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Il mio collega drone è un dipendente perfetto

Il mio collega è un drone di fabbricazione turca

di Massimo Argenziano

Diciamolo, il drone è un collega ideale. E un dipendente perfetto: non chiede aumenti, non ha figli da mantenere, non si lamenta per l’aria condizionata rotta, non prende pause, se non per l’alimentazione. Ed è sempre puntuale, non discute e agisce con precisione.

È il dipendente perfetto per un Paese che investe più in armi che in stipendi. Basta abituarsi al ronzio, che poi anche tanti colleghi umani mica sono poco rumorosi, e, soprattutto, bisogna avere l’accortezza di non farlo arrabbiare, MAI.

Immagine KDM Fabrication

Siamo davanti all’ennesimo capolavoro di strategia economica nazionale: mentre le scuole cadono a pezzi, le Università hanno fondi insufficienti, gli ospedali arrancano e perdono posti letto e i contratti pubblici attendono anni per il rinnovo, il Governo trova il tempo – e soprattutto i soldi – per aumentare le spese militari fino al 5% del PIL.

D’altronde, ci sono priorità strategiche e necessità evidenti (pare che a Lisbona i più realisti stiano andando a lezione di russo).

Secondo le stime, serviranno almeno 150 miliardi di euro entro il 2035 per rispettare gli impegni NATO. Il nostro contributo, state certi, è già una cambiale in bianco: è già successo dopo il 2008 con stipendi congelati e contratti rimandati e, si sa, le tradizioni vanno rispettate.

Il Governo è sereno: tanto si aumenta un pochino per volta, e noi, come per la rana di Chomsky nel pentolone scaldato poco alla volta sempre di più, non ci accorgeremo di nulla (se non quando sarà troppo tardi).

Poi, immancabile, è arrivata la comunicazione in stile prodiano: c’è un tesoretto! Probabilmente il dissesto idrogeologico ha portato alla luce qualche pentolone pieno di monete d’oro in fondo all’arcobaleno. Sono prodigi straordinari che ci lasciano con l’espressione di stupore e meraviglia di un bambino (coerentemente a come siamo considerati). Bisognerà abbandonare il piacere dei racconti fantastici se vorremo emanciparci.

Come ha detto Zagrebelsky, “la Costituzione ripudia la guerra”. Ma forse qualcuno ha deciso di ripudiare anche la Costituzione, insieme all’istruzione, alla scuola, all’università pubblica, alla sanità, alla dignità del lavoro e al senno. Si salva la ricerca, soltanto quella che non salva…

Quanti missili valgono l’insegnamento? Quanti caccia per curare un paziente? Quanti sottomarini per i contratti pubblici? Quanta finta meritocrazia dovranno inventarsi per dare aumenti solo all’eccellenza, agli iper-performativi, supereroi modello Marvel, per convincerci che chi vale sale.

Intanto, a salire in alto, agilmente, è il mio collega drone…

In copertina e nel testo: immagini di KDM Fabrication

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)