22 Febbraio 2021

Bosgattia, una nazione nel Delta del Po

Vittoria Barolo

Tempo di lettura: 3 minuti

Il Delta del Po è un posto spettacolare. Grazie a una barca si può apprezzare appieno, andando a visitare i vari Scani e isolette. Da molte estati li raggiungo per vivere un’esperienza di spiaggia e mare diversa dal solito, trattandosi di posti poco frequentati. Da bambina mi immaginavo come potesse essere passare un’intera estate là; un’esperienza quasi tribale, lontana dalle comodità della civiltà. Ho scoperto che quest’idea è stata realizzata tra gli anni Quaranta e Cinquanta, ma non solo: il luogo in cui si permaneva era stato trasformato in micronazione.
Si tratta della Repubblica di Bosgattia, che potremmo definire un’utopia, o il desiderio di costruire un’isola felice dopo la distruzione della Seconda Guerra Mondiale, l’illusione di una minuscola nazione lontana dalle imposizioni della società civile. Venne ideata e fondata dal linguista e letterato milanese Luigi Salvini, che conobbe il Polesine grazie alla moglie originaria di queste zone. Era situata nella golena di Panarella di Papozze, e poi sull’isolotto del Balotin in prossimità di Corbola (provincia di Rovigo) là dove il fiume Po, dopo essersi separato dal Po di Goro, forma un’ampia ansa dando inizio al suo Delta. La posizione era precisamente sul 45º parallelo nord, in un punto equidistante tra il Polo nord e l’Equatore.
Dal 1946 al 1955, un gruppo di amici vi si accampava e rimaneva durante i mesi estivi, vivendo in contatto con la natura e mantenendosi grazie ad essa. Potremmo dire che questo gruppo sia stato un precursore degli Hippie. La Repubblica si definiva “analfabeta”, ovvero non c’era distinzione attraverso titoli (dottore, professore…) tra gli abitanti, che si consideravano tutti uguali. Non erano ammessi libri, giornali, radio e tutto ciò che portasse con sé l’eco del “mondo di fuori”. Si viveva alla giornata, di cose semplici ed essenziali. Il nome completo era “Tamisiana Repubblica di Bosgattia”; in dialetto polesano il tamiso è il setaccio da cucina, mentre il bosgato è il maiale. Salvini spiega che non sono intesi nel loro significato letterale: bosgato si riferisce allo storione, perché come il maiale scava nella terra, così questo pesce è una grassa e grossa preda che se ne sta sui fondali; il tamiso invece è la rete che setaccia le acque per catturare i pesci.
Salvini si adoperò perché il luogo diventasse effettivamente una micronazione: vigevano alcune leggi, i residenti avevano un passaporto, rilasciato dal “Serenissimo Consiglio degli Anziani della Confraternita”, mentre l’accesso agli estranei era permesso solo dopo aver dato prova di abilità nella pesca del pescegatto, ospitati presso il “Caravanserraglio degli Ospiti” e la “Casa dello sbafatore di turno”. Al baratto si affiancava la valuta del çievaloro (da sievalo, il pesce cefalo in dialetto veneto); vennero creati anche cartoline e francobolli, ritraenti scene di vita “bosgattiane”: la fauna con pesci e volatili, le tende da campeggio, il fiume.
Oggi il ricordo di questa esperienza vive grazie a pochi appassionati, come l’Accademia del Tartufo del Delta del Po, che tramanda anche le ricette tipiche prodotte dai cuochi di Bosgattia. Oppure negli archivi di chi ha vissuto in prima persona quell’epoca, raccolti nel museo dedicato di Papozze.



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L’autore

Vittoria Barolo

Dagli studi classici alla laurea in comunicazione. Una giovane che ricerca la sua strada, tra il fascino per la sua terra, il Polesine, e un occhio di riguardo per l’ambiente. Le piacciono i cani, il cioccolato, le foto e le piante carnivore.
Vittoria Barolo

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