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Giorno: 21 Agosto 2016

Comando di Polizia Municipale: esche chiodate rinvenute al Lido Nazioni

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

COMUNICAZIONE DEL COMANDO DI POLIZIA MUNICIPALE:
In Viale Somalia al Lido delle Nazioni sono state individuate e recuperate esche chiodate, che avrebbero potuto comportare grave pericolo per gli animali. Si invitano i proprietari di animali domestici a prestare attenzione e a segnalare eventuali condotte umane perseguibili penalmente. Coloro che sono in grado di fornire indicazioni utili alle indagini, sono pregati di rivolgersi al Comando di Polizia Municipale ai seguenti recapiti: 0533-315380/381. Grazie per la vostra collaborazione!

Lido di Classe, martedì all’alba concerto di Fabio e i Fiori. Fra lunedì e martedì, escursioni nella natura a piedi e in bicicletta

da: organizzatori

Vari appuntamenti fra lunedì 22 e martedì 23: il clou è il concerto all’alba in spiaggia di Fab e i Fiori, martedì 23

Proseguono fino a fine agosto, a Lido di Classe, le attività collegate al Festival Naturae. Fra domani, lunedì 22, e martedì 23 agosto, sono previsti diversi appuntamenti: il clou è certamente il concerto all’alba di martedì 23 agosto – alle ore 6, alla Spiaggia 30 a Lido di Classe. Protagonista del concerto è Fabrizio Barnabè, cantante e chitarrista faentino, alla guida del gruppo FAB e i Fiori (con Libero Foschi alla chitarra, Filippo Gaddoni al basso e Nicola Valtancoli a batteria e percussioni). L’ingresso è libero, per info 340 3553816.

Fra gli appuntamenti più tradizionali, la passeggiata “4 passi nella natura” di domani, lunedì 22, con partenza alle 17 dall’arena del Sole: domani la guida la naturalista Eugenia Bugni, e si intitola “I colori dell’estate”. Rientro previsto per le 19.

Di nuovo martedì 23, ma alle 17, l’ultimo appuntamento con la “slow bike”, biciclettate pomeridiane guidate da Angelo Gasperoni dell’associazione culturale “Umberto Foschi”. Tema della pedalata, “La luce viola del limonio”, nelle anse del Bevano. Al rientro, verso le 19, aperitivo offerto dal Circolo Nautico Le Dune. Info al 338 8408746.

Intervento verde aperte le iscrizioni dal 22 agosto

da: organizzatori

In omaggio il libretto a tiratura limitata dedicato agli oltre trenta giardini visitabili a settembre


Già da lunedì 22 agosto sarà possibile prenotare la propria iscrizione a Interno Verde, la manifestazione organizzata dall’associazione Ilturco che sabato 10 e domenica 11 settembre aprirà eccezionalmente i giardini privati più suggestivi e curiosi di Ferrara. Una bella notizia perché i primi a iscriversi potranno ricevere in omaggio il libretto di ottanta pagine, a tiratura limitata, degli splendidi luoghi che si andranno a visitare, con fotografie e informazioni di carattere botanico, storico e architettonico.

Orti medievali, preziose corti rinascimentali, parchi ombrosi e romantici ma anche piccole oasi fiorite di pace e tranquillità: saranno quasi quaranta i giardini che gli iscritti a Interno Verde potranno visitare durante il weekend, muovendosi a piacimento tra le vie del centro storico, scegliendo il proprio itinerario a piedi o in bicicletta. Trovare i giardini sarà facile grazie alla mappa che verrà consegnata a ciascun partecipante, che comprenderà non solo gli spazi coinvolti nell’iniziativa ma anche il programma degli eventi collaterali: concerti, visite guidate, letture, proiezioni di film e di cortometraggi, mostre di illustrazione e fotografia.

I primi ad iscriversi, oltre alla mappa, porteranno a casa un ricordo tangibile di questa esperienza: il libretto che racconta la peculiarità di ciascun giardino, che raccoglie le immagini e le descrizioni pubblicate online e sui totem informativi presenti in loco.

Per questo tutti gli amanti del verde sono invitati a confermare già da ora la loro partecipazione: il tagliando si può richiedere da lunedì 22 settembre a Ferrara presso la sede dell’associazione Ilturco, in via del Turco 39, luogo che diventerà il cuore di Interno Verde, con infopoint, bookshop e giardino per riposarsi e ristorarsi con qualcosa di buono.
Il tagliando sarà inoltre a disposizione presso il vivaio Zerbini Garden, in via Ravenna 207, l’enobar Maracaibo, in via dei Contrari 13, presso il cacti shop Geometrica Botanica, in via Cosme Tura 2, presso la reception dell’Hotel Santo Stefano, in via Boccacanale di Santo Stefano 21. Per chi abita in provincia saranno a disposizione presso due rivendite dell’azienda Silla, a Copparo in via Torricelli 2 e a Bondeno in via per Zerbinate 7.

Per partecipare è previsto un contributo di dieci euro, valido per entrambe le giornate della manifestazione, che si terrà anche in caso di pioggia. I fondi serviranno che a sostenere questa e ulteriori campagne di sensibilizzazione per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturale. Interno Verde si svolgerà anche in caso di pioggia.

Interno Verde è patrocinato dal Comune di Ferrara e da Ibc Emilia-Romagna, con il sostegno di altraQualità, Emilbanca, Hotel Santo Stefano, Maracaibo, Silla, Zerbini Garden. Partecipano alla sua realizzazione: Amici della biblioteca Ariostea, Arci, Ascom, Centro Idea, Cinema Boldini, Fai Giovani, Garden Club, Geometrica.Botanica, Ibs – Libraccio, Legambiente, Lipu, Listone Mag, Museo archeologico nazionale di Ferrara, Orto Botanico di Unife, Punto3, Ferrara Off, Urban Center, youngERcard.

Nota per incontro del 20 agosto 2016 Istituzione Scolastica

da: Direttore della Istituzione dei Servizi Educativi, Scolastici e per le Famiglie Comune di Ferrara

Questa mattina, 20 agosto 2016, si sono tenute nella sede dell’Istituzione Servizi Educativi, Scolastici e per le Famiglie le riunioni con i genitori dei bambini iscritti nei Servizi educativi comunali (nidi e scuole dell’infanzia) a gestione indiretta, “Ponte” “Le Margherite” e “Pacinotti Blu” al fine di anticipare loro le informazioni relative all’avvio del nuovo anno educativo, che inizierà il prossimo mercoledì 7 settembre.
Nel corso delle riunioni, nelle quali sono intervenuti l’Assessora alla Pubblica Istruzione Annalisa Felletti e i dirigenti dell’Istituzione dei Servizi Educativi, Scolastici e per le Famiglie del Comune di Ferrara, le famiglie sono state informate che, tenuto conto dell’allungamento dei tempi previsti dalle nuove procedure per l’espletamento delle gare di appalto (tempi di pubblicazione, per i ricorsi, per le verifiche, ecc.), al fine di garantire l’apertura regolare dei servizi per mercoledì 7 settembre l’attività sarà affidata in proroga fino al 23 dicembre prossimo al Consorzio Riunite Esperienze Sociali (RES), che ha gestito i plessi “Ponte” e “Le Margherite” fino a giugno 2016.
Restano comunque confermati gli incontri di inizio anno scolastico, che si terranno nelle sedi dei Servizi educativi, previsti per:
• giovedì 1 settembre alle ore 17.00 nella sede del nido e scuola dell’infanzia “Pacinotti Blu” (gestione indiretta);
• sabato 3 settembre alle ore 9.00 nella sede del nido “Ponte”
• sabato 3 settembre alle ore 10.00, nella sede della scuola dell’infanzia “Ponte”
• sabato 3 settembre alle ore 12.00, nella sede del nido e della scuola dell’infanzia “Le Margherite”.
Agli incontri, durante i quali saranno presenti gli Educatori e i Coordinatori Pedagogici di RES oltre che la Dirigente Pedagogica dell’Istituzione comunale, saranno programmate le date degli inserimenti dei minori, la formazione delle sezioni, e le modalità di avvio dell’anno educativo.
Si ricorda che gli inserimenti nei nidi d’infanzia saranno organizzati per piccoli gruppi di bambini ogni settimana, accompagnati da un familiare di riferimento che ne curerà, affiancato dagli educatori, il progressivo ambientamento.
Per tutte gli altri Servizi educativi comunali, restano confermate le date degli incontri previsti nella prima settimana di settembre, pubblicati sul sito: http://servizi.comune.fe.it/index.phtml?id=4500

Homo sapiens

da: Mario Zamorani Pluralismo e dissenso

Non ho mai compreso come mai due persone nate una al di qua e una al di là, fosse anche di un metro, rispetto ad una ipotetica riga tracciata per terra, o confine, vadano poi in gran parte incontro a differenti vite. Per lingua parlata, per storia (quindi identità) recente e remota, per cultura, per squadra di calcio per cui tifare, per bandiera e talvolta anche per probabilità di scegliere un credo religioso piuttosto che un altro. E tutto questo per essere nati un metro al di qua o al di là di una linea.

Oggi non si parla che di profughi, migranti e immigrati, sia pure in forme varie. Ma essere nati (per sorte o per volere divino: ognuno scelga come crede) un metro o mille metri o mille chilometri al di qua o al di là di un confine, perché dovrebbe comportare stupefacenti differenze nella speranza di vita e di qualità di vita? O nella considerazione che è giusto avere verso chiunque nasca qui o là?

Tutte le leggi del mondo non dovrebbero essere altrettanto impegnative, io credo, rispetto all’istinto e alla scelta etica e razionale di umana solidarietà nel comportamento fra individui della stessa specie Homo sapiens.

Per quanto riguarda profughi, migranti e immigrati recenti in Italia, si parla soprattutto di sbarchi di persone provenienti da paesi africani: Nigeria, Eritrea, Gambia, Guinea, Sudan, Costa d’Avorio, Somalia, Senegal, Mali. In gran parte si tratta di luoghi con guerre civili, spietate dittature o regimi autoritari, o con sacche di regolamenti di conti tribali o infestati da gruppi di assassini come Boko Haram; oppure di luoghi dove la vita è comunque a rischio, la speranza assente e la qualità di vita disastrosa. Vengono in Europa, un luogo bellissimo, in cerca di una rinascita.

Se abitassi in uno di quei luoghi sentirei come mio dovere civile e morale cercare di mettere in salvo la famiglia e di dare speranza ai miei cari e a me stesso, anche affrontando un viaggio con sofferenze certe e nel corso del quale si rischia di morire. Tutti dovremmo avere diritto ad una vita almeno decente e alla possibilità di migliorarla. E’ di queste ore la storia del piccolo Ahmed, 13 anni, arrivato da solo a Lampedusa dall’Egitto su un barcone per cercare un medico che possa curare il fratellino più grande, gravemente malato; “aiutatemi a farlo operare e a farmi lavorare per pagare le spese” ha detto appena sbarcato.

La nostra civiltà italiana e occidentale, frutto di storia e cultura classica, cristiana, illuminista, aperta e tollerante, sia laica che religiosa, ha il dovere di sentimenti e comportamenti di generosità verso costoro, si tratta di un obbligo anche verso noi stessi, da considerare anche in relazione alla fortuna di vivere (di essere nati, per caso) in luoghi dove con frequenza si soffre o persino ci si dispera per la mancanza del superfluo. Gli italiani nella loro storia si sono sempre caratterizzati come un popolo generoso ed è bene, per loro stessi, che continuino ad esserlo, emarginando i riflessi xenofobi e razzisti, pure esistenti, di persone impotenti e quindi prepotenti, tristi e incapaci di empatia, assenti di umanità, riflessi dettati da paura, debolezza e deficit di identità.

La Spal sceglie il Puedes per presentare la prima squadra

da: AssociazionePuedes Puedes

Rebecca Bottoni: «Per divertirsi in compagnia basta la spontaneità di un pallone»

È il Puedes Summer Night il luogo deciso per la presentazione ufficiale della prima squadra della Spal. Lunedì 22 agosto, alle 21, sul palco del sottomura estense saliranno i giocatori insieme allo staff tecnico. A introdurli sarà uno speaker d’eccezione: Andrea Poltronieri, un musicista versatile, ironico e fuori dagli schemi, che porta dentro il biancoazzurro e adora il clima eclettico del Puedes.
«Sono molto orgogliosa che la Spal ci abbia scelto – afferma Rebecca Bottoni – perché ci dà lustro e dimostra che il lavoro svolto in cinque anni ha messo in evidenza un risultato tangibile. Il nostro impegno ha realizzato uno spazio di qualità, che può essere un connubio tra sport, arte e intrattenimento. Uno spazio alla portata di tutti in cui ritrovarsi». Nel corso dell’estate ci sono state tre coincidenze divertenti che chiuderanno il cerchio con l’emozionante passerella: «Avendo giocato in Serie A – racconta l’organizzatrice – prima la Spal mi ha chiamata per gestire il settore femminile scuola calcio, che da quest’anno sia la Lega Pro sia la Serie B hanno l’obbligo di avere. E spero di essere la persona giusta. Poi la sciarpa biancoazzurra è apparsa in mano al Savonarola nel manifesto del Ferrara Buskers Festival. Per ultimo c’è stato il campetto da calcio che i ragazzi hanno disegnato al Puedes, pensato per sfogarci tra di noi. Invece sono stati i bimbi a occuparlo da subito; solo ieri sera ce n’erano una trentina che giocavano con i genitori. Questo significa che i giochi preconfezionati come i gonfiabili non sono indispensabili, ma basta la spontaneità di un pallone».
Sebbene sabato notte abbia aperto la BuskersNight, l’Associazione Puedes non smetterà di servire gustose specialità per l’intera settimana, sino alla festa finale di domenica 28. «Pur non avendo ricevuto l’appoggio di alcun ristorante – prosegue la Bottoni – ci stanno già chiedendo dove si trovino in città la pizzeria del Puedes e il Ristorantino la Savina. In realtà sono state nostre invenzioni per il mese di agosto, perché non intendiamo metterci in competizione con i commercianti, bensì creare un’atmosfera completa e piacevole». Il lavoro della scorsa edizione del Puedes Summer Night si è notato sin dai primi giorni, quando l’affluenza ha registrato un picco. «Possiamo chiamare il sottomura di via Baluardi come vogliamo – incalza l’organizzatrice – ma l’area resta del Ferrara Buskers Festival, le concessioni sono loro. Poi la gestione è cambiata negli anni, ma l’apice del pubblico si ottiene sempre quando arrivano gli artisti di strada. E l’aria di festa si respirava già ieri». Nelle tre settimane trascorse il pubblico è stato costante, con una media alta a serata, anche per concerti di band poco note. In migliaia sono venuti dalle province vicine per ascoltare Calcutta dal vivo. «Sono soddisfatta di come procede, ma il bilancio economico lo lasciamo a dopo la chiusura. Abbiamo acquistato dei cuscini, dei portacenere carini con la convinzione che sarebbe sparito tutto… e invece no. L’educazione del nostro pubblico ci ha dato un sostegno ulteriore, ci ha dato la carica. L’area rimane pulita persino alla fine delle serate – conclude la Bottoni – Di sicuro la nostra gestione ha contribuito a rendere il sottomura di via Bologna più sereno e ordinato, e chiunque può raggiungerci e goderselo».

Tra populismo e buonismo proviamo ad usare la Testa

da: ufficio stampa Partito Democratico Ferrara

Il più grande pericolo che viviamo e’ di essere schiacciati da due posizioni completamente diverse ma comunque pericolose per la superficialità con cui si affronta il tema: la prima dell’avanti c’è posto (buonismo) e la seconda del non possiamo affrontare quest’orda migratoria che bussa alle porte e mina la nostra quotidianità.
Siamo di fronte ad un grande tragedia umanitaria quotidiana della quale non possiamo renderci conto solo quando su Facebook viene pubblicata la foto di un povero bimbo che voleva avere solo la possibilità di un futuro ma ha incontrato la morte.
Dobbiamo affrontare questa situazione col massimo del realismo possibile.
Quando i nostri figli leggeranno sui libri di storia questo periodo, dove vogliamo che sia scritto il nostro nome ?
Dobbiamo avere il coraggio e la responsabilità di affrontare il tema con la testa, di fare politica provando a dire le cose come stanno senza cercare facili applausi.
L’accoglienza è un dovere istituzionale di tutti i comuni italiani, ad oggi non è così.
Abbiamo tollerato troppi sindaci, che non solo non rispondono a questo dovere, ma fanno passare il loro rifiuto per una scelta politica.
La nostra tolleranza ha generato finti idoli popolari, che non sono altro che bulletti avvezzi a fare la voce grossa, alle spalle di comuni che assolvono alle mancanze di chi con facilità e faciloneria oppone un rifiuto .
Ma adesso basta, ognuno deve fare la propria parte.
Abbiamo chiesto giustamente e sempre chiederemo il rispetto delle regole da chi viene da altri Paesi, ma le regole valgono per tutti.
La seconda fase, quella del post accoglienza, è quella più delicata.
Abbiamo sempre gestito questa situazione considerando queste persone in transito, in realtà per via delle lungaggini burocratiche o della chiusura dei confini da parte di alcuni paesi europei, lo scenario impone delle scelte di gestione del problema quanto più responsabili e di lunga durata.
Per il bene di tutti è necessario che queste persone escano nel più breve tempo possibile dallo status di ospiti.
È necessario che contribuiscano al miglioramento della comunità che li ha accolti.
Lo può fare solo il Comune? Io credo che questo sia il più grande errore.
Ogni associazione, ogni ente di volontariato, ogni associazione laica e cattolica si deve sentire.
Il silenzio è’ assordante, ma alle parole devono seguire fatti.
Facciamo tutti parti della stessa comunità ? Allora lavoriamo insieme.
Vogliamo continuare ad essere albergatori oppure riusciamo a guidare queste persone in un percorso virtuoso di miglioramento della propria esperienza nel nostro Paese? In un percorso di restituzione alle comunità che si fanno carico di accogliere uomini e donne spinti ad abbandonare la loro terra natia.
Credo che questa sia la sfida.
Una sfida che non si vince trovando ogni giorno un nemico, arrivando addirittura a minacciare le istituzioni, garanzia di democrazia di tutti noi.
Che immagine vogliamo dare : una Ferrara che ha paura è che si lascia guidare dall’odio o quella ferrara coraggiosa che ha saputo rialzarsi dopo quelle tremende scosse che ci avevano resi tutti più insicuri e indifesi?
Raccontiamo la verità sul terremoto, non deve essere una scusa per evitare responsabilità, ma la dimostrazione che quando la nostra comunità non si arrende alla paura, può vincere ogni sfida.

Cia Ferrara: allevare in modo etico carne di qualità per fare reddito

da: Ufficio Stampa Cia Ferrara

L’allevamento a Ferrara è un’attività di nicchia anche se il territorio sarebbe perfettamente idoneo alla produzione. Ma c’è chi va in controtendenza

FERRARA – L’allevamento di bovini a Ferrara, secondo i dati diffusi a fine 2015 da Ara (Associazione Regionale Allevatori) Emilia-Romagna, si ferma a poco meno di 20.000 unità, – di questi circa 6.000 hanno meno di un anno, quasi 10.000 tra 1 e 2 anni e 2.400 sono vacche da latte – una vera e propria nicchia. Dati che – secondo Cia – Agricoltori Italiani Ferrara – inseriscono la zootecnia ferrarese tra le attività meno appetibili dal punto di vista reddituale, contrariamente a quello che avviene, invece, in altre regioni del tutto simili a livello agricolo e territoriale. Certo negli ultimi anni il settore del latte è andato malissimo e quello della carne, soprattutto negli ultimi mesi, è in forte contrazione, tanto che è l’export – in particolare verso la Turchia – a sostenere gli allevatori in questo periodo di crisi. Ma il mancato sviluppo di un settore zootecnico a Ferrara, secondo l’associazione, è una tendenza che è frutto anche di fattori sociali e culturali. A spiegare questo andamento, non solo economico, è un allevatore di Cia Ferrara, Gianfranco Tomasoni, che ha scelto di partire da Brescia per allevare vitelli da carne a Bando di Portomaggiore. «Nella mia azienda – racconta Tomasoni – allevo oltre mille vitelli da carne di razza Limousine, Blu-Belga, Charolaise e Sardo-Bruni, coltivo 160 ettari di mais, orzo e soia per produrre autonomamente i mangimi e ho attivato un progetto di ricerca scientifica per migliorare la qualità delle carni che arrivano sul mercato. Ho scelto di dedicarmi all’allevamento perché nel bresciano la zootecnia è una passione culturale che si tramanda, mentre a Ferrara questa cultura non c’è e l’allevamento è pratica assolutamente poco diffusa. Un fatto che ho sempre trovato strano perché il territorio ferrarese è perfetto per la zootecnia. Ci sono le superfici idonee per coltivare, produrre mangimi e rendere autonomo l’allevamento e ci sono i sostegni del Psr, grazie ai quali ho potuto ristrutturare un’azienda esistente e costruire nuove stalle per consentire più benessere agli animali. Ci sono, insomma, tutte le condizioni per fare allevamento come si dovrebbe, per produrre carni sane e di qualità. Carni che possono essere praticamente prive di residui di farmaci e questo è per me un punto fermo, tanto che ho anche scelto di aderire al progetto Vet Spin che fa ricerca proprio per capire quali sono i tempi di sospensione di farmaci e antibiotici – usati nel mio allevamento solo nei primi mesi di vita del vitello – per far sì che non arrivino nella carne immessa sul mercato. Certo ci sono delle difficoltà note e alcune meno note come una certa tendenza a considerare gli allevamenti luoghi dove gli animali vengono sfruttati. Io credo, invece, che la zootecnia rimanga un’opportunità a patto, ovviamente, chi alleva animali si impegni a farlo in modo etico. E se l’allevamento è etico fa bene agli animali, all’ambiente, alle persone e al reddito degli allevatori perché la carne di qualità viene richiesta dal mercato.»

No, “caro” Bergamini, non sarò vostro complice

da: Leonardo Fiorentini – Presidente Gruppo Consiliare Sinistra Italiana

Intervento di Leonardo Fiorentini, consigliere comunale indipendente (Sinistra Italiana) Comune di Ferrara

Leggo che c’è qualcuno in Provincia di Ferrara che si è messo in testa di lanciare una campagna di disobbedienza incivile all’accoglienza di profughi, richiedenti asilo e (udite udite) migranti economici. A loro mi rivolgo con queste poche righe.

Al grido di “prima i nostri” cercate di nascondere la vostra inadeguatezza amministrativa mettendo in competizione terremotati e migranti e fomentando l’odio e la paura.

Non vi è nessuna invasione (basta leggersi i dati degli arrivi in Italia), non è vero che vengono privilegiati gli stranieri rispetto agli italiani, non c’è alcun fondo distolto alle necessità dei nostri cittadini e, dulcis in fundo, non c’è alcuna emergenza criminalità (dati in continuo calo da anni) se non in alcune zone e per alcuni tipi di reati che non sono legati in alcun modo agli sbarchi e che necessitano di un maggior impegno delle ffoo ancora disperse (bontà vostra) a inseguire rave party nel delta o scovare piantine di marijuana sui balconi di casa.

Mi chiamerete “buonista”, anzi adesso “finto buonista” (notare l’evoluzione lessicale) e non me ne dispiace. Perchè a chi esalta la cattiveria, a chi non si pone neanche il dubbio sul fatto che una persona che decide scientemente di rischiare la vita per cercarsi un futuro migliore (sia per sfuggire a guerre e carestie, o semplicemente alla povertà) sia meritevole di essere accolto in casa nostra con un poco di – semplice – umanità (peraltro a tempo), è davvero difficile proporre un ragionamento. Mancano proprio le basi condivise della convivenza civile. Mi reputo fortunato ad essere nato da questa parte del mondo, e non sarò vostro complice nell’impedire a persone che hanno subito ogni giorno della loro vita guerra, carestia o povertà di cercarsi un’esistenza al riparo dalle distorsioni di un sistema che non funziona e delle quali noi finora abbiamo solo beneficiato. Ebbene sì: io sono per la libera circolazione delle idee, delle merci e – addirittura, vi scorra pure un brivido dietro la schiena – delle persone. E non sarò vostro complice perché non voglio più vedere bambini diventare tragico simbolo dell’atrocità di questo mondo. Mi avete stufato con le vostre grida bavose, le vostre provocazioni, le vostre ruspe, i vostri calci in culo e le vostre leggi inadeguate e fallimentari che non hanno alcun senso rapportate alle tragedie di questo mondo. L’ho detto e lo ribadisco: accogliamoli tutti, perché è questa l’unica strada per restare umani e per cambiarlo in meglio, questo mondo.

A voi che non sapete amministrare l’ordinario e siete stati incapace di gestire qualsiasi emergenza, compresa quella del terremoto, a voi che avete scritto la Bossi-Fini e la rivendicate ancora, non possiamo chiedere di fare molto altro se non smetterla di urlare la vostra inciviltà e lasciare quei ruoli che evidentemente non siete in grado di ricoprire.

La Fabbrica della Felicità” cap.2 ne “I racconti della domenica”

Ed eccoci approdati al secondo capitolo de ” La Fabbrica della Felicità”. Domenica scorsa abbiamo descritto la fantasiosa fabbrica ideata dall’autore Nicola Farronato attraverso una breve recensione, l’introduzione e il primo capitolo della novella, che si può dire che sia una sorta di riassunto di tutto ciò che l’autore ha voluto trasmettere anche e soprattutto a livello contenutistico come rappresentazione utopistica di una nuova fabbrica che di fatto rappresenta la società civile.

All’interno di una fabbrica, esattamente come all’interno della società, ad ognuno corrispondono funzioni e ruoli da svolgere nel miglior modo possibile al fine di ottenere un funzionamento corretto. Della fabbrica e della società. O per lo meno così dovrebbe essere.

Ed ecco dunque il secondo capitolo de “La Fabbrica della Felicità” dal titolo “Reparti e funzioni”.

 

03:20 Reparti e Funzioni
Lucien in fondo aveva sempre sognato di fare l’architetto, sin da ragazzino. Ora però non si
trattava di tirare linee su piani inclinati, affacciati a grandi vetrate che davano su paesaggi senza
tempo. Il giovane era di fronte piuttosto alla possibilità di ribaltare le leggi dell’organizzazione
industriale più in voga al momento; di mettere in discussione un intero sistema fatto di rivoli e
correlazioni tra attori, operatori e consumatori, e per di più generare una nuova prospettiva da
condividere a partire da nuovi punti di riferimento. La fabbrica, nelle sue tavole, sarebbe stata il
centro della nuova catena della felicità. I dipendenti sarebbero diventati imprenditori; i manager
investitori e gli imprenditori orchestratori della felicità di questo nuovo ambiente.
Reparti e funzioni sarebbero stati ridisegnati in funzione di un nuovo equilibrio, che rispecchiasse
la massima resa delle attività di ciascuno in rapporto al tempo e alle emozioni.
I lavoratori avrebbero cambiato totalmente il loro modo di rapportarsi al lavoro prima, e alla
fabbrica poi, vedendola ora come un luogo sicuro dove poter coltivare le proprie ambizioni.
Alla mattina ci sarebbero stati da organizzare i turni di entrata con orari di apertura dei cancelli
scaglionati, così da far defluire il traffico di entranti che non vedeva l’ora di recarsi al proprio
posto, e da li partire a programmare la propria felicità. La fabbrica siffatta avrebbe attratto
comunità di giovani, che l’avrebbero ribattezzata a luogo d’incontro ed icona della rinnovata
aggregazione sociale di aspiranti uomini felici.
Il nuovo assetto avrebbe dovuto individuare i legami e le complementarietà tra due nuovi facce
della fabbrica: il parallelismo tra il suo lato verticale di luogo che produce formule della felicità
per i suoi lavoratori, e quello orizzontale di anello della catena del valore, che applica
esclusivamente principi di felicità totale nell’ambiente di lavoro. Subordinati, così importanti da
non poter essere i primi, i canoni classici legati alla produttività e alla ricchezza, quasi dati per
scontati rispetto alla creazione di nuove condizioni di impiego per le generazioni del futuro.
La fabbrica del futuro di Lucien era dunque fatta di imprenditori, che avevano sotto controllo
soprattutto la qualità emozionale della propria vita. Questa nuova condizione era necessaria
affinchè la loro identità di uomini consapevoli del valore del proprio tempo, li rendesse capaci di
scendere nei dettagli anche, rispetto alle forze che ne determinano e condizionano risultato e
composizione.
Non cambiava proprio nulla tra l’occuparsi della gestione, nella fabbrica della felicità, e
l’occuparsi della gestione della propria felicità. I reparti rappresentavano contenitori dentro ai
quali mettere le etichette del proprio tempo; in uno schema di organico disposto in modo da
rimuovere tutte quelle barriere che ostacolavano la collaborazione di massa e la felicità
distribuita.

La funzione principale della fabbrica diventava quella di occuparsi dei suoi primi e principali
clienti, i suoi lavoratori, monitorando e supportando quando necessario il raggiungimento della
gestione ottimale del tempo, in funzione alle loro rispettive identità.
La funzione principale della fabbrica si rivolgeva ora alla guida e al coordinamento di network del
valore sotto il suo cappello, all’interno dei quali la risorsa umana ritornava ad essere il fulcro
portante della creazione di benessere e ricchezza, che si riversava direttamente sulla società.
Il paradigma della produttività classico si spostava con la fabbrica della felicità verso nuovi
indicatori, nuove regole di misurazione del valore, che tenessero in dovuto conto di quei fattori
legati al tempo e alle emozioni che li avrebbero composti.
La nuova funzione della fabbrica toccava evidentemente la rieducazione al valore del tempo, asse
variabile che sin dall’antichità aveva dato non pochi rompicapi a stuole di pensatori.
Quel tempo che cambiava semplicemente passando; che trasformava percorrendo; che siglava
terminando; che sanciva partendo e che continuava trasformandosi, pareva a Lucien l’elemento
più difficile da posizionare nella sua tavola. Dopo averci pensato e ripensato, e speso notti che
somigliavano a giorni di veglia, la soluzione arriv , e dest non poco il giovane ò ò nel suo progetto: il
tempo non era una variabile. Era una costante!
Lo avrebbe preso come punto cardinale, stella polare del suo modello di fabbrica. E attorno a
questo punto disposto e fatto ruotare intuizioni di grandi progetti e contenuti di priorità; routine
che riempiono e sprechi che sfiniscono. Dei suoi lavoratori.
Un singhiozzo di emozione a questo punto lo destò, quasi a dargli il via a prendere matita e fogli,
e disegnare l’interno della sua fabbrica. Dividere gli spazi, disporre i dettagli, evidenziare i reparti e le loro funzioni.”

#it’salwaysagooddaytobehappy.

 

Grande mostra di Palazzo dei Diamanti: “Orlando furioso 500 anni”

Da: Ella Studio

Un viaggio nell’immaginario di Ludovico Ariosto

Dal 24 settembre 2016 all’8 gennaio 2017 a Ferrara la grande mostra di Palazzo dei Diamanti: “Orlando furioso 500 anni”. Da vivere con il consorzio Visit Ferrara.

Tornei e cavalieri, amori, desideri ed incantesimi. Cosa immaginava Ludovico Ariosto? Cosa c’era nella sua mente mentre componeva l’Orlando furioso? In occasione dei 500 anni dalla prima edizione del poema, avvenuta a Ferrara nel 1516, la città simbolo del Rinascimento dedica una grande mostra al poeta e alla sua opera, uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi. Dal 24 settembre 2016 all’8 gennaio 2017, a Palazzo Diamanti va in scena l’esposizione “Orlando Furioso 500 anni. Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi”. Un viaggio straordinario nel mondo ariostesco, che racconta attraverso dipinti, sculture, armi, arazzi, libri e oggetti la realtà, il contesto storico e sociale in cui si muoveva il poeta. Un letterato dal legame indissolubile con la città di Ferrara, che lo celebra con tanti eventi e che grazie al consorzio Visit Ferrara – che unisce circa 90 operatori turistici di tutta la Provincia – trasporta conduce i visitatori nelle trame dell’Orlando furioso e nei luoghi vissuti da Ariosto.
La mostra di Palazzo dei Diamanti è a cura di Guido Beltramini e Adolfo Tura, organizzata da Fondazione Ferrara Arte e dal MiBACT. Il fulcro dell’esposizione è il poema e l’universo che vi è racchiuso. La prima edizione dell’Orlando furioso, infatti, viene posta al centro del percorso espositivo, che nella prima parte accompagna il visitatore nel contesto nel quale il poema sarà ambientato e nell’immaginario ariostesco. Così si succedono le opere dedicate al mondo cavalleresco, alla giostra e alla battaglia, all’elegante vita di corte, per poi entrare, nel cuore del poema. Per farlo, sono stati individuati i due temi principali: la follia e il desiderio, attraverso capolavori, documenti e manufatti. E poi le opere dei grandi artisti del tempo: da Mantegna a Raffaello, da Tiziano a Michelangelo, strettamente connesse con la storia della corte estense.
Per esplorare il mondo ariostesco, il consorzio Visit Ferrara ha pensato a speciali esperienze da vivere nelle incantevoli atmosfere dell’Orlando furioso. Con il pacchetto “Orlando Furioso 500 anni”, valido per tutti i fine settimana di apertura della mostra di Palazzo dei Diamanti, si dorme a Ferrara per una notte con prima colazione, si visita l’esposizione grazie al biglietto d’ingresso incluso nel pacchetto, e si partecipa ad una visita guidata la domenica mattina nei luoghi del poeta. Il prezzo parte da 69 euro a persona. Il programma di 2 notti “Vivi la Ferrara di Ariosto”, include anche la MyFe Card, valida 3 giorni, per visitare tutti i musei di Ferrara e i luoghi Ariosteschi. Il prezzo parte da da 125 euro.
Quanti vogliono immergersi nell’universo di “Ariosto a Ferrara. La magia, l’incanto”, partecipando solo alle visite guidate, incluse nei pacchetti, possono prenotare il tour di 2 ore sul sito di Visit Ferrara (8 euro). L’itinerario tocca, tra gli altri punti di interesse, i principali monumenti del centro storico rinascimentale ferrarese, la tomba di Ariosto e la Biblioteca Ariostea, il Castello Estense, luogo di incontro di artisti e letterati, dove Alfonso I si faceva leggere l’Orlando Furioso. Tutte le offerte su: http://www.visitferrara.eu/it/attrazioni/orlando-furioso-500-anni-2

La musica di strada invade di meraviglia Mantova

da: organizzatori

Nel cuore Unesco della Capitale Italiana della Cultura 2016, avrà luogo il 18 agosto, dalle 21.30 alle 23.00, la tappa inaugurale del Ferrara Buskers Festival® con musicisti provenienti da tutto il mondo.

Un vortice di suoni, di colori e di magia invaderà il 18 agosto le strade che si snodano tra i bellissimi palazzi storici e le piazze del centro che, insieme ai Laghi, fanno di Mantova una città patrimonio mondiale dell’umanità Unesco. Giovedì per la prima volta nella sua storia, la tappa inaugurale del Ferrara Buskers Festival®, la Rassegna Internazionale del Musicista di Strada che giunge quest’anno alla sua 29esima edizione, si svolgerà nella Capitale Italiana della Cultura.
Dalle 21.30 fino alle 23.00 gli scenari più incantevoli e le architetture rinascimentali del centro storico di Mantova, si trasformeranno in un concentrato di note, di strumenti musicali e di espressioni artistiche dalle origini più disparate, per offrire al pubblico coinvolgenti spettacoli, messi in scena da grandi professionisti della musica on the road. Si tratta infatti dei gruppi invitati, protagonisti del Ferrara Buskers Festival®, la manifestazione dedicata alla musica di strada più grande del mondo, che nella città estense si esibiranno fino al 28 agosto (con tappe intermedie il 19 a Comacchio e il 22 a Lugo). I musicisti, di cui 4 formazioni arrivano dall’Austria, la nazione ospite di questa edizione, si esibiranno in 18 postazioni nell’anima del centro storico mantovano. «Siamo felici di poter ospitare a Mantova, Capitale Italiana della Cultura 2016 – ha detto il sindaco Mattia Palazzi – la tappa inaugurale della manifestazione che da quasi 30 anni ormai celebra la musica di strada di tutto il mondo. Una rassegna straordinaria che parte, dunque, da un città con una forte vocazione internazionale come la nostra. Sarà una serata meravigliosa all’insegna del divertimento e in compagnia di apprezzati artisti e musicisti di strada. Il centro storico di Mantova, patrimonio Unesco, che attualmente stiamo riqualificando con un investimento di un milione di euro, sarà una scenografia unica ed eccezionale per tale evento. Non mi rimane che invitarvi a partecipare alla festa”.
Chi prenderà parte all’evento potrà quindi passeggiare tra i palazzi antichi e le scenografiche piazze godendosi gli spettacoli tra le meraviglie della città. Il percorso si snoda tra piazza Sordello con il Duomo e il Palazzo Ducale, passando per le piazze Broletto e delle Erbe fino a piazza Martiri Belfiore, dove si trova il suggestivo lungo Rio impreziosito dalla nuova illuminazione artistica che risalta ancora di più la bellezza delle Beccherie e delle Pescherie di Giulio Romano. Proprio in piazza Martini sarà collocato un infopoint di Ferrara e Comacchio e della manifestazione.
Due città d’arte, entrambe siti Unesco, che hanno fatto la storia del Rinascimento suggellano così un patto di amicizia all’insegna della musica di strada, che rompe le barriere ed è capace di coinvolgere ogni tipo di pubblico, conducendolo in un’atmosfera di divertimento e spensieratezza.

NOTA A MARGINE
Mezzano, la molestia della natura. La tutela ecologica a volte puzza di bruciato

(Pubblicato il 14 agosto 2015)

In Agosto, per circa 10 giorni, un’estesa torbiera di Ostellato nel Mezzano è stata interessata da un incendio. Le esalazioni moleste e sgradevoli si sono propagate fino alla costa comacchiese creando focose proteste da parte dei turisti. Per spegnere l’incendio attraverso la realizzazione di canali, si è allagata un’area estesa circa 25–30 ettari, utilizzando circa 500.000 metri cubi di acqua prelevati dal Canale Circondariale e dal reticolo irriguo.

Le torbiere si sviluppano dove accumuli di vegetazione decadono lentamente in presenza di acqua. Il carbone risultante è composto da radici vegetali a vari stadi di decomposizione. La caratteristica delle torbiere, il cui spessore può essere oltre i 15 metri, è il loro alto contenuto in materia organica (oltre al 65%). Nel loro stato di quiescenza le torbiere hanno importanti ruoli ecologici: regolare le acque di superfici e di falda, ospitare fauna e flora endemiche. Con proprietà simili a quelle di una spugna, le torbiere assorbono l’acqua in eccesso, che viene successivamente restituita lentamente e continuamente nel terreno. Questo rende il flusso dell’acqua più regolare e sostenibile e, quindi, previene allagamenti ed attenua la siccità. I depositi di torba nelle regioni temperate rappresentano un significativo bacino di accumulo carbonio della Terra. Esse coprono solamente il 3% della superficie terrestre, ma contengono il 20–35% di tutto il carbonio terrestre. Le torbiere tropicali, come quelle nell’Asia sud-occidentale, hanno in particolare un’alta capacità di accumulo di carbonio (3–6 volte di più delle torbiere dei climi temperati). Le torbiere hanno un’alta biodiversità, specialmente le torbiere palustri.

Perché le torbiere sono normalmente ignifughe?

Le torbiere sature d’acqua non bruciano naturalmente, con l’eccezione degli anni particolarmente siccitosi. Nella tragica circostanza delle torbiere palustri in Vietnam ricoperte con spray di defolianti e bruciate dal napalm durante la guerra, gli incendi risultanti vennero controllati dalle proprietà umide naturali delle torbiere. Spesso le torbiere vengono scavate e drenate attraverso canali, fornendo accessi disboscati, in modo da creare nuove aree adibite all’agricoltura. Questa pratica abbassa i livelli dell’acqua dell’acquifero. Allo stesso modo l’irrigazione delle aree coltivate limitrofe può causare l’abbassamento della superfice della falda nella torbiera. Quando la torba si essica eccessivamente le sue naturali proprietà di spugna vengono perse e così la sua capacità di regolatore naturale della quantità d’acqua. L’essicamento innaturale delle torbiere è maggiormente suscettibile alla siccità. Di conseguenza si innescano più facilmente incendi, accidentali o deliberati, con un danno proporzionale all’attività umana connessa. A seguito di periodi di siccità prolungata o in cui la struttura del deposito torboso e l’umidità sono stati alterati da drenaggio e/o disboscamento, incendi gravi nella parte superficiale delle torbiere possono portare all’accensione dei depositi di torba seppelliti creando ampie combustioni senza fiamma.

Torbiere ed incendi

Gli incendi delle torbiere sono caratterizzati dalla lenta combustione a bassa temperatura (picco ~ 600°C), senza fiamma della materia organica. Questo è il tipo più persistente di combustione. Gli incendi senza fiamma delle torbiere sono stati riconosciuti come i più grandi incendi sulla Terra in termini di consumo di carburante e possono bruciare fino a 100 volte più combustibile per unità di superficie dei fuochi ardenti. Essi sono la maggiore sorgente di fumi e caligini dalle foreste e dai campi incendiati in Indonesia. Questi incendi distruggono alcuni dei maggiori accumuli di carbonio della Terra e producono grandi quantità di carbonio libero nell’aria. Lo spegnimento degli incendi nelle torbiere è problematico, costoso e può danneggiare l’ecosistema. La torbiera brucia sia nei suoi livelli superiori che inferiori rendendo complicata l’estinzione dell’incendio. Questi incendi accelerano la distruzione di ambienti unici, il loro servizio ecologico (regolazione idraulica e prevenzione alle inondazioni) ed alterano la biodiversità.

Prevenzione degli incendi?

La miglior soluzione per prevenire gli incendi è mantenere le torbiere al loro stato naturale, con particolare attenzione alla gestione idraulica della zona, appropriato uso dei terreni limitrofi e sostenibilità ecologica. Questo significa prevenire il drenaggio e la conversione agricola delle torbiere. Quando le torbiere si asciugano eccessivamente esse perdono permanentemente le loro proprietà naturali di spugna che non potranno venire mai più ripristinate. Alcuni paesi, avendo compreso le complicazioni e gli alti costi associati agli incendi delle torbiere, hanno regolamentato rigorosamente le pratiche irrigue e proibito qualsiasi fuoco sui suoli torbosi limitrofi. L’incendio della torbiera del Mezzano potrebbe essersi innescano in modo naturale, ma non sono esclusi il dolo e la colpa. Se durante l’ultimo mese particolarmente caldo l’irrigazione delle aree limitrofe ha abbassamento eccessivamente la falda all’interno della torbiera, possono essersi innescati incendi nei livelli profondi di torba. L’irrigazione delle aree coltivate dovrebbe seguire una pianificazione idrogeologica mirata alla salvaguardia del bilancio idrico dell’area.

Inutile polemica sulla gestione politica dell’incendio

La polemica nata dalla presenza-assenza delle autorità politiche sul luogo dell’incendio è inutile alla risoluzione del problema. Era necessaria solamente la presenza dei tecnici preparati all’emergenza. Le autorità invece dovrebbero attivarsi ora per salvaguardare le nostre torbiere fossili, ambienti unici e insostituibili, gestendo gli spigoli legislativi regolatori dell’ambiente. La prevenzione degli incendi delle torbiere è più economica che lo spegnimento degli incendi e la riduzione dei danni.

Le esalazioni moleste e sgradevoli di una torbiera in fiamme sono il campanello d’allarme della Natura in pericolo: non sempre gentile e profumato. Purtroppo ci troviamo ancora una volta di fronte ad una scelta difficile: mantenere l’unicità ecologica dell’ambiente del delta e del paleo-delta del Po o godere di nuovi pomodori, mais e pesche profumate?

Bibliografia

Peat-Portal Website http://www.peat-portal.netHadden, R., Rein G., Belcher C., 2013. Study of the competing chemical reactions in the initiation and spread of smouldering combustion in peat. Proc. Combustion Inst., 34, pp. 2547–2553; Jenkins, G., Murphy, J., Sexton, D., Lowe, J., Jones, P., Kilsby, C., 2010. UK Climate Projections: Briefing report. Met Office Hadley Centre, Exeter, UK <http://ukclimateprojections.defra.gov.uk/22549> Rein, G., 2013. Smouldering fires and natural fuels. In C. Belcher (Ed.), Fire Phenomena in the Earth System – An Interdisciplinary Approach to Fire Science, Wiley and Sons, London, pp. 15–34; Turetsky, M.R., Kane, E.S., Harden, J.W., Ottmar, R.D., Manies, K.L., Hoy, E., Kasischke, E.S., 2011. Recent acceleration of biomass burning and carbon losses in Alaskan forests and peatlands. Nat. Geosci., 4, pp. 27–31.

 

 

ECOLOGICAMENTE
Salvare ’la casa comune’: i grandi hanno detto che…

(Pubblicato il 13 gennaio 2016)

E se fosse la volta buona? I grandi del mondo cominciano a parlare seriamente di ambiente. Lo scorso anno papa Francesco ci ha dato una bella lezione a difesa dell’ambiente. Cito dal suo recente appello: “Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti” e poi, per essere ancora più diretto ha scritto “la previsione dell’impatto ambientale delle iniziative imprenditoriali e dei progetti richiede processi politici trasparenti e sottoposti al dialogo, mentre la corruzione che nasconde il vero impatto ambientale di un progetto in cambio di favori spesso porta ad accordi ambigui che sfuggono al dovere di informare ed a un dibattito approfondito”.

Il dibattito tra i grandi del mondo c’è stato con l’accordo sul clima dei delegati dei 195 Paesi più la Ue che a Parigi hanno partecipato alla XXI conferenza internazionale dell’Onu sui cambiamenti climatici. Una data importante il 13 dicembre 2015; Cop21, accordo sul clima. Riscaldamento, emissioni, finanziamenti: i punti principali dell’intesa.
L’articolo 2 dell’accordo fissa l’obiettivo di restare “ben al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali”, con l’impegno a “portare avanti sforzi per limitare l’aumento di temperatura a 1,5 gradi”. L’articolo 3 prevede che i Paesi “puntino a raggiungere il picco delle emissioni di gas serra il più presto possibile”, e proseguano “rapide riduzioni dopo quel momento” per arrivare a “un equilibrio tra le emissioni da attività umane e le rimozioni di gas serra nella seconda metà di questo secolo”.
Gli esperti del Worldwatch ci avevano avvisato identificando nove “confini” naturali che oggi tendiamo ad oltrepassare e che sarà invece necessario rispettare se non vogliamo che il pianeta esaurisca le sue risorse: cambiamenti climatici, perdita della biodiversità, il ciclo dell’azoto e del fosforo, l’ozono stratosferico, acidificazione degli oceani, uso dell’acqua dolce e quello della terra coltivabile, il carico di aereosol emessi in atmosfera e l’inquinamento chimico.
A fine anno anche il nostro presidente Mattarella ne ha parlato. Nel suo discorso di fine anno ha infatti ha affrontato i temi dell’ambiente, dell’inquinamento, del clima e delle risorse naturali. Ci ha ricordato lo smog nelle aree metropolitane, i cambiamenti climatici, i temi dell’energia, dei rifiuti e dello spreco, dell’acqua, del trasporto pubblico locale. Si è trattato di una importante novità. Credo sia stato il primo Presidente ad affrontare così direttamente le tematiche ambientali. Non a caso il presidente si è soffermato sui temi già cari al pontefice: la difesa della natura, lo spreco di cibo, l’acqua. Ha però voluto anche intervenire sui temi di attualità; ha parlato di raccolta differenziata, di spreco dell’acqua, di cibo, di energia. Il presidente ha chiesto un “impegno sempre maggiore” delle istituzioni nazionali e locali, uno stimolo ad azioni concrete di governo.

Non rimane allora che attendere qualche vera normativa da parte del Governo. Per ora si vedono segnali contrastanti tra proroghe e orientamenti verso il libero mercato. I Beni Comuni sono preoccupati. E’ sempre papa Francesco a ricordarcelo nel suo appello affermando che “L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune”. La difesa della casa comune deve, quindi, andare al di là delle contrapposizioni ideologiche, deve prevalere sempre il bene comune.

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Trivelle e terremoti: relazioni dubbie, previsioni incerte. Ma la prevenzione è possibile e doverosa

(Pubblicato il 17 aprile 2014)

“Considerando l’attività nei campi di Cavone e Casaglia, le caratteristiche geologico-strutturali e la storia sismica della zona, la commissione ritiene che sia molto improbabile che la sequenza sismica dell’Emilia possa essere stata indotta (cioè provocata completamente dalle attività antropiche)”. E’ uno stralcio del rapporto Ichese, del quale si è fatto un gran parlare in questi giorni.
Però, qualche pagina più avanti, nelle conclusioni, si legge anche: “Lo studio effettuato non ha trovato evidenze che possano associare la sequenze sismica del maggio 2012 in Emilia alle attività operative svolte nei campi di Spilamberto, Recovato, Minerbio e Casaglia, mentre non può essere escluso che le attività effettuate nella concessione di Mirandola abbiano potuto contribuire a innescare la sequenza”. Dunque, nello specifico caso di Mirandola, non si esclude che la trivellazione del sottosuolo abbia potuto concorrere a causare il rovinoso terremoto che due anni fa ha sconvolto l’Emilia. E anche laddove (Cavone e Casaglia) si giudicano “improbabili” le connessioni, la formula utilizzata è di grande cautela: è infatti esplicitato che il termine “indotta” – riferito alla sequenza sismica – deve essere inteso come “provocata completamente”. Perciò nemmeno in quei casi si può escludere l’attività estrattiva come concausa.

Al riguardo sono necessarie alcune puntualizzazione e alcune riflessioni. L’interesse sul fronte politico, ecologista e sociale si è recentemente concentrato sulle cause del terremoto che ha scosso l’Emilia-Romagna nel maggio 2012. Un articolo, pubblicato nella rivista Science l’11 aprile (Edwin Cartlidge, 2014), ha anticipato di qualche giorno la divulgazione del rapporto Ichese (International commission on hydrocarbon exploration and seismicity in the Emilia region). La commissione, istituita alla fine del 2012 su richiesta del commissario per la ricostruzione post-sisma Vasco Errani per verificare le possibili relazioni fra la produzione di idrocarburi e i terremoti avvenuti nel maggio 2012, è costituita da tre scienziati stranieri (il coordinatore Peter Styles, professore di Geofisica applicata alla Keele University, Ernest Huenges, Stanislaw Lasocki), due scienziati italiani (Paolo Gasparini, Paolo Scandone) e da Franco Terlizzese, ingegnere della direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del ministero dello Sviluppo economico.

La commissione Ichese, sulla base di considerazioni sismo-tettoniche, ha analizzato un’area per un’estensione di circa quattromila chilometri quadrati sulla quale ricadono tre licenze di esplorazione del sottosuolo (Mirandola, Spilamberto, Recovato). Sono state prese in esame anche due aree limitrofe: il “serbatoio di Minerbio” e il campo geotermico di Casaglia nel comune di Ferrara. L’articolo di Science aveva già riportato in anteprima parte delle conclusioni della commissione, ma non presenta dati scientifici né discute quelli pubblicati nel rapporto Ichese. L’articolo è fondamentalmente di divulgazione scientifica. Il rapporto Ichese presenta invece il quadro geologico dell’area esaminata, i dati sismici e la discussione di questi. Le conclusioni dell’analisi scientifica sono presentate a punti e caratterizzate dall’aggettivo “improbabile” (“molto improbabile”, “estremamente improbabile”).

L’improbabilità (ridotta possibilità, scarsa probabilità che qualcosa ha di accadere) è un fattore sempre presente nelle scienze. L’improbabilità ha profondi aspetti epistemologici con il “Principio di indeterminazione” di Heisenberg. Le scienze sono consapevoli dell’impossibilità di pervenire ad una conoscenza della realtà fisica completa, pienamente deterministica. Nessun medico ci potrà mai assicurare che prendendo i farmaci prescritti il tumore scomparirà, per sempre. Nessun economista ci assicura un guadagno del dieci percento acquistando le azioni di quella società. Questa improbabilità è presente anche in filosofia, statistica, economia, finanza, psicologia, sociologia ed ingegneria. Se sappiamo che le scienze sono indeterminate, perché abbiamo la necessità di volere a tutti i costi risposte certe? Come possiamo pretendere di prevedere i terremoti? Perché continuiamo a cercare il probabile nell’improbabile? Perché ci ostiniamo a discutere dati scientifici invece di capire perché molti edifici di nuova realizzazione non hanno resistito alle scosse sismiche?

Ciò che è lecito desiderare e razionale domandare è che le scuole dove vivono i nostri giovani e così gli ospedali dove soggiornano i nostri familiari siano costruiti con tecniche anti-sismiche. Ed è doveroso che la nostra storia incorporata nel patrimonio architettonico ed ambientale venga salvaguardata dalla tecnologia anti-sismica.

Auspico che i politici prendano posizioni forti quali “cancellazione degli abusi edilizi in zone sismiche”, “no agli edifici pubblici costruiti senza seguire le norme sismiche“, “sì alla messa in sicurezza degli edifici storici e monumentali”, “no alla segretezza tecnologica delle attività delle grandi industrie (chimica, metallurgia, energia nucleare)”.

Suggerisco un principio di determinazione: preveniamo i danni alle persone senza farci condizionare dell’impossibile previsione dei terremoti.

NOTA A MARGINE
Prendersi cura del creato, tra preoccupazione e speranza

(Pubblicato il 26 giugno 2015)

Chapeau agli istituti Gramsci e di Storia contemporanea di Ferrara per l’incontro di martedì 23 giugno dedicato all’enciclica di papa Francesco “Laudato si’ sulla cura della casa comune”, che porta la data del 24 maggio scorso.
Intense e profonde le riflessioni di Piero Stefani e Massimo Faggioli, cui va il merito di essere andati dentro il testo con competenza chirurgica.
Sta diventando una piacevole consuetudine quella dei due istituti ferraresi diretti da Fiorenzo Baratelli e Anna Quarzi, che stanno regalando a Ferrara momenti d’inusuale intensità e libertà, per essere realtà laiche, su temi e aspetti di carattere ecclesiale. Singolare l’appello in chiusura lanciato dallo stesso Baratelli alle parrocchie con vero fare pastorale e interessante la presenza nella strapiena sala del convento del Corpus Domini in città, di sacerdoti diocesani che hanno assistito all’incontro senza perdersi una virgola.
Non pretendo di mettere in fila i numerosi temi messi in luce, tante sono state le tastiere culturali (biblica, filosofica, storica, letteraria, teologica), tutte giocate con alta abilità solistica dai due studiosi ferraresi. Solo qualche personale, del tutto parziale, sottolineatura. È stato posto in evidenza il carattere non propriamente organico del testo, evidentemente risultato di diverse mani, ma una prima cosa che colpisce, almeno me, è una sensazione di particolare allarme e preoccupazione che papa Francesco trasmette sulle condizioni del creato.
L’autorevole indice è puntato su un sistema di sviluppo più volte chiamato “tecnoscienza” o “tecno-economico” e pressoché costantemente definito “irresponsabile”. Il termine ricorre ben sette volte nell’enciclica e sempre accostato al modello di crescita partorito dal ventre occidentale. Avrebbe potuto chiamarlo “sistema capitalistico”, se l’espressione non risentisse troppo di echi marxiani, con tutti i rischi del caso. Un paradigma dal quale secondo il pontefice occorre fuoriuscire prima che sia troppo tardi, perché il pianeta non potrà reggere a lungo gli attuali ritmi di sfruttamento delle risorse, i livelli di spreco e consumo compulsivo che sta generando e le drammatiche conseguenze che scarica sull’ambiente e, soprattutto, sugli esclusi, i poveri, gli ultimi.
L’ancoraggio filosofico di tale risoluta analisi è al pensiero di Romano Guardini in “La fine dell’epoca moderna” (1950), cui spesso seguono citazioni di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, verificabili nell’apparato delle note. L’impressione, come spiegato bene dai due studiosi ferraresi, è che il post-ideologico papa argentino si collochi nel solco di un pensiero magisteriale sostanzialmente negativo, o comunque fortemente critico, verso la modernità. Non nel senso che Francesco non parli di cose attuali, o non sia sufficientemente sintonizzato con i nodi cruciali del tempo presente, come hanno puntualizzato alcuni interventi durante il dibattito, ma perché l’impostazione e il portato essenziale della sua analisi lo conducono alla stessa severità di analisi e giudizio, quasi senza appello, dei suoi due predecessori.
Ne deriva un elemento di forte preoccupazione, angoscia e monito, che, di fatto, fa da contrappunto allo slancio di gioia e speranza che pure è presente nella sua predicazione (Evangelii Gaudium) e nella stessa enciclica. Una ferma opposizione verso una modernità del cuore vuoto della persona (“Abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici fini”, n. 203), che si spinge fino a contemplare esiti di “decrescita”, perché si possa crescere in modo sano in altre parti del mondo (n. 193).
Non è forse la riproposizione del modello della “decrescita” un rientrare nel campo dell’ideologia da parte di un papa che ne pretende la definitiva fuoriuscita? La cifra di questo dilemma l’ha resa in particolare Faggioli. Le reazioni statunitensi al documento non sono state delle migliori e il prossimo viaggio a settembre di Bergoglio negli Usa potrebbe rivelarsi un problema.
Contrariamente alle apparenze, le critiche non vengono solo dal versante repubblicano, dalla destra, da teocon e tea party, ma più trasversalmente da una società che considera il proprio modello di sviluppo come espressione della cultura del “self made man”. Un sistema in buona parte riconducibile in radice sul doppio significato del termine tedesco “beruf” (lavoro-vocazione) che, si potrebbe dire weberianamente, sorregge eticamente (l’ascesi intramondana protestante) lo spirito del capitalismo.
In questo senso si apre una forbice fra l’impostazione-soluzione radicale di papa Francesco (non c’è altra strada che la fuoriuscita, prima possibile, dal modello della tecnoscienza) e le (eventuali?) soluzioni economiche, scientifiche, tecniche e politiche, per uno sviluppo più equo e sostenibile, in ottica certamente disintossicata dalla fiducia nell’inarrestabile linea retta del progresso.
In sostanza la domanda è: c’è ancora spazio per la razionalità (ecco la modernità) in tutto questo, o c’è solo il postmoderno lavoro della religione e della spiritualità, per quanto francescana, verso un’inversione di 180 gradi degli stili di vita? Del resto lo stesso Jürgen Habermas, da sinistra, scrisse già anni fa che fra i sistemi economici nessuno come quello occidentale ha prodotto ricchezza e benessere su così vaste dimensioni e fra gli esperti non c’è unanimità sulle valutazioni effettivamente positive della decrescita. Vengono in mente anche le parole di Edmondo Berselli nel suo libro postumo “L’economia giusta” (2010), il quale ricordava che alle nostre spalle c’è un passato di redistribuzione e di correzione delle ingiustizie firmato dalle migliori tradizioni di pensiero delle democrazie cristiane e delle socialdemocrazie europee. Su quanto di quel pensiero sia rimasto sulla carta è lecito discutere, ma rimane che quella elaborazione è parte importante della cultura continentale.
Un ultimo cenno merita la riflessione sui poveri, retrocessi nella storia, almeno recente, del magistero papale, da potenziale soggetto storico di riscatto sociale a semplice termometro dei disastri prodotti dal sistema della tenoscienza. Un punto sul quale non da ora Stefani richiama l’attenzione sulla predicazione di Bergoglio, che si ripresenta puntuale anche nella sua enciclica. Segno che nel puntiforme mondo globale e nella baumaniana società liquida i soggetti storici di riferimento sono tramontati e che è oggettivamente difficile individuare nuove forme di interlocuzione e di rappresentanza?
Il tema c’è tutto ed è aperto alla discussione libera, senza pregiudizi e disinteressata, come stanno proponendo con merito gli istituti Gramsci e di Storia contemporanea di Ferrara.

IL DOSSIER SETTIMANALE
Ambiente: la cura della casa comune

Ambiente. Acqua. Rifiuti. Comunicare, conoscere, capire, ascoltare, leggere. Troppi professionisti del no ed ecofurbi da contrastare con la cultura dell’anche come proposta per la sostenibilità. Qualche contributo si è cercato di dare con le rubrica “ecologicamente” di cui si propone qualche articolo.
Quando si affronta il tema della comunicazione ambientale si deve partire dal principio di dover soddisfare il bisogno di informazione, di assicurare trasparenza, di offrire uno strumento sociale di partecipazione attiva ambientale. Bisogna mantenere alta la sensibilità e la domanda di sostenibilità e qualità sui servizi pubblici ambientali e più in generale di ambiente; è allora importante poter dialogare informando, facendo conoscere i pro e i contro di ogni soluzione tecnica e gestionale, coinvolgendo sugli obiettivi e sui principi, ricercando la collaborazione dei cittadini affinché gli impianti possano trovare collocazione, i servizi possano essere utilizzati nel modo migliore e le modalità di informazione siano percepite, diffuse e corrette. Invece crescono i conflitti ambientali ed il problema ha assunto un notevole peso economico, sociale, ambientale e tecnico: opposizioni, scontri politici, nascita di comitati di difesa, azioni spontanee di cittadini che bloccano, ritardano e talvolta modificano i progetti.
Il cittadino-cliente si aspetta di essere informato (ed è intelligente); solo attraverso il consenso e la legittimazione può aumentare il coinvolgimento. Spesso comunichiamo troppe cose (talvolta anche problemi, paure, ansie). Occorre un modo nuovo di impostare i rapporti e di comunicare: più attento, più indirizzato e personalizzato, più responsabile e coinvolgente, più finalizzato verso la società dei portatori d’interessi. Conoscere come la gente pensa, desidera, spera, apre scenari strategici fondamentali per la comunicazione nei servizi pubblici locali. Allo stesso modo la capacità di comunicazione, intesa come abilità, deve divenire patrimonio di tutti coloro che operano nel settore; comunicare, anche nei servizi pubblici, diventa una professione strategica e richiede sempre maggiori professionalità. Nella società contemporanea e nel futuro prossimo acquisteranno crescente valore la trasparenza e dunque il diritto del cittadino di “capire” le logiche usate per amministrare le risorse pubbliche, di poter essere appoggiato, protetto, considerato e di avere qualità.