Skip to main content

L’OTTIMISMO DURA POCO
25 agosto 2019

La disposizione del proprio tempo è un privilegio che, quando mi capita, non so mai bene come far fruttare. Così dopo mille cincischiamenti, decido di smaltire un po’ di entropia e inutile opulenza della casa, preparando dei pacchi di libri e di vestiti da regalare o buttare ai cassonetti.

Siccome nei pacchi preparati, dopo un po’ d’indecisione, vedo due giacche che mi chiedono di non abbandonarle, decido di riprenderle e portarle in tintoria.

Non è un luogo che frequento spesso, ma quelle poche volte che ho portato degli abiti a smacchiare, la tintoria è rimasta nel mio immaginario come un luogo dove delle signore stirano a vapore in piedi tra gli sbuffi di un odore di trielina, anche se spesso c’è un uomo, di solito in posizione defilata, che appende o cerca i vestiti, in genere con qualche difficoltà a ritrovarli.

Oggi, invece, nella prima tintoria aperta, mi accoglie sorridente un ragazzo dall’aria simpatica, sui 25 anni, Alessio.

Alessio parla con un lieve accento romano, ma da come mi spiega la differenza tra la pulizia a secco e quella invece a umido, si capisce che andava bene a scuola.

O perlomeno, questo è il mio primo pensiero, perché anch’io, sotto sotto, ho un’idea che gli orientali siano per lo più degli sgobboni: perché, dimenticavo, Alessio e i suoi compagni di tintoria, vengono tutti dalle parti di Guang Zhou.

Mentre mi spiega i vantaggi del procedimento wet-clean mi accorgo che sulla sua maglietta c’è scritto: “MI SVEGLIO OTTIMISTA, MA POI MI PASSA”.

Mi viene da ridere e indicandola gli dico: “Beh, menomale che sono passato di mattina!”.

E in effetti, Alessio ha l’aria di uno che si sveglia bene e ha voglia di chiacchierare.

Mi dice che è nato in Cina ma che da quando ha tre anni è a Roma ed ha più accento italiano quando parla in cinese, che quando fa il contrario.

Gli chiedo se ha la nazionalità italiana e lui dice che no, perché purtroppo, mi dice, in Cina si può avere un passaporto solo. Perciò bisogna scegliere: se avessi preso quello italiano, e poi da grande (com’è successo a molte persone famose, aggiunge) se volessi ritornare in Cina, non me lo farebbero più cambiare.

“Ma non ti crea problemi lavorare qui da straniero?” “No”, mi dice: “basta avere il permesso di soggiorno e hai tutti i diritti, come un italiano”. ”Allora preferisci così? Non ti senti un po’ insicuro? Le cose potrebbero cambiare…”

Lui fa una faccia pensosa ed esitando un po’ prima di lanciarsi in una battuta, mi dice: “Non saprei…dipende da che ora me lo chiedi!”. Ci facciamo una risata.

Tornerò a ritirare le giacche di sera e vedremo: ma secondo me, a Alessio, l’ottimismo non passa mai.

Salvate le due giacche e dopo aver buttato le cose rotte nei cassonetti, col resto dei pacchi mi avventuro a trovare Isabella e i suoi amici di Emmaus, a via Casale de Merode, verso l’Eur.

Isabella è una donna, anzi direi – al di là dell’anagrafe – una ragazza, decisamente fantastica.

Da anni si occupa di una piccola comunità di gente “in difficoltà” che ruota attorno a un mercatino solidale, ispirato alla geniale figura dell’Abbé Pierre.

Il fatto che una donna sola riesca a farsi rispettare da un numero cospicuo di maschi, con storie di vita e caratteri non certo facili, mi infonde una grande ammirazione. Ma certamente anche è ammirevole il modo in cui questi uomini la rispettano e si guadagnano il rispetto di tutti, per la capacità di uscire da storie in salita dopo pesanti discese,  con la dignità del proprio lavoro.

Ogni volta che vado a trovarli, spesso con la mia amica Silvana, portando qualche pacco di cose per noi non più necessarie o a comprare oggetti che invece ci possono servire (io ci ho comprato dei mobili, un lume e qualche cianfrusaglia) mi sono sentito in una specie di strana famiglia, dove l’ispirazione religiosa – verso la quale ho un po’ di allergia – sparisce in favore di quella sociale e di responsabilità civile.

Non è facile parlare con gli ospiti, a volte un po’ diffidenti, con vite spesso frantumate in pezzi e segnate da grandi dolori. Ma quando capita finalmente di oltrepassare quel muro, viene voglia di approfondire l’amicizia e sapere chi c’è dietro a quel cartellino che dice “persona in difficoltà”.

Oggi per esempio, riesco a finalmente parlare con C., che ha fatto la galera e scontato la sua condanna e ora, che potrebbe finalmente rifarsi una vita all’estero, da un amico che gli ha offerto un lavoro e aperto un nuovo orizzonte, non può avere il suo passaporto per un delirante accanimento burocratico.

“Ho sessant’anni” mi dice: e quando mi ricapiterà un’occasione del genere?”

mi parla di quando era giovane e della bella vita un po’ scellerata di quando aveva soldi per le mani.

“Me la sono goduta, certo, ma l’ho anche pagata. E la sto pagando ancora.”

Ricordando i suoi errori, C. ha ancora un sorriso un po’ malandrino, ma gli occhi dicono qualcos’altro.

Ripenso alla maglietta del giovane tintore cinese.

Anch’io mi sono svegliato ottimista. Ma poi, garantito, mi passa.

(domani, 26 agosto, ultimo capitolo)

Per leggere tutti insieme i capitoli del Diario di Daniele Cini:

Diario di un agosto popolare


Oppure leggili uno alla volta:

ANDARE PER STRADA E ASCOLTARE LA VITA

STRANI STRANIERI

CORPI DIMENTICATI

NELLA CITTA’ DESERTA

COCCIA DI MORTO

FINCHÉ C’É LA SALUTE

LA BOLLA SVEDESE

STELLE CADENTI

LA METRO, IL BUS E LO SCOOTER

FREQUENZE DISTORTE

CANNE AL VENTO

L’OTTIMISMO DURA POCO

LA TORBELLA DI ADAMO

tag:

Daniele Cini

è regista e autore. Dagli anni Ottanta Collabora continuativamente come regista con i programmi più importanti della Rai e realizza reportage in vari paesi del mondo. Nella fiction cura la regia di serie televisive, come “La Squadra”. Per il cinema firma il film “Last Food”, il mediometraggio “Zittitutti”, e due episodi nei film collettivi “Intolerance” e “All human rights for all”. Tra i documentari: “Sogni.com” per Rai Fiction, “Seconda Patria” per History Channel, “Noi che siamo ancora vive” per Rai 3, Globo d’oro nel 2009, “Bambini guerrieri” per Rai 1 e “Hungry and Foolish” per Rai Expo. Nel 2021, in collaborazione con Medici Senza Frontiere, realizza il film documentario “La febbre di Gennaro”, Nel 2022 il documentario “Il ragazzo con la Leika”, 60 anni d’Italia nello sguardo di Gianni Berengo Gardin, trasmesso su Rai 2. Nel 2004 ha pubblicato per Voland “Io, la rivoluzione e il babbo” e nel 2020 per Giunti “Se son rose sfioriranno” .

Comments (1)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it