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“Se tutti noi facessimo le cose che siamo realmente capaci di fare, stupiremo completamente noi stessi”. Con questa frase dell’inventore Thomas Edison, Alessandra Bosca, artigiana del restauro e della creatività come ama definirsi, ci regala una sorta di magico biglietto da visita.
E’ lei la protagonista di questa intervista e l’autrice del blog “Il riciclo di Alessandra” [leggi] dove ci guida alla scoperta di riciclo creativo, restyling dei mobili e restauro. Il suo pane quotidiano, insomma, masticato con la forza delle mani, la tenacia dell’intelligenza e i battiti del cuore.

Alessandra, sul tuo blog ti definisci un’artigiana del restauro e della creatività. Da dove è iniziata l’avventura?
Io nasco professionalmente come restauratrice. Già al liceo avevo questo pallino e, così, ho iniziato a frequentare un corso di restauro dei mobili e poi, puntando all’eccellenza, ho deciso di fare il concorso per entrare nell’Istituto superiore per la conservazione e il restauro di Roma. Ho vinto il concorso e per venti anni ho svolto questo mestiere, avendo la fortuna di lavorare al restauro di opere di grandi autori come il Guercino o il Pinturicchio. Nel tempo però ho cominciato a notare che la professione del restauratore si stava impoverendo, spesso mi capitava di dover svolgere lavori meno stimolanti e più faticosi. Non nascondo che ho attraversato un momento di crisi, sono entrata in una specie di tunnel, non sapevo più chi fossi e cosa volessi fare realmente. Poi, essendo una persona molto pratica, ho deciso di fare tesoro di quanto avevo appreso alla scuola di alta formazione e quasi per curare me stessa, per uscire dallo sconforto, ho iniziato a lavorare con materiali diversi, a costruire oggetti e a raccogliere tutto quello che avevo realizzato in venti anni di lavoro. Piano piano, sono riuscita anche a costruire il mio blog da sola, ho scoperto di riuscire ad esprimere le mie emozioni e contemporaneamente a fare dei lavori, nello stesso tempo affetti e oggetti riprendevano vita sotto le mie mani.

 

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Alessandra Bosca

Come è nato il tuo interesse per il restyling e il recupero dei mobili?
Il gusto per il restyling è nato da una passione che ho sempre avuto: trasformare gli oggetti per farli diventare belli. Ho cominciato a lavorare con mobili anonimi di legno, abbandonati e senza vita, e ho scoperto che, divertendomi con pennelli, colori e altri ferri del mestiere, potevano cambiare aspetto e rivivere. Il mobile fa parte della storia di ognuno di noi, ha un legame affettivo con noi, e anche se non ti piace puoi trasformarlo, rinnovarlo e farlo diventare bello. Poi, ovviamente, ho frequentato corsi di marketing e di imprenditoria e ho, quindi, cercato una via per differenziarmi sul mercato.

E la passione per il riciclo creativo da dove arriva?
Il riciclo creativo mi ha conquistato perché è troppo curioso e divertente. L’aspetto che ho trovato più affascinante e stimolante è che con il riciclo creativo si cambia il punto di vista delle cose e delle situazioni. L’incontro con questa nuova attività ha coinciso con un momento particolare della mia vita, è come se proprio quando mi stavo trasformando in un’altra persona, quando stavo cambiando la mia vita, professionale e privata, avessi trovato una concretizzazione pratica della mia trasformazione. Mi trasformavo io, così come un vecchio lampadario si trasformava in un vaso portafiori a sospensione, o la testiera del letto in un dondolo. E questo mi ha incoraggiato nel percorso. Poi è diventata una passione, da cui non posso più liberarmi.

Che materiali usi?
Uso quello che mi capita, quello che trovo al momento o in base all’ispirazione. Cestelli di lavatrice da trasformare in contenitori luminosi, ad esempio, e tante altre risorse che ho imparato a selezionare per non rischiare di diventare una sorta di discarica… Ultimamente, mi sono fatta conquistare dalla plastica, dalle bottiglie di plastica in particolare, perché è un materiale economico che ti offre tantissime possibilità di lavorazione ed è facile reperirlo. Trasformare la plastica mi dà anche una soddisfazione ecologica, è bello vedere che le persone sono felici di darmi bottiglie che, altrimenti, andrebbero perse, contribuendo ad inquinare l’ambiente. Con questo materiale realizzo soprattutto collane, gioielli e lampadari, scateno la mia creatività e quella del committente. E’ questo trovo sia il quid in più del riciclo creativo, rispetto al lavoro di mera esecuzione del restauratore.

Che senso ha oggi per te “costruire bellezza”?
Per me far rivivere un oggetto, renderlo bello, è come dare una visione positiva delle situazioni della vita. E’ come ricordare che non bisogna mai scoraggiarsi, che il cambiamento è importante ed è anche una bella sfida da affrontare. Una sfida che a me sembra di cogliere ogni volta che trasformo un mobile in disuso, che può apparire inutile, brutto, in un’opera unica, che rinasce e rivive. Il riciclo creativo è questo: creare qualcosa di unico, irripetibile, che, in qualche modo, esprime la tua essenza. Meglio se tutto questo contribuisce anche al rispetto dell’ambiente, anche se io, più che una paladina, in questo mi sento solo una delle tante persone che piano piano hanno iniziato un percorso verso una maggiore coscienza.

Alessandra sta per aprire il suo laboratorio, dove tutto sarà realizzato solo con materiale riciclato, in un quartiere storico di Roma, il Pigneto.

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Chiara Bolognini

Adora scoprire gli invisibili, dare voce a chi rimane nascosto, perché dentro tutti noi c’è sempre un mistero da svelare e qualcosa da imparare, condividere, amare. Di mestiere è giornalista e si occupa di comunicazione e marketing. E’ anche una counselor e una life coach, in formazione permanente. Adora il vino rosso, i tortelli con la zucca, la parmigiana, gli alberi, Mozart, Gaber e Paolo Conte. Ma soprattutto gli aquiloni e i palloncini che vagano, soli, nel cielo.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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