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Ferrara film corto festival

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Ospitiamo volentieri una interessante riflessione di Ruggero Veronese sul degrado delle periferie, del Gad in particolare, e sul plateale fallimento del ‘metodo naomo’ e più in generale sull’azione antidegrado su cui si fondava nel 2019 gran parte della campagna elettorale dell’allora minoranza. Dice in sostanza Veronese, con un lodevole spirito bipartisan: dove Tagliani e le giunte di Centrosinistra avevano tentennato e preferito non agire,  in quattro anni il Governo di Destra Fabbri-Lodi si è limitato agli annunci, ai blitz da trasmettere sui social e a moltiplicare le cancellate. Conclusione: il problema del disagio sociale e del degrado invece di ridursi, si è ingigantito e incancrenito. Anche se oggi non fa più notizia.
Siamo davvero a un punto di non ritorno? Fra meno di un anno si andrà a nuove elezioni, la speranza è che qualcuno – fuori o dentro i partiti – affronti seriamente questo tema così doloroso per tanti concittadini, non con proclami demagogici ma con proposte concrete, realistiche e inclusive.
Francesco Monini

Punto di Non Ritorno

di Ruggero Veronese

Secondo un vecchio detto le cose devono peggiorare, prima di poter migliorare. Più peggiorano, più possono migliorare. Se poi la situazione precipita e si incasina fino ad arrivare al punto di non ritorno, tanto meglio: ancora più eroico e salvifico sarà l’intervento di chi interverrà in cerca di una soluzione. Fosse anche una soluzione imperfetta, un tentativo qualunque, un rimedio tampone.
D’altra parte – si dirà – la situazione è già compromessa.
Il punto di non ritorno è già oltrepassato.

A volte è questa la sensazione che provo osservando le mirabolanti operazioni dell’amministrazione Fabbri, e in particolare del suo principale frontman, primo solista e uomo immagine, il vicesindaco Nicola Lodi.

Chi ha seguito l’avvento e l’avventura politica del buon Naomo – e non ha gli occhi completamente foderati di prosciutto ideologico – si è accorto molto presto di una cosa: il vicesindaco è uno di quei politici che ha il costante bisogno di muoversi all’interno di una crisi. Di piombare come/con una ruspa su situazioni di esplicito e palese degrado, trascuratezza e illegalità, situazioni ormai così irrimediabilmente compromesse da rendere accettabile o addirittura auspicabile qualunque soluzione, dai ‘calci in culo’ contro gli immigrati alla demolizione in diretta del campo nomadi, con tanto di riprese abusive col drone.
Tanto a quel punto vale un po’ tutto.

Col passare degli anni e la progressiva istituzionalizzazione di Lodi, il Metodo Naomo ha assunto diverse forme, si è un po’ smussato, ma l’elemento cardine resta inalterato: la costante presenza di una situazione di disordine, a cui contrapporre un rimedio spettacoloso e muscolare. Possibilmente in diretta social. Possibilmente in polemica con qualche iper-schierato avversario politico in consiglio comunale e/o su Facebook.

Ad ogni modo, diversamente da buona parte delle persone che leggeranno queste parole, non penso che questo approccio sia sempre sbagliato. Certo, mi fa rabbrividire la spettacolarizzazione che il vicesindaco fa di ogni sua azione, le dirette social per additare pubblicamente e bullizzare i suoi contestatori, la violenza intrinseca in molte sue dichiarazioni entrate nelle opinioni dei ferraresi, poi fatte passare per semplici iperboli e boutade. Ma credo anche che in certi casi, ad esempio nei giardini del Grattacielo, si sia effettivamente registrato un miglioramento dopo anni di innegabile degrado, anche per effetto di alcune iniziative della nuova maggioranza.

In fin dei conti Lodi è stato il politico più votato a Ferrara proprio in virtù di quello stile e approccio in totale antitesi con l’elitarismo e il bon ton della sinistra ferrarese, percepiti ormai da molti cittadini come forme di indolenza e passività di fronte alle nuove dinamiche sociali. In questo senso non si può dire che non abbia mantenuto, almeno in parte, ciò che prometteva ai propri elettori: cambiare registro rispetto agli anni del Pd, raddrizzando le storture a suon di martellate.

Ma un po’ come la sinistra non ha potuto vivere di rendita sulla propria gloria passata, oggi nemmeno la Lega e i suoi alleati possono campare in eterno sui demeriti altrui. Sono passati tre anni e mezzo dall’elezione di Fabbri e anche per la nuova amministrazione i nodi iniziano ad arrivare al pettine: giorno dopo giorno i veri o presunti errori della sinistra scivolano in secondo piano, per far posto all’incapacità di trovare soluzioni da parte dell’attuale maggioranza. Incapacità non solo nelle questioni in cui Tagliani se la cavava piuttosto bene (come l’insediamento di imprese al petrolchimico e nelle aree industriali, uno dei punti dolenti dell’amministrazione Fabbri che potremmo pagare a caro prezzo nei prossimi anni), ma anche su quelli che dovrebbero essere i cavalli di battaglia delle politiche leghiste: la lotta al degrado, allo spaccio e alla microcriminalità.

In questi ultimi tre anni il recupero delle periferie da parte dell’amministrazione Fabbri è costellata da rumorose vittorie e silenziose, silenziosissime ritirate.
Prendiamo la situazione nel quartiere Gad, il più affidabile termometro sociale di Ferrara da 15 anni a questa parte: si può davvero parlare di una riqualificazione riuscita? Personalmente, non credo: le azioni di Fabbri e Lodi hanno sicuramente avuto un effetto positivo in alcuni dei punti più esposti e dove i problemi erano più evidenti (in particolare l’area tra il Grattacielo e il piazzale della stazione), ma nel resto del quartiere la situazione non è cambiata granchè. In alcuni casi non è cambiata affatto. A volte è addirittura peggiorata.
Esattamente come quattro anni fa, il Gad è ancora il principale punto di spaccio della città. Il valore immobiliare rimane ai minimi storici, la maggioranza delle saracinesche dei negozi sono state definitivamente chiuse. Molte attività che fino a qualche anno fa provavano a resistere, anche in feroce polemica con l’amministrazione Pd, oggi hanno definitivamente alzato bandiera bianca.
Non si lamentano più semplicemente perché non esistono più.
Esattamente come quattro, o sei, o nove anni fa, chi vive in Gad può assistere quasi quotidianamente a fragorose liti tra spacciatori sulle mura o nelle vie attorno allo stadio, e spesso quando porta fuori il cane si ritrova a declinare gentilmente – io almeno cerco di farlo gentilmente – l’offerta di chi gli vuol vendere un pallino a venti euro.

No, la situazione non è cambiata granché. Quella che è cambiata, forse, è la nostra sensibilità al tema del degrado, il fatto che ormai iniziamo a fare il callo ad alcune dinamiche tipiche della nostra epoca. Certe cose non sono più una novità, non fanno più notizia. E dove prima molti vedevano una colpa della politica, del sindaco, del partito, ora scorgono solo un inevitabile segno dei tempi che cambiano.
Nel frattempo il famigerato degrado, lontano dai riflettori mediatici e dai post di qualche geniale addetto alla comunicazione, continua ad avanzare. Lentamente, nei sottoscala di piazzale Castellina e tra le ombre dei parchi troppo a lungo trascurati.

Fino al punto di non ritorno.

Fino al prossimo intervento show.

Oggi è il turno di Parco Giordano Bruno, a due passi dallo stadio: completamente abbandonato a se stesso per quasi quattro anni, viene definitivamente chiuso da un lato e recintato dall’altro. Ufficialmente, per contrastare i fenomeni di criminalità. Per impedire la fuga degli spacciatori dal lato opposto quando le volanti arrivano a fare i controlli.
Sinceramente non ho mai capito cosa impedisca alle forze dell’ordine, molto banalmente, di bloccare e controllare due accessi contemporaneamente. Problemi di coordinamento? Scarsità di mezzi o risorse? Spacciatori in grado di mimetizzarsi nell’ambiente circostante? Ho l’impressione che qualunque risposta mi inquieterebbe.

Quello che so con certezza è che questa chiusura rappresenta la definitiva resa di Fabbri e Lodi di fronte ai fenomeni di degrado. Il momento in cui cade il bluff: il ritorno alla normalità che era stato promesso non arriverà mai.
In questi anni il parco non è stato rivitalizzato, ma lasciato morire. Non è stata rinnovata la concessione del campo da pallavolo (negli ultimi anni  letteralmente sepolto dalla vegetazione) ed è stata ordinata la demolizione del chiosco Mac Murphy, unica e ultima attività imprenditoriale ed economica, oltre che ultimo presidio di vita e socialità nella zona. Sono lontani in tempi in cui la Lega si scagliava contro il Pd per la chiusura dei chioschi sulle mura, a poche centinaia di metri dalle nuove recinzioni, sottolineandone l’importanza aggregativa e sociale. Oggi i gestori delle attività circondate dai fenomeni di degrado vengono – più o meno implicitamente – additati come responsabili della situazione che si è sviluppata attorno a loro. Come truppe sacrificabili che, dopo essere rimaste bloccate troppo tempo al fronte, vengono investite dal fuoco amico.

Il risultato è che se durante gli ultimi, contestatissimi, anni dell’amministrazione Tagliani il parco era ancora una zona per così dire contesa, in bilico tra fenomeni di degrado in aumento e una quotidianità che cercava di resistere, dopo l’elezione di Fabbri è finito completamente in mano ai gruppetti di spacciatori che oggi, applicando il Metodo Naomo, ne giustificano la chiusura.
Una politica antidegrado a cui occorre un costante aumento del degrado. Come un cane che si morde la coda.
Perché le cose devono peggiorare, prima di poter migliorare. Fino al punto di non ritorno.
Fino al punto in cui ogni soluzione è buona.

In Copertina: il vicesindaco di Ferrara Nicola Naomo Lodi in posa davanti alla nuova cancellata del Parco Giordano Bruno (immagine tratta dalla pagina fb del vicesindaco)

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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