Pubblicato il 12 Febbraio 2023

Frontiere aperte per i disertori
(in appendice un podcast sui disertori in Ucraina)

Frontiere aperte per i disertori
(in appendice un podcast sui disertori in Ucraina)

Pubblicato il 12 Febbraio 2023

Tempo di lettura: 3 minuti

Frontiere aperte per i disertori

di L’ideota (da pressenza del 09,02.2023)

Una delle cose più abominevoli della guerra è costringere qualcuno a uccidere o farsi uccidere.

Tempo fa leggevo un articolo sullo stress post-traumatico di tanti reduci del Vietnam ricoverati in reparti psichiatrici. Una generazione è stata annichilita.

Dopo l’esplosione di una violenza istituzionalizzata e considerata presentabile nella buona società americana, molti reduci sono implosi, schiacciati dal peso dei loro incubi.

Il trauma dei soldati è analizzato nel film Full Metal Jacket. Parla di Vietnam, ma è una finestra su tutte le guerre. È un racconto feroce di quello che ti aspetta durante l’addestramento e mentre infuria la battaglia. In quei contesti rimane a galla chi si rifugia nell’annullamento di sé per trasformarsi in una macchina. Chi non ci riesce sprofonda nel delirio. Ma anche i soldati che mantengono un precario e contraddittorio equilibrio perdono qualcosa per sempre, persino quando sopravvivono, persino quando riescono a immergersi in una disperata apatia. Magari tornano a casa, ma sono rassegnati alla brutalità del mondo.

Non entro nei dettagli per non rovinarvi il film. Va guardato. Io l’ho visto tutto d’un fiato, malgrado qualche cedimento emotivo di fronte alle sequenze più crude.ucciderearmi

La verità è che non sopporto l’idea di un’arma da fuoco nelle mie mani, neanche come astrazione confinata nell’iperuranio, nemmeno come riflessione filosofica durante un cineforum o come ipotesi enigmistica in un gioco di società.

Non reggo l’idea di toccare fucili o pistole in nessuna situazione, anche se sto affrontando l’argomento proprio ora, in preda a un attacco di autolesionismo. Mentre scrivo, tento di sopprimere l’immagine dell’arma nel mio pugno, ma il mio flusso di coscienza è indisciplinato. Ricado nella condizione paradossale di chi cerca di non pensare al porpora e quel colore, come per dispetto, diventa un chiodo fisso.

Vista la mia curiosa idiosincrasia per stragi e cose simili, posso vagamente intuire l’abissale sconforto dei giovani russi e ucraini mandati a combattere contro la loro volontà. Al loro posto mi ubriacherei a morte durante il viaggio verso la prima linea.

Le alternative esistono: scappare chissà dove, oppure ribellarsi a viso aperto, subire un arresto e finire in carcere, per poi subire i soprusi di guardie poco compassionevoli in celle sovraffollate. Sono da mettere in conto anche le torture.

Durante la guerra, la retorica patriottarda scorre a fiumi e la diserzione diventa il tradimento supremo. Non puoi aspettarti di essere trattato con i guanti, se getti il fucile in un fosso di fronte al generale.

Avrei il coraggio di essere un oppositore che sfida il sistema a viso aperto e si prepara ad affrontare terribili conseguenze?
Difficile rispondere. Non voglio conferire a me stesso premi e attestati di merito psichici per atti eroici che non ho commesso. Forse, semplicemente, tenterei la fuga insieme a una moltitudine.

So solo che non potrei combattere. So solo che tante persone si oppongono, si sottraggono alle armi, disertano, ma al loro posto non saprei dove scappare, perché qualsiasi cartina geografica mostra con implacabile chiarezza che esistono Stati e confini.

Dobbiamo offrire un rifugio a chi brucia la divisa, invece di raggiungere nuove vette di perfezione nel voltare la testa dall’altra parte. Apriamo le nostre deplorevoli frontiere per proteggere i disertori russi e ucraini.

Facciamo risuonare il nostro barbarico yawp sui tetti del mondo per chiedere che ottengano lo status di rifugiati.

La scelta di non combattere deve diventare un diritto umano.

Finora questo tema è rimasto troppo ai margini del dibattito pubblico.

Portiamola avanti come si deve, senza dimenticare le basi, questa lotta antimilitarista.

L’Ideota
Classe 1973. Sono uno scrivente che ha fatto di tutto: articolista per giornali e riviste (Left per esempio), editor, ghost writer, autore di quarte di copertina per manuali universitari, compilatore di schede per saggi sull’arte e persino scrittore di racconti posizionati sulle etichette di bottiglie di vino. Da diversi anni sono volontario di Emergency. Antifascista da sempre, anarchico dal 2020. Odio i CPR e sogno l’abolizione del carcere. Nel mondo reale sono moderatamente noto come Danilo Zanelli, ma sul web sono L’Ideota, un autore satirico cupo, malinconico e malmostoso.

Appendice

Guarda L’articolo e ascolta il podcast:
Intervista di Radio Capital a Valerio Nicolosi sulla situazione dei disertori in Ucraina

 

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica dell’oggetto giornale [1], un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare il basso e l’altocontaminare di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono” dentro e fuori di noi”, denunciare il vecchio che resiste e raccontare i germogli di nuovo,  prendere parte per l’eguaglianza e contro la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo..

Con il quotidiano di ieri, così si dice, ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Tutto Periscopio è free, ogni nostro contenuto può essere scaricato liberamente. E non troverete, come è uso in quasi tutti i quotidiani,  solo le prime tre righe dell’articolo in chiaro e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori) a tutti quelli che coltivano la curiosità, e non ai circoli degli specialisti, agli addetti ai lavori, agli intellettuali del vuoto e della chiacchera.

Periscopio è di proprietà di una S.r.l. con un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratico del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome ferraraitalia [2], Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Conta oggi 300.000 lettori in ogni parte d’Italia e vuole crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma anche e soprattutto da chi lo legge e lo condivide con altri che ancora non lo conoscono. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Francesco Monini

[1] La storia del giornale è piuttosto lunga. Il primo quotidiano della storia uscì a Lipsia, grande centro culturale e commerciale della Germania, nel 1660, con il titolo Leipziger Zeitung e il sottotitolo: Notizie fresche degli affari, della guerra e del mondo. Da allora ha cambiato molte facce, ha aggiunto pagine, foto, colori, infine è asceso al cielo del web. In quasi 363 anni di storia non sono mancate novità ed esperimenti, ma senza esagerare, perché “un quotidiano si occupa di notizie, non può confondersi con la letteratura”.

[2] Non ci dimentichiamo di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno il giornale si confeziona. Così Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it


Commento

  • articolo che crea equivalenze inaccettabili: la situazione dei russi non è la stessa degli ucraini! Chi tortura, chi massacra i civili sono i soldati russi, non gli ucraini. Tra gli ucraini ci potranno essere obiettori, non disertori, che contribuiscono in altro modo alla resistenza contro gli aggressori nazi-fascisti di Putin. Però è un articolo che può piacere molto agli amici di Putin, come ad esempio Berlusconi, viste le sue vergognose dichiarazioni di oggi. Non credo che ci sia da esserne fieri.

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