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Giorno: 10 Maggio 2014

III° Premio Nazionale “Paola Occhi” 2014: interpretare la cecità con la pittura e la fotografia. L’inaugurazione il 16 maggio.

da: Staff Premio Paola Occhi 2014

“La riflessione e visione che proponiamo vuole in primis stimolare una sosta in quello spazio e stato di ‘azzeramento’, per superarlo; per percorrere un viaggio immaginativo sospeso in un vuoto, dove tutto diventa possibile. Riaprire gli occhi vedere guardare osservare, poi avere il coraggio di colorare o sporcare la realtà con la propria soggettività”.

Elisa Mucchi

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Il III° Premio Nazionale di Fotografia e Pittura ‘Paola Occhi’ concentra la sua attenzione sul tema Cecità, e ha chiesto agli artisti selezionati di interpretare questo concetto tramite fotografia e pittura.

L’evento, curato da Alessandro Passerini del Collettivo TM15 ed Elisa Mucchi del progetto polis_artika, rientra nelle attività attuate da Migliarino di Fiscaglia (FE) rivolte alla sensibilizzazione sul problema amianto, grazie alla stessa Elisa e Giancarlo Mucchi, in collaborazione con l’associazione AEAC di Alberto Alberti, il prezioso contributo di Rossella Zadro, assessore all’ambiente di Ferrara e patrocinato da Università degli Studi di Ferrara. L’evento partecipa alla Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI.

Il programma sella serata inaugurale prevede:

− ore 21.00: concerto in memoria di Paola Occhi con il Soprano Ieva Manoni; alla chitarra Agostino Maiurano
− Intervento di Rossella Zadro, assessore ambiente del comune di Ferrara
− Intervento di Fabio Sforza, assessore ambiente del comune di Migliarino
− Intervento di Alberto Alberti, presidente dell’ Associazione AEAC
− Premiazione e Consegna degli attestati da parte della Giuria

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Genere: collettiva di fotografia e pittura

Spazio Espositivo: Centro Polifunzionale, viale giacomo matteotti, 11 – Migliarino di Fiscaglia (FE)
tel +39 329 8791299 – premio.occhi@gmail.com – www.premiopaolaocchi.com

Orari: da martedì a venerdì dalle 15.00 alle 18.00 e sabato dalle 9.00 alle 13.00
Vernissage: 16 maggio 2014, ore 21.00
Finissage: 31 ottobre 2014, ore 18.00

Ingresso gratuito.

Catalogo: a cura di Alessandro Passerini, Elisa Mucchi, Michela Malisardi; 88 pagine c/a, gratuito.

Patrocini: AMACI, UniFe, Comune di Migliarino, associazione AEAC, polis_artika, Collettivo TM15, Associazione Tamèr, Associazione Tracce d’Arte, Premio Nazionale di Arte Contemporanea ‘B.Cascella’, il Faro Verde, Terry May Home Gallery.

Curatori: Elisa mucchi, Giancarlo Mucchi, Alessandro Passerini.

Artisti: Valeria Cardinale, Marco Circhirillo, Luigi Grassi, Yulia Knish, Valentina Murabito, Mara Patricelli, Valerio Spisani, SR Studio (Fabrizio Strada e Mirko Rinaldi), Giacomo Stefani, Maria Barbara Tartari, Roberta Baldaro, Rossella Baldecchi, Alessandro Brunelli, Francesco Campese, Floriana Mitchell, Juan Eugenio Ochoa, Leonardo Prencipe, Maurizio Rapiti, Michela Sbuelz, Stella Zografou, Terry May, Laura Ragazzi, Andrea Amaducci, Vladimiro Lilla, Alessandro Passerini, Monica Seksich, Massimo Volponi, Federica Costa, Giorgio Distefano, Lorenzo Fontanesi, Giulia Pesarin, Alessandro Falco.

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Riolo Terme, dopo tredici anni riapre la Grotta di Re Tiberio

da: ufficio stampa giunta regionale Emilia-Romagna

L’assessore regionale Gazzolo, presente all’inaugurazione: “Restituito alla comunità un patrimonio ricco di storia e di fascino”

Bologna – A tredici anni dalla chiusura causata da un crollo, riapre oggi a Riolo Terme, in provincia di Ravenna, la Grotta di Re Tiberio. L’importante sito archeologico, localizzato nel polo estrattivo regionale di gesso di Monte Tondo (Riolo Terme/Casola Valsenio), torna a nuova vita dopo la campagna di scavi avviata nel 2010 e gli interventi che ne hanno garantito la fruibilità. Sono stati realizzati un sentiero didattico di accesso, un ballatoio all’ingresso e una passerella all’interno per consentire la vista dei vari strati e dei reperti archeologici rinvenuti.
“Viene restituito all’Emilia-Romagna e all’intero Paese un luogo di straordinaria bellezza, ricco di storia e di fascino – ha affermato l’assessore regionale alla Difesa del suolo Paola Gazzolo, presente all’inaugurazione – . Grazie all’azione corale di istituzioni e soggetti privati che hanno lavorato insieme, oggi possiamo festeggiare con la comunità quest’apertura”.
L’assessore ha ricordato l’impegno del suo predecessore, Mario Luigi Bruschini, che dal 2003 seguì da vicino il recupero e la riqualificazione del sito: “Uomo speciale, sapeva prendersi cura del prossimo e del territorio con grande umanità, dedizione e intelligenza. Doti – ha concluso Gazzolo – che gli hanno permesso subito di comprendere come questo sito costituisse un immenso patrimonio collettivo, da far rivivere coniugando la valorizzazione della risorsa estrattiva alla promozione del territorio e delle sue bellezze”. In memoria di Bruschini, l’amministrazione comunale di Riolo Terme ha consegnato una targa all’assessore Gazzolo.
Sul costo complessivo di 300 mila euro, la Regione Emilia-Romagna ha messo a disposizione un finanziamento di 230 mila, derivanti dagli oneri della cava di gesso aperta alla fine degli anni Cinquanta nel vicino Monte Tondo; 50 mila euro sono stati stanziati dal Comune di Riolo Terme e 20 mila dalla Provincia di Ravenna.

La Grotta
Sito dall’altissimo valore archeologico, è una delle testimonianze più interessanti a livello nazionale della lunga frequentazione umana in grotta sia a scopo cultuale, sia per la presenza di acque ritenute salutari.
La cavità, nota dalla metà dell’800 e frequentata a partire dalla tarda età del Rame fino all’età imperiale romana, è stata utilizzata innanzitutto per ragioni religiose e sepolcrali. Fruibile per scopi turistici e culturali fino all’inizio del 2001, venne chiusa in seguito a una frana che causò un’apertura nel pavimento.

Comacchio: un bando per valorizzare gli spazi dell’arena all’aperto e della Sala Polivalente “San Pietro” a Palazzo Bellini

da: ufficio stampa Comune di Comacchio

Sino al 28 maggio 2014 potranno pervenire le domande di partecipazione al bando di selezione per l’assegnazione temporanea di spazi pubblici presso l’arena di Palazzo Bellini e la Sala Polivalente “San Pietro”, da adibire a piccola attività di somministrazione e vendita di alimenti e bevande. Attraverso questo bando l’Amministrazione Comunale intende valorizzare gli spazi dell’arena all’aperto e della sala polivalente ‘San Pietro’ a Palazzo Bellini, già adibiti allo svolgimento di eventi, iniziative di svago e di intrattenimento, sia durante il periodo invernale, che durante quello estivo. Lo scopo del bando consiste nell’offrire un servizio ai turisti e ai cittadini, grazie all’attivazione di un servizio di piccola somministrazione e vendita di alimenti e bevande. Nell’avviso integrale del bado, consultabile e scaricabile dal portale comunale all’indirizzo:
http://www.comune.comacchio.fe.it/index.php/I-Servizi/Gare-appalti-e-contratti/Gare-e-appalti-aperti/Bando-per-la-somministrazione-e-vendita-di-alimenti-e-bevande-presso-l-Arena-di-Palazzo-Bellini-e-Sala-Polivalente sono disponibili tutte le informazioni relative ai requisiti richiesti e alle modalità di presentazione delle domande. La procedura in questione, ad evidenza pubblica, avrà la durata di 1 anno, in via sperimentale. L’attività potrà essere effettuata indicativamente nella fascia oraria dalle ore 21:00 alle ore 23:30, in concomitanza con le iniziative e gli spettacoli. Durante il periodo estivo l’attività di piccola somministrazione e vendita di alimenti e bevande verrà svolta in uno spazio aperto nell’arena di Palazzo Bellini, mentre nel periodo invernale l’attività sarà effettuata all’interno della Sala Polivalente. Si precisa che il progetto deve comprendere la gestione di entrambi i punti di piccola somministrazione e vendita di alimenti e bevande, sia quello estivo nell’arena di Palazzo Bellini, sia quello invernale nella Sala Polivalente. Le domande riguardanti la gestione di uno solo dei due punti citati non verranno accolte. Gli interessati potranno prendere visione dei luoghi e chiedere informazioni rivolgendosi direttamente all’Ufficio Cultura ai seguenti recapiti: 0533/315805, oppure mrsabattini@comune.comacchio.fe.it

A due anni dal terremoto, il bilancio di Patrizio Bianchi: “La scuola è rinata”

di Riccardo Rimondi

“Il 29 maggio avevo detto che avremmo regolarmente cominciato l’anno scolastico il 17 settembre, e quando l’ho detto stavo piangendo. A due anni di distanza, devo dire che è andata bene”. Patrizio Bianchi, ferrarese, assessore regionale a Scuola, formazione, università, non ha dubbi: la ricostruzione del tessuto scolastico, messo in ginocchio dalle scosse che il 20 e il 29 maggio 2012 hanno colpito la Bassa emiliana, merita una promozione a pieni voti. “Il nostro punto di forza è stato l’averlo fatto insieme. Il commissario non era inviato dall’esterno ma era un rappresentante della comunità (Errani, ndr), i sindaci sono stati fantastici e lo è stata la struttura tecnica inviata dalle altre Regioni. E anche le imprese ci hanno aiutati, sia materialmente sia mostrando di volere restare”. Dopo ventiquattro mesi e oltre quattrocento scuole rimesse in piedi, l’assessore regionale alla scuola è convinto che questo terremoto sia stato, per l’edilizia scolastica, una lezione da ricordare per il futuro: “Basta edifici storici, dobbiamo ripensare il nostro patrimonio scolastico. Il sisma ci ha insegnato come devono essere costruiti gli edifici: su un piano, con materiali leggeri e antisismici, predisposti al fotovoltaico e in grado di consumare meno energia di quella che producono”.

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Il ferrarese Patrizio Bianchi, ex rettore di Unife, è assessore regionale a Scuola, formazione, università e ricerca, lavoro

Assessore, due anni fa il terremoto danneggiava 450 edifici scolastici, colpendo 70 mila studenti. A due anni di distanza, qual è il bilancio?
Quando abbiamo fatto la prima verifica, il 28 maggio, gli edifici danneggiati erano 100. Il giorno dopo, con la seconda, siamo arrivati a 450. L’area coinvolgeva circa 70 mila studenti, e 18 mila avevano le scuole del tutto inagibili. Fin da subito abbiamo fatto una verifica in tutti gli edifici: entro luglio avevamo verificato gli oltre 600 nel cratere, entro settembre abbiamo controllato tutti quelli della Regione. I ragazzi hanno iniziato tutti la scuola il 17 settembre. A fine anno erano tutti al caldo, dentro edifici temporanei di lunga durata o dentro i moduli. Abbiamo deciso di fare una trentina di moduli temporanei dove le scuole erano state danneggiate ma potevano essere recuperate. Dove abbiamo fatto quelli di lunga durata, abbiamo quasi dappertutto ampliato le strutture con biblioteche, palestre, territori. Abbiamo tenuto i moduli temporanei del Calvi-Morandi di Finale e del Galilei di Mirandola, perché nel frattempo la Provincia stava ristrutturando le scuole originarie, che sono in cemento armato e richiedevano più tempo delle altre per essere messe a posto. In ogni caso, il ripristino dovrebbe avvenire entro il 30 settembre. A Finale abbiamo costruito anche dei laboratori, dove stiamo sviluppando dei progetti di creazione d’impresa. Tutte le scuole sono state cablate, quindi abbiamo messo lavagne multimediali in tutte le aule.

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Un asilo riattrezzato dopo il sisma

Quante scuole sono quelle in cui bisogna intervenire?
Tolti i casi di Finale e Mirandola, che sono di competenza della Provincia, noi abbiamo finito le scuole l’anno scorso. Nell’ultimo anno, abbiamo fatto solo lavori di ampliamento. Dato che all’inizio dell’anno scolastico avevamo fatto solo le aule, abbiamo aggiunto le biblioteche, le palestre, i laboratori e le mense. Avendo costruito le scuole per moduli, abbiamo solo dovuto aggiungere i “pezzi” di cui c’era bisogno.

Il 29 maggio alle due avrebbe mai detto che tre mesi e mezzo dopo sareste riusciti a far ripartire l’anno scolastico ovunque?
Io l’avevo già detto. Il 20 maggio avevamo detto che saremmo ripartiti il 17 settembre, e c’è voluta una bella incoscienza per fare una dichiarazione del genere. Il 29 maggio l’ho ripetuto, e stavolta piangevo. L’ho detto più per volontà che per altro. L’ho detto perché ci contavo. Devo dire che ci è andata bene. Sono stati fantastici i sindaci, è stata fantastica la struttura tecnica che le altre Regioni ci hanno dato. Perché sono stati in tanti ad aiutarci.

Qual è stato il vostro punto di forza?
L’averlo fatto insieme. Non c’era il commissario esterno. Io ho confrontato la nostra situazione con quella che c’era, purtroppo, in Abruzzo. Quando ci sono i terremoti, generalmente viene nominato un commissario esterno e viene sospesa la struttura di rappresentanza civile. Noi abbiamo fatto il contrario: pensavamo che il commissario dovesse essere il presidente della Regione e che il vice, in ogni territorio, dovesse essere il sindaco. Questo ha rafforzato ancor più la comunità. Quando viene un terremoto non si spaccano solo le pietre, si spacca soprattutto la comunità. Quando è venuto il terremoto all’Aquila hanno spostato la gente in posti anonimi, e dopo cinque anni le persone sono rimaste lì. Noi abbiamo deciso di tenere la gente nel suo territorio, in modo che ciascuno avesse come referente il suo sindaco piuttosto che il suo parroco. E poi siamo stati equi: per noi tutte le scuole erano uguali, le abbiamo trattate tutte allo stesso modo. A Mirabello c’erano una scuola parrocchiale e una statale, le abbiamo rifatte insieme e questo ha ricompattato la gente.

Qual è stata la scommessa più grossa che avete vinto?
La cosa più difficile è stata proprio questa, dare a tutte le persone l’idea che stavamo ricominciando, che eravamo sul pezzo, che avevamo appuntamenti fissi e che non potevamo mancarli. Non abbiamo detto “adesso l’emergenza e poi la ricostruzione”, abbiamo fatto vedere che partivamo subito con la ricostruzione.

Cosa non ha funzionato, invece?
Sulla struttura delle scuole, io credo il rapporto continuo con tutta la filiera, dalle autorità statali a quelle locali e alle imprese, abbia funzionato. Temevamo che ci potesse essere una forte pressione della malavita, ma lavorando sulla comunità siamo riusciti a tenerla fuori. Certo, so che ci sono ancora dei problemi con le case e con le imprese, ma noi ci siamo concentrati sulle scuole. Avendo avuto un mandato così preciso su qualcosa che tutti sentivano comune, ci siamo concentrati su quello. Forse l’unico neo è stato il falso allarme di inizio giugno, che però ci ha permesso di mettere in azione tutte le strutture di allarme e di tenere la macchina “in tiro”.

Ultimamente si è parlato molto di collaborazione fra sistema scolastico e impresa. Quanto vi hanno aiutato, se vi hanno aiutato, le imprese nella ricostruzione delle scuole?
Al di là dell’aiuto materiale che molte ci hanno dato donando denaro, strumenti e laboratori, le imprese ci hanno aiutato perché hanno rafforzato la comunità. Hanno fatto vedere che non se ne andavano via. Se dopo il terremoto le multinazionali di Mirandola fossero andate via, sarebbe stato preoccupante. Invece sono rimaste tutte e l’hanno fatto vedere. Tutte dicevano di ripartire dalla scuola, che era il riferimento. E così l’intera comunità ha sentito che nessuno scappava.

Cosa resta da fare?
Stiamo continuando nell’opera di rafforzamento e consolidamento di tutto il patrimonio scolastico della Regione. Stiamo inducendo Comuni e Province a ripensare il loro patrimonio scolastico sulla base di quello che abbiamo imparato in quei giorni. Stiamo trasferendo al governo nazionale tutto quello che abbiamo imparato su come ci si muove in questa fase, come si può costruire.

In pratica, questo terremoto vi è servito per capire come si devono costruire le scuole nuove?
Sì. Noi siamo arrivati con un patrimonio che spesso era fatto di edifici storici. Ora sappiamo che le scuole devono essere fatte con materiali leggeri, assorbenti del rumore, antisismici, in grado – spesso – di consumare meno energia di quella che producono. Sappiamo che gli edifici devono essere predisposti al fotovoltaico, che devono essere cablati, che devono essere su un unico piano con un’uscita sul corridoio e una esterna. Stiamo inducendo i Comuni a tenere gli edifici storici che erano usati come scuole per altri utilizzi, come biblioteche o sedi civiche, e ricostruire il polo scolastico con metodi nuovi. Stiamo aiutando i Comuni a costruire gli altri edifici pubblici danneggiati in quel modo, e stiamo inducendo tutta la Regione a ripensare il proprio patrimonio. Dato che ora c’è un fondo nazionale rivolto ai Comuni, stiamo parlando col sottosegretario Reggi e con le amministrazioni locali per dir loro di fare delle progettazioni tenendo conto di ciò che abbiamo imparato.

[© www.lastefani.it]

Vedi la mappa delle 58 nuove scuole costruite dopo il terremoto

Vedi il video Il battito della comunità, realizzato dalla Regione Emilia Romagna sulla ricostruzione post-sisma 

L’amore impossibile dei ‘malati di tossico indipendenza’

Perchè secondo me l’unico motivo per cui due si possono lasciare dopo un anno e otto mesi è che non si amano più”. Così gli risponde lei quando si sente dire “sto meglio senza di te”, pur amandoti, forse amandoti per sempre. Valeria Parrella compie un viaggio fino a Buenos Aires nei luoghi di Borges, deve stare con Michele, vuole stare con Michele prima che tutto finisca.

Ma quale amore (Einaudi, 2014) è un conto alla rovescia verso quel momento che era stato annunciato da mille avvisaglie, rimaste lì a ricordare che qualcosa non va, perché un amore non finisce mai per caso.

Lei lo sa che per due “malati di tossico indipendenza” come sono loro, la distanza può diventare un abisso. Michele vuole spazio, lontano, sempre di più, è lo spazio che, in una storia, confina l’altro altrove senza possibilità di accesso, se non a singhiozzo. Una libertà vigilata al contrario, un domani che diventa sempre più spesso dopodomani. Lei non la vuole questa libertà, vuole lui, che fugge verso il suo spazio in più. Chissà se Michele l’ha capito che condividere qualcosa, quando si sta insieme, non toglie nulla, ma aggiunge.

Si sente intrappolata nel suo non amore, nella propensione di lui a farne a meno, a volersi bene anche da lontano, come in un anno sabbatico, quando si sceglie di partire e provare, tanto prima o poi si tornerà.

È la sera giusta per andare da Michele e lasciarlo. Ma un sms la anticipa, anzi la liquida. Pochi caratteri, che altro serve per mettere fine a una storia, a un amore? Ma quale amore.

È chiaro che si va avanti, si cancella il numero, si mette da parte tutto ciò che lo può anche solo lontanamente ricordare, guai a nominarlo, si normalizza il più possibile ciò che prima era parso speciale, si smette di dare valore simbolico a quelle cose che avevano unito, che avevano fatto sentire una coppia. Che saranno mai un compleanno, un natale e un capodanno senza quell’amore, basta non pensarci, dimenticare un po’ e considerare il viaggio concluso.

Poi arriva il colpo di coda. Forse non è tutto finito. Michele che stava bene anche da solo, Michele del “magari ci serve stare separati”, si fa vivo, rivediamoci. Ma allora non era il capolinea quello, c’è dell’altro. C’è tutto quello che da sepolto e rintuzzato che era, torna a galla in un attimo, prepotente: il viaggio a Buenos Aires, le sue vie monumentali, le madres di Plaza de Mayo, loro due che hanno saputo sentirsi vicini e sono stati capaci di amarsi.

Non è solo il ricordo di quell’uomo e di quell’amore a essere smosso, è un nuovo desiderio di bellezza, almeno un po’: “lucidare le ossa per riporle in una teca, oppure lasciarsi sorprendere da una fenice araba”.

Michele chiede scusa, ma non serve, si chiede scusa se si pesta un piede, non se si è tranciato un rapporto. Scusa fa fare pace a chi lo dice, è come mettere l’errore da parte, passarci sopra.

E dopo trecento notti, Michele non le fa più lo stesso effetto, Michele non fa più nulla, quella distanza è finalmente servita.

Cambiare verso anche nella gestione dei servizi comunali

Ormai lo scenario dei nuovi assetti istituzionali, dalla nuova legge elettorale ad un probabile diverso ruolo del Senato con le autonomie, dalla modifica del titolo V del dettato costituzionale all’Anci che chiede meno Comuni ma più corposi, anche nelle funzioni, non può che coinvolgere il sistema delle aziende municipalizzate, da quelle quotate in borsa a quelle piccolissime, favorendo, così, oltre ad una pubblica amministrazione più leggera e snella, servizi di utilità compresi, il percorso della “spending review”.
Perché il nuovo scenario diventi concretezza, accompagnato da altre novità del nuovo governo Renzi, anche le realtà dei territori debbono fare la loro parte, affatto irrilevante nel disegno innovatore appena tratteggiato.
A tale proposito, vale la pena di soffermarci a parlare dei servizi di pubblica utilità del ferrarese, fuori dalle mura cittadine, per fare il focus su tutta una serie di argomenti di grande importanza: catena di controllo con le governance, management e presidenze, piani industriali incrociati, grandezze disaggregate, poste articolate e indici dei bilanci, struttura dei costi, tariffe e tutti quegli elementi e fattori che sono in grado di dare risposte aziendali e di pubblica utilità ai clienti-cittadini.
Se poi ci impegniamo, coinvolgendo esperti indipendenti, a comparare (anche se le aziende operano in monopoli) i servizi e le cifre delle bollette, anche semplificandole, non solo in nome della trasparenza ma anche per capirle (gas, energia, ciclo delle acque e depurazioni, nettezza urbana e sistema della raccolta, reti di telecomunicazioni e banda larga, inceneritori e discariche, farmacie e piccole aziende per le infrastrutture e altro), le sorprese non saranno poche, anzi ci diranno che così non è più possibile procedere con queste gestioni amministrative locali.
Il dato sul quale dobbiamo riflettere è che in molte regioni del nord e parte del centro del nostro Paese, le cosiddette municipalizzate hanno fatto, da tempo, un salto di qualità non indifferente, anche per competere con una concorrenza europea agguerrita e rivolta ad una sana politica aziendale che punta sui servizi, i costi e i prezzi delle tariffe, andando oltre la logica dei monopoli.
Nel ferrarese le moltiplicazioni delle aziende pubbliche locali (e non solo), a volte anche nel nanismo d’impresa e con fatturati da bar-pasticceria-tavola calda, manifestano vecchie logiche di un tempo ormai superato, a volte spannometriche, più per continuare a soddisfare gli ultimi giapponesi degli apicali, lasciando però frequentemente la struttura e l’organizzazione dei servizi nel marasma dell’inefficienza, abbandonando i necessari caratteri dell’economicità e dell’efficacia e, spesso, nel caos, la formazione dei prezzi, delle tariffe e delle bollette.
Ora diventa necessario quindi rafforzare il sistema delle utilities modificandolo, perché a Bondeno, ad Argenta, a Pontelagoscuro, a Codigoro, a Copparo, le differenze non siano troppo evidenti (ad oggi anche con scarti oltre il 20%) sulle tariffe per le bollette da pagare.

Si chiede, non solo un approccio metodologico di revisione della spesa, di riordino della stessa e del suo necessario riposizionamento, ma, soprattutto, un recupero corposo di risorse finanziarie (oltre a risparmi per i cittadini) che potremo riorientare e utilizzare, insieme ad altre, alle imprese, al lavoro, all’occupazione, ai giovani e fare crescita dei nostri territori.
Noi da soli, però, non possiamo farcela, anche producendo il dovuto sforzo aziendale, ed allora proviamo a guardare se oltre il nostro perimetro troviamo disponibilità ed attenzioni.
Sappiamo, infine, che i soci delle municipalizzate sono i Comuni, che i sindaci sono chiamati a rispondere, che a breve ci saranno in molti Comuni le elezioni amministrative e che qualche candidato non potrà sottrarsi a dire come la pensa al riguardo.
Non possiamo chiedere ad altri di “cambiare verso” se non cominciamo da noi, dai territori, dai cittadini e dagli amministratori locali tutti.

Madama Rosa e Messer Pidocchio

Una delle domande più frequenti che mi rivolgono riguardo al mio giardino è questa: “Come fai ad avere tante rose e così pochi pidocchi?” La domanda contiene la risposta: “Ho tante rose”. Se avessi un’invasione di afidi proporzionata al numero di fiori che a maggio riempiono il mio giardino, non avrei altra scelta che il lanciafiamme. Quasi tutte le mie rose sono grandi arbusti maritati ad alberi, siepi e altre piante, quindi gli afidi, di fronte a tanta scelta, si distribuiscono o si attaccano a qualche ramo, quasi sempre dei succhioni, così mi basta eliminare i rami più infestati per contenere questi ospiti. Gli altri insetti fanno il resto. A questa domanda segue quasi sempre l’osservazione: “… per te è facile, hai un giardino grande!”. Queste parole mi irritano tantissimo perché le dimensioni di un giardino o di un balcone, non sono assolutamente un ostacolo per creare un insieme ricco di forme e di biodiversità. Nella prima casa in cui ho abitato da sposata, avevo un balcone di 1 metro per 5, coperto ed esposto a nord-est; in pochi anni sono riuscita ad accumulare una settantina di vasi in cui coltivavo di tutto, non avevo criterio e sono riuscita ad allevare anche un fico, un paio di rosai e altre varietà che si erano adattate ad una vita-bonsai, con poca luce e niente pioggia. Nonostante le dimensioni e la pessima esposizione, quel balcone era un microcosmo in salute, frequentato da insetti e farfalle e, nel suo piccolo, era un vero intruso nel prospetto uniforme del condominio, le cui uniche presenze vegetali erano le batterie di gerani e/o petunie nei mesi estivi. Quelle piante, castigate in gioventù, sono state premiate e adesso vivono in tutto il loro splendore nella terra del mio giardino. Potrei citare tantissimi esempi in cui piccolo è diventato sinonimo di vario, esagerato, bio-diverso, grazie alla volontà e al desiderio dei giardinieri che lo hanno coltivato, scegliendo l’ordine o il disordine, lo stile e le piante. Chi preferisce averne poche o di un solo tipo, deve averne molta cura, trattarle con attenzione, difenderle, non può mai distrarsi. Le rose sono piante molto robuste, ma hanno bisogno di terra grassa, sole, aria, compagnia e libertà di movimento. Se vogliamo coltivarle in vaso, dobbiamo cercare di rendergli la vita accettabile, altrimenti si indeboliscono, si stressano e di conseguenza si ammalano e subiscono più facilmente gli attacchi dei parassiti. Se proprio non si resiste all’acquisto di un ammiccante rosaio mignon, tra uno yogurt e un pacchetto di biscotti sui bancali della coop, è bene trattarlo come un onesto centro tavola da cucina e, quando si affloscia, lo si getta nel bidone. Non è cinismo, ma un’onesta valutazione dello scopo per cui sono stati creati e selezionati questi vegetali.
Un buon rimedio naturale contro gli attacchi dei pidocchi delle rose, è il macerato d’ortica (costa meno di quello fatto con gli scarti delle sigarette). Si prepara con le foglie dell’ortica comune, raccolta in qualsiasi momento, tranne quando la pianta va a seme. Il macerato elimina gli afidi e nutre le piante con calcio, potassio e azoto, immediatamente assimilabili dalle foglie.

Ricetta: un chilogrammo di pianta fresca (oppure 200 grammi di pianta essiccata) per ogni litro di acqua, fredda e possibilmente piovana, piogge acide permettendo. Sarebbe preferibile un contenitore di coccio o di legno, altrimenti si usa una pentola smaltata o una catinella di plastica, ma non di metallo. Il macerato va mescolato una volta al giorno e quando si mescola puzza. Per facilitare l’operazione di filtraggio, si può immergere della tela di iuta nella catinella. Il macerato prima di essere usato e distribuito con un erogatore a pompa o con uno spruzzino, deve essere filtrato per bene. L’efficacia del macerato dipende dalla concentrazione e dal tempo di macerazione. Il macerato di 12 ore, si usa concentrato e si spruzza direttamente sulle piante infestate dagli afidi. Il macerato di 4 giorni, si usa diluito in acqua: una parte di acqua, mezza di macerato, per concimare e combattere gli afidi; con l’aggiunta di un decotto di equiseto è ottimo anche per combattere in modo naturale gli attacchi di ragnetto rosso. Si può fare anche il macerato maturo di 15 giorni, ma diventa piuttosto impegnativo da gestire per chi ha un terrazzo o un piccolo giardino da trattare.

Quarta edizione del Premio “Paola Occhi-Giovanissimi Autori”: esprimersi con la fotografia sul tema “Con i miei Occhi”

da: Staff Premio Paola Occhi 2014

Quarta edizione del Premio ‘Paola Occhi’ GIOVANISSIMI AUTORI promosso dal Centro ANCeSCAO il Volano, coadiuvati da Gian Maria Montanari e con l’aiuto dell’assessorato all’ambiente di Ferrara, dell’associazione AEAC di Alberto Alberti, il Colletivo TM 15 di Alessandro Passerini e il progetto Polis_Artica di Elisa Mucchi. Il tutto patrocinato da Migliarino di Fiscaglia (FE) e dall’Università degli Studi di Ferrara.

Quest’anno è stata scelta la fotografia come mezzo espressivo con cui i ragazzi alle classi IV e V della Scuola Primaria afferenti alla Direzione dell’Istituto Comprensivo di Ostellato si sono espressi sul tema ‘Con i miei Occhi’.

Il programma della mattinata del 16 maggio si svolgerà presso il Centro Polifunzionale di Migliarino di Fiscaglia (FE) e prevede:

− ore 9.45: arrivo scolaresche
− saluto di Vanna Lambertini, Presidente Centro ANCeSCAO Il Volano
− performance di Elisa Mucchi
− Intervento Dott. Claudio Castagnoli – Provincia Ferrara
− “Con i miei occhi”: le fotografie dei bambini raccontate da Gian Maria Montanari
− Premiazione e Consegna degli attestati da parte della Giuria
− Saluti e presentazione del tema della V edizione del Premio Giovanissimi Autori 2014-2015.

Per informazioni:
ilvolano.migliarino@hotmail.it
+39 0533 51073

Coldiretti: crescono le importazioni agroalimentari dall’estero, ma anche le frodi

da: ufficio stampa Coldiretti

Le frodi con il segreto sugli ingredienti stranieri sono aumentate del 248% secondo i dati dei NAS, che svolgono una fondamentale attività di controllo a garanzia dei consumatori ed a difesa dei produttori onesti.

Dall’inizio della crisi sono piu’ che triplicate in Italia le frodi a tavola con un incremento record del 248 per cento del valore di cibi e bevande sequestrati perché adulterate, contraffate o falsificate sulla base della preziosa attività svolta dai carabinieri dei Nas dal 2007 al 2013. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti per sottolineare l’importanza della decisione annunciata dal Ministro della Salute, On. Beatrice Lorenzin che ha accolto la richiesta presentata dal presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo di togliere il segreto e di rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero, anche per combattere inganni esofisticazioni.

Gli ottimi risultati dell’attività dei Nas confermano l’efficacia del sistema di controlli in Italia contro un crimine particolarmente odioso perché – sottolinea la Coldiretti – si fonda sull’inganno e colpisce soprattutto quanti dispongono di una ridotta capacità di spesa a causa della crisi e sono costretti a rivolgersi ad alimenti a basso costo dietro i quali spesso si nascondono infatti ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi sui quali è importante garantire maggiore trasparenza. Lo dimostra il fatto che le importazioni agroalimentari in Italia hanno ragiunto la cifra record di 40 miliardi di euro nel 2013 con un aumento del 20 per cento rispetto all’inizio della crisi nel 2007, secondo l’analisi della Coldiretti.. sul mercato mondiale sotto la pressione della crisi è sostenuto – precisa la Coldiretti – il commercio di surrogati, sottoprodotti e aromi artificiali utilizzati per nascondere la bassa qualità degli alimenti.

Si tratta di preoccupazioni che – continua la Coldiretti – riguardano anche l’Italia che è un forte importatore di prodotti alimentari, con il rischio concreto che nei cibi invendita vengano utilizzati ingredienti di diversa qualità come il concentrato di pomodoro cinese, l’extravergine tunisino, le mozzarelle taroccate ottenute da latte in polvere, paste fuse e cagliate proveniente dall’estero. Il risultato è che nel 2013 sono aumentati del 14 per cento gli allarmi alimentari in Italia con ben 534 notifiche sulla sicurezza di cibi e bevande potenzialmente dannosi per la salute, sulla base del sistema europeo di allerta rapido per alimenti e mangimi (RASFF), rispetto al 2007 in cui è iniziata la crisi. Si tratta – continua la Coldiretti – di un balzo record nel numero di notifiche nazionali al sistema di allerta comunitario per la prevenzione dei rischi alimentari, rispetto allo stesso periodo di cinque anni fa, prima dell’inizio della crisi. Peraltro l’82 per cento degli allarmi alimentari che si sono verificati in Italia sono stati provocati da prodotti a basso costo provenienti dall’estero.

“Il flusso ininterrotto di prodotti agricoli che ogni giorno dall’estero attraversano le frontiere serve a riempiere barattoli, scatole e bottiglie da vendere sul mercato come Made in Italy”, denuncia il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all’estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta, oltre un terzo della pasta ottenuta da grano che non è stato coltivato in Italia all’insaputa dei consumatori, e la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate straniere. In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato – conclude il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – il valore aggiunto della trasparenza e lo stop al segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero è un primo passo che va completato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti.

In Italia arriva dall’estero un quantitativo di agrumi freschi pari al 14 per cento della produzione nazionale a cui si aggiungono oltre 300mila quintali di succhi concentrati che finiscono nelle bevande all’insaputa dei consumatori perché in etichetta – sottolinea la Coldiretti – viene indicato solo il luogo di confezionamento. La maggioranza del succo di arancia consumato in Europa, poi, proviene dal Brasile sotto forma di concentrato al quale viene aggiunta acqua una volta arrivato nello stabilimento di produzione, a differenza di quantoavviene per la spremuta. Nel pomodoro da industria l’Italia importa semilavorati industriali prevalentemente da Cina e Stati Uniti pari a circa il 20 per cento della propria produzione.

Ad arrivare in Italia è soprattutto concentrato in fusti da oltre 200 chili che vengono svuotati per confezionare il pomodoro in barattoli e vasetti da distribuire al consumo nel nostro Paese e all’estero senza alcuna indicazione sulla reale provenienza in etichetta. Il risultato sono i bassi prezzi pagati agli agricoltori e il crollo del raccolto che nel 2013 è risultato essere il piu’ scarso degli ultimi dieci anni, secondo le analisi della Coldiretti. In Italia, inoltre, sono stati consumati 2,05 milioni di tonnellate di latte a lunga conservazione ma di questi solo mezzo milione è di provenienza italiana mentre il resto è statosemplicemente confezionato in Itala o addirittura e arrivato già confezionato, con un impatto negativo sul lavoro e sull’economia del paese.

Ma ad essere importati – riferisce la Coldiretti – sono anche semilavorati come le cagliate, polvere di latte, caseine e caseinati che vengono utilizzati per produrre all’insaputa del consumatore formaggi di fatto senza latte. Il falso Made in Italy colpisce anche i formaggi piu’ tipici con la crescita esponenziale delle importazioni di similgrana dall’estero (Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia, Lettonia) per un quantitativo stimato in 83 milioni di chili che fanno concorrenza sleale a Grana Padano e Parmigiano Reggiano o Trentingrana ottenuti nel rispetto di rigidi disciplinari di produzione.

L’Italia è anche il piu’ grande importatore mondiale di olio di oliva nonostante una produzione nazionale di alta qualità che raggiunge quota 480mila tonnellate, secondo la Coldiretti. Le importazioni di olio dell’Italia superano la produzione nazionale e sono rappresentate per il 30 per cento da prodotti ottenuti da procedimenti di estrazione non naturali (olio di sansa, olio lampante e olio raffinato) destinati alla lavorazione industriale in Italia. In pratica la qualità del nostro olio – sostiene la Coldiretti – viene “contaminata” dalle importazioni e in media la metà dell’olio di oliva consumato in Italia proviene da olive straniere, ma l’etichetta di provenienza che per questo prodotto è obbligatoria risulta di fatto non leggibile perché scritta in caratteri minuscoli posizionati nel retro della bottiglia mentre si fa largo uso di immagini e nomi che richiamano all’italianità.

Solo nell’ultimo anno sono scomparsi in Italia 615mila maiali “sfrattati” dalle importazioni di carne dall’estero per realizzare falsi salumi italiani di bassa qualità, con il concreto rischio di estinzione per i prelibati prodotti della norcineria nazionale, dal culatello di Zibello alla coppa piacentina, dal prosciutto di San Daniele a quello di Parma. La chiusura forzata degli allevamenti è stata causata dall’impossibilità di coprire i costi di produzione per i bassi prezzi provocati dalle importazioni dall’estero di carne di bassa qualità per ottenere prosciutti da “spacciare” come Made in Italy per la mancanza dell’obbligo di indicare in modo chiaro in etichetta la provenienza. In Italia – conclude la Coldiretti – sono state importate 57 milioni di cosce di maiali dall’estero destinate ad essere stagionate o cotte per essere servite come prosciutto italiano, a fronte di una produzione nazionale di 24,5 milioni.

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