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Dietro le quinte della guerra e pace di Trump

Dietro le quinte della guerra e pace di Trump

Per comprendere la guerra lampo e il cessate il fuoco tra Iran e Israele imposto da Trump, è bene capire ciò che sta accadendo ai tre principali Stati del mondo: il capitalismo degli Stati Uniti, i capitalismi monopolistici di Stato cinese e russo. Membri permanenti del consiglio di sicurezza ONU insieme a Francia e UK (anch’esse potenze nucleari) che hanno perso però ogni ruolo statuale immersi nella palude della incompiuta UE.

Il capitalismo Usa ha avviato dal 1999 una nuova fase di accumulazione in cui finanza e de-localizzazione delle manifatture Usa in Cina, avrebbero aumentato molto i profitti. Per questo serviva abolire (1999) il Glass-Steagal Act che Roosevelt volle nel 1933 proprio per far fronte alla crisi del 1929. La finanza ora domina le manifatture (delocalizzate in Cina) per estrarre più profitti.

Profitti, borse e miliardari come mai visti ma con effetti collaterali sottovalutati:
a) la crescita della povertà in America;
b) far alzare in piedi il mostro cinese (che dormiva) e che ora spaventa non poco.
Trump è stato votato per svoltare, rifare “grande un’America” che non ha più fabbriche, anche solo per rifornire di munizioni in una guerra convenzionale con la Cina.

Trump sa che solo con l’aiuto della Russia (potenza euro-asiatica rinata in un’ottica imperialista con Putin) la Cina si può tenere a bada. Ciò spiega il suo interesse ad accordarsi con la Russia (non solo sull’Ucraina ma sull’Artico e il Grande Medio Oriente), la quale, sfruttando gli errori della politica estera neocon americana e l’allargamento ad est della NATO, ha aggredito l’Ucraina. L’avrà concordato con la Cina? E’ probabile.

Giulio Sapelli spiega Nella storia mondiale. Stati, mercati, guerre (Guerrini e associati, 2021) come il modello americano di esportazione della sicurezza e del dominio economico con le armi e i regime change sia stato non solo disastroso ovunque (America latina, Africa, Medio Oriente, Afghanistan) andando incontro a severe sconfitte militari, ma avrebbe dato l’opportunità a Russia e Cina di “sconfinare” (oggi in Ucraina, domani a Taiwan).

L’errore di non stabilizzare il mondo, dopo il crollo dell’URSS, con un accordo degli americani che avrebbe dovuto coinvolgere anche la Russia e la Cina, è alla base dell’attuale disordine, tanto più che dal 2009 Cina e Russia si sono messi “in proprio” costruendo un’alternativa agli USA coi BRICS.

Sappiamo quanto Trump sia oggi pressato dal suo stesso movimento MAGA a cui aveva solennemente promesso “mai più gli Stati Uniti in guerra”. Per questo Trump ha ripreso la politica estera basata sul realismo (à la Kissinger) e abbandonato quella dei “diritti umani” dei Dem (Obama, Biden). iran, in quanto i sunniti (guidati dall’Arabia Saudita) sono da anni in affari con gli americani e sostengono coi loro fondi finanziari molte multinazionali (e di recente hanno fatto accordi per mille miliardi) e l’Iran (sciita) è comunque un alleato della Russia con la quale non si vuole rompere, sperando che in futuro le mire della Cina sull’Artico e la Siberia possano portare a un conflitto tra i “grandi amici”. Così come non vuole abbandonare Israele in quanto enormi sono le pressioni negli Stati Uniti della lobby ebraica sulla politica estera americana.

E poi l’Iran non è così isolato come si vuol far credere. Oltre ai suoi 90 milioni di abitanti ha un Iraq vicino dove un terzo del suo territorio è controllato dai miliziani dello Stato islamico e una volta che l’Iraq avrà sconfitto l’ISIS, sarà alleato dell’Iran. I ribelli Houthi (sciiti appoggiati dall’Iran) potrebbero conquistare lo Stato Yemen e comunque dispone di migliaia di fanatici esaltati disposti a farsi saltare in aria nelle piazze europee. La futura probabile alleanza Iraq-Iran-Yemen mette a rischio gli equilibri del Grande Medio Oriente.

Trump è più interessato a rilanciare il capitalismo americano (in crisi) che ha prodotto povertà diffusa nel suo stesso paese e spera in una nuova fase di ricostruzione immobiliare (dal Grande Medio Oriente all’ Ucraina) ad occupare l’Artico con l’amico Putin.

Per questo serve più la pace che la guerra. A distanza segue quanto accade nel Grande Medio Oriente (dove non ha un ruolo) la Cina che tesse la sua tela di ragno di alleanze per indebolire l’attuale imperatore (USA) e in aprile 2024 a Qingdao (Cina) ha ospitato 20 eserciti navali per “prevenire conflitti” (incluse Russia e USA) secondo la sua teoria del multilateralismo.

A Trump serve riarmare la UE, con alla testa una Germania, che per riarmarsi abbandona la storica austerità che ha imposto per 25 anni a se stessa e alla UE, impedendo gli eurobond e quello sviluppo della domanda interna che ha scassato il welfare. Oggi, indebolita dalla rottura dei rapporti con Russia e Cina, potrà riarmarsi come Stato (e con acquisti consistenti dagli USA).
Trump è convinto che non conterrà nulla sul piano internazionale come la UE, evirata dagli stessi americani, come entità statuale. Il riarmo porterà a nuove divisioni tra Stati europei (benvenute per gli americani) che hanno come alleato più fedele la Polonia col suo nazionalismo anti-russo. Poco importa a Trump (anzi) se non è una democrazia (come aveva dichiarato il commissario Ue Didier Reynders nel 2020).

E l’Europa? Non ha carte, per usare il linguaggio ruvido di Trump, è fuori da ogni gioco e qui sta il suo grande peccato di omissione da servo sciocco. Perché solo un’Europa unita e indipendente può stabilizzare il mondo. Obnubilata dalla guerra di aggressione imperialista russa all’Ucraina è ormai al seguito degli Stati, come la Polonia, anti-russi. Il disegno lungimirante di Charles De Gaulle era di un’Europa che va fino agli Urali (e include il dialogo con la Russia), la quale, potenza euroasiatica, se non guarda all’Europa si sposta verso la Cina. Per questo sarebbe importante ristabilire un dialogo con la Russia, che non sarà sempre Putin.
Ma si va in direzione opposta. Ce ne pentiremo quando sarà troppo tardi.

Cover: immagine di mastercoachitalia.com

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
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