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E mentre ascolto la Divina Maria gareggiare con la ‘popputa’ Netrebko (Aspesi dixit) tra Tosca e Mes mi avvio a parlare di un libro importante appena uscito nella nostra Edizione nazionale delle Opere di Canova, le “Lettere 1814” a cura di Carlo Sisi e Silvio Balloni. Il luogo è a Firenze ed è quello dell’Accademia fiorentina che custodisce il David. Da un anno Sisi ne è il presidente. All’arrivo mi rapisce per farmi vedere il gran quadro dei Cinque sensi che ha voluto al sommo della scala. Di scuola ferrarese ‘naturalmente’. Sono emozionato, quasi sull’orlo di una commozione irrefrenabile; vedo infatti la mia casa fiorentina a cento metri dall’Accademia tutta lustra e pettinata e so che l’ho lasciata. Mi raggiunge proprio lì il mio amico e sommo editore Daniele Olschki e mi consegna un libro da lui edito su d’Annunzio e la Commedia dantesca dedicato al ‘Fiorentin fuggiasco’ ovvero a chi scrive queste note. E la commozione cresce. Nella sala del Cenacolo strapiena ritrovo amici, allievi, colleghi d’Università ma il ‘coup de théâtre’ sono le sei principesse, vere, autentiche eredi dei grandi casati fiorentini, di età indefinita. Fanno loro contorno, tra la fitta presenza degli studenti, marchesi e duchi tra cui riconosco il figlio di Memi Ginori che in altri tempi mi offrì una colazione servita nei piatti dalla loro straordinaria fabbrica creati per la regina Margherita. Il mio lato infantilmente snob tra i sorrisi ironici degli amici carissimi si risveglia e mi preparo a una esposizione degna di tal pubblico. E mentre Balloni mi dedica un ringraziamento che – questa volta sì – mi ridà fiducia nell’importanza non artefatta dell’insegnamento mi appresto a gareggiare in ‘scientia et sapientia’ con i curatori e con il grande storico Conti che mi affianca. In prima fila Paola Pinto sorride ai complimenti tutti meritati che Sisi le rivolge parlando del bilico lo strumento che permette di far girare la statua per osservarla dai migliori e più diversi punti di vista e dell’introduzione di questa straordinaria invenzione canoviana per meglio comprenderla e che lei ha fatto rimettere nientemeno alla colossale statua dell’Ercole e Lica nella Galleria romana. Si parla di incendi, il destino incredibile della statua della Sonatrice con i cembali posta al centro della Canova-Saal del principe Razumowsky a Vienna. Il principe già dedicatario del celebre quartetto di Beethoven che porta il suo nome volle illuminarla con un lampadario di più di cento candele che crollò e incendiò il palazzo ma la statua venne salvata perché gettata da una finestra del palazzo in fiamme.
E’ il momento allora di rivendicare i miei crediti con le grandi famiglie che mi hanno dato fiducia e credito. Dagli eredi di Tambroni ancora proprietari di significative testimonianze canoviane ben illustrate dalle lettere canoviane e ancor più dalla mia famiglia adottiva erede di Leopoldo Cicognara, i Giglioli Maffei che da quando ero ragazzo mi hanno aperto l’archivio, la casa e il cuore. Ora una di loro è la mia sorella adottiva e i suoi nipoti sono miei nipoti. O i 25 anni passati a Bellosguardo respirando l’aria di Foscolo e di Canova e dove ancora vive l’altra mia sorella adottiva.

Potrebbero risultare queste note le vicende di una vita privata ma che invece hanno permesso di costruire il nucleo forte dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova. Di riuscire a collegare i maggiori studiosi di Canova e del Neoclassicismo che operano a Bassano, la terza città di cui mi sento cittadino.
Penso allora al significato della cultura nel suo senso che dovrebbe essere il più nobile e nello stesso tempo il più ovvio.
Allora un pensiero inquietante mi assale. Saremo capaci di restituirla agli ‘italiani’ o meglio al mondo?

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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