Skip to main content

 

Leggendo la stampa mainstream sembra che l’unico elemento di conflitto in corso nel Paese, sia quello che oppone i cosiddetti novax al resto della popolazione, in gran parte vaccinata.
Ci sarebbe molto da dire al riguardo, a partire dal fatto di dare una rappresentazione – mi sento di dire, probabilmente molto interessata – di due schieramenti omogenei, l’un contro l’altro armati, ignorando volutamene che, per fortuna, la discussione è ben più articolata.

Per fare solo un esempio, a me pare deleterio mettere nello stesso mucchio i detrattori del vaccino e del green pass, ignorando che, al loro interno, convivono ispirazioni e intendimenti ben diversi, Da chi vorrebbe piegare questa posizione ad un vero e proprio disegno eversivo, come Forza Nuova e soggetti simili (a proposito, dov’è andata a finire la riflessione del governo rispetto alla possibilità di sciogliere queste formazioni?), a chi nega in radice l’ esistenza e gli effetti della pandemia fino a chi, invece, è mosso da paure e titubanze rispetto al fatto di procedere alla vaccinazione.
Ma, al di là di questi ragionamenti, che avrebbero bisogno di una riflessione specifica, ciò che a me appare sempre più chiaro è che questa contrapposizione è agita anche come un “arma di distrazione di massa”. E’ utile cioè a chi vuole stendere una cortina di silenzio rispetto alle scelte che si stanno compiendo in materia di politica economica e sociale, di definizione del nuovo modello di società post-pandemia.

Intendiamoci: non si può sottovalutare quanto sta producendo la persistenza della pandemia, né avere una visione complottistica rispetto alla produzione di quella contrapposizione. Non solo perché essa è al di fuori delle mie chiavi di lettura, ma soprattutto perché non penso che esistano disegni infallibili, già preordinati e destinati a realizzarsi nel momento in cui vengono concepiti. Per fortuna, la storia è un po’ più complessa e non può che tenere conto delle varie forze e soggetti che sono in campo.
Ciò non toglie che l’idea che si stia provando, da parte delle classi dominanti, a far passare sotto silenzio le scelte rilevanti, di sistema che si stanno tentando di affermare nel costruire la ‘nuova normalità’ dopo o nella prosecuzione della pandemia, abbia una seria consistenza.

Provo a mettere in fila alcuni fatti di rilievo in proposito, di cui si parla troppo poco:
in primo luogo, a fronte della propaganda ufficiale per cui saremmo in presenza di una nuova sorta di boom economico testimoniato dalla forte crescita del PIL di quest’anno, superiore al + 6%, l’occupazione non è ancora tornata ai livelli pre Covid. Rispetto, infatti, al febbraio 2020, mancano all’appello ancora 265.000 posti di lavoro.
Inoltre, i nuovi posti di lavoro creati duranti la pandemia sono in grandissima parte contratti a termine: su 502.000 nuovi occupati nel lavoro dipendente nel periodo luglio 2021 / luglio 2020 ben 377.000 sono a tempo determinato, pari al 75%!

Proseguono, peraltro, le crisi aziendali e occupazionali che sono, prima di tutto, il frutto delle delocalizzazioni messe in campo da grandi multinazionali o fondi di investimento.
Aaccanto alla situazione emblematica di GKN e a quelle già note di Whirpool e Giachetti, ogni giorno la lista si allunga, da ultimo con la Saga Coffee nell’Appennino bolognese, senza che il governo si decida ad intervenire in modo organico, con una legge efficace in materia. Si preferisce, invece, affrontarle come singole vicende, da concludere con un po’ di ammortizzatori sociali e incentivi monetari ai lavoratori, perché accettino di uscire dall’attività produttiva.

Il punto è che il governo Draghi continua ad avere un approccio per cui il mercato non solo regola l’economia, ma, nonostante le evidenze note da anni, rappresenta la soluzione di tutti i problemi.

Da quest’ispirazione  si dipana tutto il PNRR, dove il pur rilevante intervento di risorse pubbliche è tutto concepito per creare il mercato in nuovi settori (digitalizzazione e economia “verde”) o per sostenerlo in quelli più tradizionali. La stessa logica, come ha bene scritto Marco Bersani anche su questo giornale  [Vedi qui] informa tutto il nuovo disegno di legge sulla concorrenza, che riapre la strada a forti processi di privatizzazione dei servizi pubblici locali, a partire da quello idrico.
Con l’aggravante che diversi di questi servizi operano in un regime di monopolio naturale, per cui, in realtà, si favorisce unicamente il rafforzamento di oligopoli formati da grandi soggetti privati (alla faccia della concorrenza!).

Oppure, per stare alle questioni di più stretta attualità, è la stessa ispirazione che guida il governo sulla questione TIM.  A fronte dell’interesse del Fondo speculativo KKR per rilevare TIM, appartenente al novero dei soggetti specializzati nel fare ‘spezzatino’ delle aziende e, comunque, orientati unicamente ad alti rendimenti economici, il governo non riesce a dire altro se non che “l’interesse di questi investitori a fare investimenti in importanti aziende italiane è una notizia positiva per il Paese. Se questo dovesse concretizzarsi, sarà in primo luogo il mercato a valutare la solidità del progetto”.
Naturalmente si tace che stiamo parlando di un settore strategico, quello della telefonia e delle reti che la sostengono, a partire dalla fibra ottica, e ci si limita a osservare che “seguirà con attenzione gli sviluppi della manifestazione di interesse e valuterà attentamente, anche riguardo all’esercizio delle proprie prerogative, i progetti che interessino l’infrastruttura”.

In quest’orgia di smisurato ottimismo sulle virtù del mercato che, peraltro, denota un’incapacità delle ‘classi dirigenti’ di volere o riuscire a pensare in termini adeguati ai problemi che stanno di fronte a noi, non potevano essere risparmiati anche i pilastri del sistema di welfare: sanità e scuola.
Sulla prima, sempre il ddl concorrenza, prevedendo di ricorrere alle gare per l’accreditamento delle strutture sanitarie, apre la strada all’estensione del modello lombardo pubblico-privato, con un forte ruolo di quest’ultimo, a tutto il Paese. Proprio come se la vicenda pandemica non avesse insegnato proprio nulla.
Sulla scuola, oltre alla riproposizione del modello aziendalistico, anche se si tratta di un’indagine demoscopica e quindi va presa con la dovuta avvedutezza, desta seria preoccupazione quanto rilevato recentemente dall’Istituto Demopolis, secondo il quale, nella percezione di 2 cittadini su 3, nell’ultimo biennio è cresciuta la povertà educativa, facendo aumentare le disuguaglianze tra i minori ed estremizzando le fragilità dei più piccoli.

Un risultato in linea con quanto è successo relativamente alla povertà economica, come certificato dall’Istat che ha verificato che nel 2020 il numero di persone sotto la soglia di povertà assoluta è arrivato a ben il 9,4% rispetto al 7,7% del 2019.
E questo mentre nel 2021 il monte utile delle aziende quotate alla Borsa di Milano ha raggiunto la soglia più alta nella sua storia: non solo un balzo dei profitti di circa l’80% nei primi 9 mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo del 2020, ma anche del 12% del record precedente risalente al 2019.

Si è lungamente parlato della pandemia come di un’occasione per costruire un nuovo modello di sviluppo, più inclusivo, solidale e capace di non lasciare indietro nessuno. La realtà ci consegna, invece, una situazione del tutto diversa, quella di una società più diseguale, povera e anche maggiormente divisa e rancorosa.
Sarà bene prendere consapevolezza di tutto ciò e tornare ad esercitare anche un sano conflitto sulle scelte di fondo che disegnano il futuro del modello sociale e produttivo.

tag:

Corrado Oddi

Attivista sociale. Si occupa in particolare di beni comuni, vocazione maturata anche in una lunga esperienza sindacale a tempo pieno, dal 1982 al 2014, ricoprendo diversi incarichi a Bologna e a livello nazionale nella CGIL. E’ stato tra i fondatori del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua nel 2006 e tra i promotori dei referendum sull’acqua pubblica nel 2011, tema cui rimane particolarmente legato. Che, peraltro, non gli impedisce di interessarsi e scrivere sugli altri beni comuni, dall’ambiente all’energia, dal ciclo dei rifiuti alla conoscenza. E anche di economia politica, suo primo amore e oggetto di studio.

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it