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Ottimo consiglio quello di Giangi Franz, lanciato via social, di leggere l’intervista di Fabrizio Barca a Gea Scancarello e pubblicata su Business Insider Italia. L’incipit è già un programma: “Oggi la sinistra è più moderata dei liberali: mancano i valori e una classe dirigente capace”. Un titolo che sembra cadere a fagiolo su un dibattito aperto anche a Ferrara, all’indomani dello storico risultato del ballottaggio alle elezioni amministrative di domenica 9 giugno.

Giuro che ignoravo quest’analisi quando ho scritto il pezzo che Ferraraitalia ha pubblicato con il titolo: “Voto e discernimento: strumenti democratici contro l’internazionale sovranista”, ma conforta verificare che la ben più autorevole lettura della realtà dell’ex ministro per la coesione territoriale del governo Monti, non fa sembrare frutto di allucinazioni le righe che ho messo in fila lo scorso 7 giugno. “Quando si raggiungono certi livelli di disuguaglianze e il malessere è così diffuso – dice Barca – l’idea stessa del capitalismo non può reggere, perché il capitalismo dà il meglio di sé quando è stimolato dalla riduzione delle disuguaglianze”.

A scanso di equivoci, il cofondatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, è perfettamente consapevole che “il capitalismo è sfruttamento per definizione”, ma subito dopo aggiunge che “è questione di bilanciamenti”. È l’antico adagio socialdemocratico del tosare la pecora. Se quindi da decenni si sono prodotte disuguaglianze mai viste prima è perché “sono state fatte scelte politiche sbagliate”. Anziché tosarla, la pecora è stata pettinata.

E qui arriviamo al cuore delle critiche mosse alla sinistra. “La prima è culturale: 30 anni fa, non ieri, molti partiti socialdemocratici – afferma – hanno comprato l’ideologia del “Non c’è alternativa: il capitalismo è uno solo” e se si pensa che non ci siano più i margini per lavorare sui meccanismi di formazione della ricchezza, non lo faccio; non per interesse ma perché mancano i valori”. La seconda è rivolta alle classi dirigenti: “quelle venute su in questi 30 anni sono state selezionate su questo credo, senza più la convinzione di un cambiamento che toccasse i sentimenti delle persone”. Di questo passo i partiti sono diventati “non valoriali”, quasi ossessionati dalla “mitologia del centro”, del “bisogna governare”, dei governi del fare, lasciando stare le visioni. Se si concorda che il ragionamento fila, si può osare un passo avanti.

Si discute, comprensibilmente, di ripartire in casa Pd dopo la caduta di Ferrara, con un dibattito già nelle prime battute plurale di posizioni, opinioni, riflessioni e analisi. Ora, se la questione di fondo è di uscire dallo schema “Non c’è alternativa”, per mettere al centro la necessità di un riequilibrio del sistema capitalista che così com’è non sta in piedi, per la stessa logica capitalista, allora parrebbe logico pensare di trovare un rilancio sfatando quella che Barca chiama la “mitologia del centro”, per riabitare, innanzitutto culturalmente, lo spazio che Bobbio definì quello naturale per la sinistra: l’uguaglianza. Vale a dire quel concetto che sottende un retroterra valoriale, che in questa lunga fase storica è stato svuotato da una drammatica e insostenibile situazione di disuguaglianza e di suicida concentrazione di ricchezza.
Per non parlare della spaventosa concentrazione di potere per il mancato governo dello sviluppo tecnologico e in particolare di internet, che fa dire ad Alex Zanotelli intervistato da Ferraraitalia: “Attraverso i nostri smartphone sanno tutto di noi, ci spiano di continuo. Quelle informazioni sono oro, chi le possiede comanda il tavolo. È ridicolo e grottesco che poi ci riempiono di moduli da firmare a garanzia della privacy”.

Quello di Barca non pare essere il solito appello per una sinistra di testimonianza, dei pochi ma buoni, perché dall’alto della sua osservazione registra che “c’è un pezzo del mondo del business, rappresentato dall’Economist, cioè un giornale liberale, che dice apertamente che così non si può reggere e sta dicendo che è tempo di accettare cambiamenti significativi”. E prosegue citando come esempio concreto l’accordo tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria sulla “necessità di una partecipazione strategica attiva dei lavoratori nelle aziende”, perché “bisogna ridare al lavoro una parola significativa nelle scelte strategiche imprenditoriali”.
Ci sarebbe – così afferma – anche parte del mondo imprenditoriale “che non vuole un mondo autoritario, che ha incassato i benefici di un brutto mondo e adesso si accorge della degenerazione”.
Un segnale che si aggiunge in questa direzione è il documento prodotto dal gruppo socialdemocratico europeo intitolato “Uguaglianza sostenibile”, presentato a Bruxelles il 27 novembre 2018. Fabrizio Barca è inoltre cofondatore del Forum Disuguaglianze e Diversità, impegnato a studiare e proporre soluzioni concrete che restituiscano senso ai concetti di uguaglianza, pari opportunità e dignità del lavoro, garantiti dalla Costituzione.

Una sfida, quella di uscire dal vicolo cieco neoliberista del “Non c’è alternativa”, che si gioca sul piano europeo, ma che non vede completamente disarmati i contesti nazionale e persino locale, tanto che Barca si dice sicuro che “ogni livello ha spazi di manovra: chi dice il contrario semplicemente non vuole cambiare”. Anche il tempo per aprire questi nuovi fronti ci sarebbe e non pare neppure consegnato a un futuro indistinto: “un arco di tempo di tre, cinque anni”, se ci fosse la volontà delle “forze più avanzate della produzione, del mondo del lavoro e della cittadinanza attiva” di costruire nelle città “piattaforme aperte, collettive, tecnologiche e trasparenti”, di avviare “consigli di lavoro e cittadinanza” e di “sperimentare una strategia sulle periferie”. Un insieme di azioni “che farebbe la differenza e costruirebbe un’alternativa, che diverrebbe poi anche un’alternativa elettorale”.

Senza sapere leggere né scrivere, io un orecchio lo presterei a queste proposte, studiandoci sopra e magari invitando anche gente così a un congresso o a un convegno, giusto per avere un’idea di come ripartire dopo una sconfitta, si dice, non qualunque. Altrimenti occorre prepararsi a “una spirale di meno libertà, meno crescita e più disuguaglianza – è la conclusione – in cui vince il peggio del nostro paese, non il meglio”.

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Francesco Lavezzi

Laurea in Scienze politiche all’Università di Bologna, insegna Sociologia della religione all’Istituto di scienze religiose di Ferrara. Giornalista pubblicista, attualmente lavora all’ufficio stampa della Provincia di Ferrara. Pubblicazioni recenti: “La partecipazione di mons. Natale Mosconi al Concilio Vaticano II” (Ferrara 2013) e “Pepito Sbazzeguti. Cronache semiserie dei nostri tempi” (Ferrara 2013).

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Caro lettore

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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