecente.
Tutti insieme appassionatamente in due anni se ne sono fregati degli appelli lanciati a due alla volta finché non sono dispari, da un esausto, e immaginiamo furente, Capo dello Stato, per chiedere nuove regole prima che fosse troppo tardi.
Invece adesso tutto è compiuto, come disse Cristo sulla croce, e pure i costituzionalisti hanno iniziato a palesare una balbuzie preoccupante su cosa si possa fare per mettere ordine a questo suicidio politico ed istituzionale.
Il tutto, occorre non dimenticarlo, avviene sotto gli occhi, c’è da credere, sbigottiti del mondo e se a qualcuno venisse in mente ora di voler interpretare in senso costruttivo lo scetticismo espresso solo ieri l’altro dal commissario Ue Olli Rehn, è consigliabile tenga la bocca chiusa.
Già, perché comunque una cosa giusta la scrivono Belpietro e Sallusti, come del resto tutti gli altri: con questa sentenza l’Italia è oggettivamente al tappeto.
Se infatti il Parlamento è illegittimo, lo sarebbe anche il presidente della Repubblica, eletto dalle Camere, lo sarebbe il Governo, espressione fiduciata di una maggioranza parlamentare, e lo sarebbe anche la stessa Corte costituzionale i cui due terzi dei componenti sono nominati da presidente della Repubblica e Parlamento. Se si segue questo filo, anche se meglio sarebbe definire miccia, sarebbe pure incostituzionale la sentenza della Consulta, perché pronunciata da un collegio a sua infettato dall’illegittimità seminata a larghe mani da una politica sempre più prossima ad una pandemia, se non fosse che è stata pur sempre votata.
E di fronte a questo infarto sistemico appaiono ancor più sconfortanti le concomitanti reazioni di alcuni politici, che evidentemente non hanno capito che quello su cui camminano non è più un pavimento ma il cratere di un vulcano.
Ad esempio i senatori azzurrissimi Elisabetta Casellati e Lucio Malan, che hanno sempre l’espressione di chi ha appena lasciato un tavolo di burraco, in una giornata vicina al funerale delle istituzioni, se la prendono con i senatori a vita nominati da Napolitano: troppo di sinistra e poi dov’è tutto sto curriculum.
Bei tempi quelli in cui il Ministero della Pubblica istruzione sprizzava cultura da tutti i pori e benediceva con orgoglio tricolore l’inesistente tunnel dal Cern al Gran Sasso, all’interno del quale avrebbero trovato comoda sistemazione i simpatici neutrini con tanto di manina salutante.
Oppure prendiamo la dichiarazione di Renato Brunetta, e cioè il più grande economista apparso sulla faccia della Terra dal pleistocene fino alla settimana prossima: l’unico legittimato a stare in Parlamento è Silvio Berlusconi perché il suo nome stava scritto sul simbolo. A poco serve rammentare al più grande economista di tutti i tempi che quell’accelerazione materiale a Costituzione invariata, ha sempre rappresentato un ennesimo obbrobrio inopportunamente gettato nel caos gestaltico italiano.
Ma tant’è, per alcuni il casino è il luogo più naturale del mondo.
E mentre questi illuminati dal cielo hanno distillato le loro perle, alla Camera scoppiava la bagarre con alcuni onorevoli cinquestellati che, dopo avere provato l’ebbrezza di salire sui tetti e cantare insieme la canzone del sole come nei campi scuola, hanno voluto provare come si sta sulle poltrone dove di solito si siede il Governo.
Benedetta giovinezza, che s’en fugge tuttavia …
Il tutto mentre il Tar del Lazio ha detto che sul metodo Stamina è stato fatto un pastrocchio, inducendo un’imbarazzata ministra Beatrice Lorenzin ad annunciare la nomina di una nuova commissione, e la collega dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo, era al Brennero a protestare con Coldiretti contro le cosce di maiale importate dalla Germania e tutelare il made in Italy.
Qualcuno fa notare che un ministro dovrebbe essere istituzionalmente a Bruxelles, insieme ai nostri europarlamentari, dove si scrivono le regole di un mercato agroalimentare nel frattempo senza più confini.
Da una parte stop alle cosce di maiale e dall’altra quello alla porcata elettorale.
Persino il caso sembra divertirsi a prenderci per i fondelli.
Ironia della sorte finale vuole che Calderoli, proprio lui, in questo rompete le righe generale degno degli attimi finali del film Prova d’orchestra del profetico Federico Fellini, abbia presentato un ordine del giorno, udite, per il ritorno al Mattarellum.
Come diceva Nanni Moretti: ma dove siamo, in un film di Alberto Sordi?

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Francesco Lavezzi

Laurea in Scienze politiche all’Università di Bologna, insegna Sociologia della religione all’Istituto di scienze religiose di Ferrara. Giornalista pubblicista, attualmente lavora all’ufficio stampa della Provincia di Ferrara. Pubblicazioni recenti: “La partecipazione di mons. Natale Mosconi al Concilio Vaticano II” (Ferrara 2013) e “Pepito Sbazzeguti. Cronache semiserie dei nostri tempi” (Ferrara 2013).

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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