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I “Volti della regia” di Marco Caselli Nirmal alla Rotonda Foschini di Ferrara fino al 30 giugno 2023.

Abbiamo una Stella in quel di Ferrara, che brilla di luce propria, e che non tutti conoscono. Fortunatamente, per una volta, non vale però il nemo propheta in patria. Perché la sua città ne ha scoperto, riconosciuto, compreso e valorizzato il talento.

Questa Stella oggi illumina, con le sue immagini, una rotonda, uno spazio che fende il cielo, da cui si vede il cielo blu. Una cornice per gli astri più luminosi, dalla quale passano timidamente i raggi della luna, la nostra Rotonda Foschini che sa di magia. Un luogo pieno di fascino e quasi nascosto, che pochi turisti e non tutti i ferraresi conoscono: piccolo cortile nicchia dalla forma ovale, dedicato all’architetto, accademico e scrittore Antonio Foschini, uno dei due progettisti del Teatro Comunale. Una piccola porta per l’infinito. Polvere di stelle.

Antico passaggio di carrozze da Corso Martiri della Libertà a Corso Giovecca, oggi questo luogo ci fa transitare verso le nuvole e i sogni. E allora, pufff …abracadabra …

La bacchetta di Mago Merlino potrebbe avere fatto comparire, come d’incanto, dodici grandi fotografie che ci portano nella storia del teatro. Quella vera.

Scatti del nostro Marco Caselli Nirmal, che, come il Signore di Firenze, oserei definire il Magnifico, lasciatemene la licenza (pensando, ovviamente, non al senso originario dell’appellativo di Lorenzo legato alla sua massima carica di Gonfaloniere di Giustizia ma al suo raffinato gusto per le arti e la bellezza).

Questi volti, che non necessitano di parole, arrivano dritto al cuore su un’elegante carrozza trainata da cavalli bianchi direttamente dall’archivio fotografico della Fondazione del Teatro Comunale ”Claudio Abbado”, dodici ritratti fotografici opera di Caselli Nirmal. Per la precisione, dodici trovano posto alla Rotonda, altri sei si affacciano sospesi e mobili sotto le arcate del portico, ad accogliere gli spettatori all’entrata del Teatro. Re e Imperatori. Gigantografie, di nome e di fatto. Grandi i volti, grandi i nomi: protagonisti della regia teatrale del Novecento e dei primi decenni di questo secolo. L’avanguardia, la tempesta e l’impeto. Il Genio e la sregolatezza.

Le rughe di quei visi parlano, sono esperienza, sapienza, conoscenza, espressioni di tempi che furono. Sono Arte.

Tadeusz Kantor, Eugenio Barba, Carmelo Bene, Peter Stein, Robert Wilson, Peter Brook, Lindsay Kemp, Luca Ronconi, Egisto Marcucci, Marco Martinelli, Leo De Berardinis, Giorgio Barberio Corsetti, Dario Fo, Carlo Cecchi, Mario Martone, Toni Servillo, Daniele Abbado e Moni Ovadia.

Testa all’insù, sguardi che si perdono, ammiriamo en plein-air autentici giganti del rinnovamento teatrale, personalità straordinarie ed eclettiche, diverse l’una dall’altra, accomunate dall’autore e dall’occasione della ripresa: la presenza a Ferrara per spettacoli memorabili o incontri con il pubblico. Quelli che si ricordano.

Una galleria all’aperto nel cuore del teatro, ideata da Giuseppina Benassati, per rendere visibile su scala urbana una piccola, importante, porzione del patrimonio fotografico che, conservato dall’istituzione all’interno dei propri spazi (non a caso, la mostra era stata inaugurata, il 26 novembre scorso, al termine del convegno internazionale La fotografia di teatro: attualità e potenzialità degli archivi fotografici), riconquista un rapporto diretto con la città attraverso i sembianti di uomini illustri.

Non un pantheon allestito con immagini stereotipate, ma un vivido susseguirsi di volti ognuno dei quali si dà, grazie alla capacità interpretativa del fotografo, come vera e propria entelechia, una sorta di essenza intesa come assoluta singolarità, per usare la felice definizione del ritratto fotografico proposta da Leonardo Sciascia.

Marco Caselli Nirmal

E Caselli Nirmal, ferrarese classe 1957, architetto che ha collaborato con la designer Nanda Vigo e poi fotografo dal 1977, è ormai divenuto massima espressione del rapporto fotografia-teatro, nelle sue caratteristiche di evento e di spazio scenico. Un talento che ci affascina. Testimone di quell’essere in atto che è la fotografia.

Le sue immagini accompagnano gli spettacoli teatrali da lungo tempo.

Ci sono i colori, i volti, i salti, i movimenti, i piccoli gesti, le luci e le ombre, abilmente colti e fermati nei loro attimi più significativi e intensi a farci ritrovare nelle dimensioni del sogno e della fantasia. Con la libertà di sentire ciò che si vuole.

Nella Rotonda, pertanto, ci si muove godendo la vista di una sorta di ”galleria di uomini illustri”, molti dei quali scomparsi, che della tradizionale iconografia mantiene, e solo parzialmente, la sequenza dell’allestimento: ritratti verticali giustapposti entro nicchie, delimitazioni spaziali volutamente adottate in antitesi a personalità che del teatro hanno sovvertito, dilatato, rifondato spazi e rapporti.

Spesso si tratta di volti con lo sguardo rivolto verso il basso, a rammentarci quanto il teatro ci guardi e ci ri-guardi e la visione attenta ne sia una delle componenti essenziali. ”E quando gli uomini scelgono di vedere, quell’attimo è grandioso, luminoso nella tenebra del conformismo, dell’indifferenza, dei ruoli, delle funzioni. Quell’attimo c’è e si sente. Le immagini che continuano a vivere nel tempo sono costruite intorno a quell’attimo e la loro vita continuerà fino a quando ci saranno occhi a guardarle” (Leonardo Sciascia, Sulla fotografia). “Entelechia”, dunque, scriveva Sciascia: il ritratto fotografico è “come un consegnarsi a mano altrui: al destino, alla morte, a Dio. E all’ignoto sé stesso”. I piani di pensiero si incastrano, si sovrappongono, diventano una superficie unica.  Partendo dall’aneddoto riportato da Roland Barthes che aveva ritrovato l’intero di quello che sua madre morta era stata, in una foto che la ritraeva bambina, Sciascia osservava: c’erano in quell’immagine “il presente di quando la fotografia è stata fatta, il futuro che è diventato passato, il tutto che la morte ha concluso”. Su un cartoncino sbiadito, un “sortilegio di contrazione del tempo, sul punto della dissolvenza e dell’oblio: e appunto perciò investito da un estremo fulgore. Qui giunti, niente è precluso. Nulla è più vicino all’abolizione del tempo, tra le rappresentazioni che l’uomo sa dare della propria vita, della fotografia; ma al tempo stesso nulla ne è più lontano”. Lo scatto che imprigiona un istante si traduce in “una guerra contro il tempo: non illustre, umile e quotidiana piuttosto”.

E quelle vite che ci osservano sono lì, quasi a tenersi per mano in un amorevole girotondo che la passione per l’arte tiene unite saldamente, ci saranno sempre.

Con una piccola provocazione che vuole essere un gentile invito: attendiamo i volti di altrettanto illustri artiste donne.

LE FOTO ESPOSTE ALLA ROTONDA FOSCHINI

LUCA RONCONI


ROBERT WILSON

 

 TADEUSZ KANTOR

 

CARMELO BENE

 

PETER STEIN

 

EGISTO MARCUCCI

 

EUGENIO BARBA

 

GIORGIO BARBERIO CORSETTI

 

LINDSAY KEMP

 

LEO DE BERARDINIS

 

MARCO MARTINELLI

 

PETER BROOK

Tutte le immagini sono di Marco Caselli Nirmal, ne è vietata la riproduzione senza il consenso dell’autore.

MARCO CASELLI NIRMAL

Collabora con i maggiori artisti italiani e internazionali oltre che con teatri, centri d’arte contemporanea, rassegne e premi, orchestre, case discografiche, compagnie teatrali e di danza, centri di produzione teatrale, festival musicali e teatrali in Italia e all’estero. 

Nel 1981 avvia una significativa collaborazione con Paolo Natali, etnomusicologo e vicedirettore del Teatro Comunale di Ferrara, con il quale allestisce la mostra documentaria dedicata a Béla Bartók; collaborazione che continua fino alla scomparsa prematura di Natali, nel 1986.

Dal 1990 è stato fotografo ufficiale del maestro Claudio Abbado in numerose tournée concertistiche. Sua la documentazione fotografica del nuovo Auditorium del Parco di Renzo Piano, sorto all’interno del parco del Forte spagnolo a L’Aquila, da un’idea di Claudio Abbado, inaugurato nel 2012

Nel corso di oltre quaranta anni di attività, ha raccolto e organizzato un archivio fotografico poderoso, che raccoglie una memoria teatrale che spazia fra i diversi generi dello spettacolo dal vivo, comprendendo le maggiori esperienze artistiche di fine Novecento e del nuovo millennio: dal Living Theatre a Tadeusz Kantor, da Claudio Abbado a John Cage, da Luca Ronconi a Nekrosius, da Marco Paolini a Umberto Orsini, da Roberto Benigni a William Forsythe, Fabrizio Gifuni, Babilonia Teatro, Socìetas Raffaello Sanzio, Pina Bausch, Marina Abramovic, Sasha Waltz. Un archivio che raccoglie la documentazione fotografica di circa 10.000 spettacoli per un totale di circa un milione scatti.

Svolge occasionalmente attività di formazione, ha collaborato con il Dipartimento di Architettura e Analisi della Città/UNIROMA, Facoltà di Magistero Università di Siena, Brookes University di Oxford, facoltà di Architettura.
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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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