Gli uomini e ‘l’approccio’. Come corteggiano e dove sbagliano? Ce lo dicono le donne
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di Giovanni Samannà
Consapevolmente o no gli uomini hanno corteggiato da sempre. È l’istinto la prima guida naturale e il tempo ne ha delineato gli aspetti, affinato le modalità, definito le fasi. Dalla ‘Ars amatoria’ di Ovidio, alle memorie di Casanova fino ai manuali di autori conosciuti o meno che ognuno può consultare in rete, passando per le assai meno tecnologiche quanto velleitarie e romantiche ‘dritte’ da bar-biliardo, in pratica vissute e sperimentate – con rare e alterne fortune – dalla maggior parte di noi maschietti non appena abbiamo iniziato a varcare con sufficiente autonomia il portone di casa. Per non parlare dell’applicazione pedissequa del famoso “Teorema”, non quello dell’arcaico Pitagora, ma di colui che è stato – non si sa a che titolo – definito da Aldo Baglio il ‘guru’ dell’amore, ovvero, Marco Ferradini. Un disperato sussulto di dignità mi ha fatto volutamente omettere fra le citazioni quella relativa alla moquette dell’ingegner Zamberletti nella canzone ‘Berta’ degli Squallor. Chiedo a chi legge umana benevolenza e comprensione per il livello non eccelso di parte degli autori menzionati ma, del resto, questa ricerca è stata condotta attraverso il tentativo – ci auguriamo ben riuscito – di stabilire una fusione tra una (rigorosa?) analisi statistica, da un lato e la leggerezza e la goliardia che l’argomento impone, dall’altro.
Chi scrive non è un esperto della materia, tutt’altro. Però è un curioso. Un curioso che ha maturato la personale opinione osservando che la maggior parte dei quesiti che l’uomo si pone sul come attuare il suo tentativo di approccio nei confronti dell’universo femminile trova le risposte – spesso più bizzarre – formulate comunque da altri suoi simili di genere. Accademici e studiosi comportamentali o presunti fenomeni della carambola a due sponde sono accomunati da un denominatore comune: sempre di maschi si tratta. Non è forse un controsenso? E quindi, se l’obbiettivo è capire quale è il modo migliore per conquistare una donna, perché non chiederlo a lei o meglio a loro? Così è stato fatto; certo non sappiamo se i dati che abbiamo raccolto sul campo siano sufficienti per conferire a questa ricerca anche un valore statistico, né la stessa ha la pretesa di farlo. Può però essere considerata un elemento di sicuro, seppur minimo, riscontro. Se non altro sul campione delle intervistate. Ecco quello che abbiamo chiesto e cosa ci hanno risposto.
In quali luoghi o contesti solitamente avviene e quali sarebbero invece, secondo te i più adatti?
La parte del leone su dove avviene il primo approccio la fanno i locali notturni (pub e discoteche) e contesto lavorativo (oltre i tre quarti della casistica). Nei casi di soggetti più giovani (sotto i 20 anni) risulta essere molto praticato l’approccio nei social network (Facebook o Instagram i più citati) mentre riguardo gli ambiti più adatti vengono ritenuti quelli in cui è più agevolata la conversazione e gli “spiriti” sono più predisposti: librerie, scuola/università, parchi e luoghi aperti, cene informali, mostre e palestra.
Età (orientativa) di coloro che ti approcciano, corteggiano o ti hanno corteggiato?
L’approccio accompagna, spesso, per tutta la vita. L’età dei pretendenti, infatti, inizia perlopiù da quella dell’intervistata per salire spesso anche di venti anni e oltre. In due casi si è raggiunta anche la soglia degli 80 e 90 anni.
In che modo approcciano e quali sono le differenze in funzione dell’età di ognuno?
La fantasia non è il piatto forte di chi approccia. In pratica la totalità delle intervistate afferma che il metodo classico è quello del complimento o dell’apprezzamento personale, più “leggero” nel caso dei più giovani e tendente alla galanteria quello dei più maturi. In alcuni casi però, la cafonaggine è stata definita un “evergreen”.
Quali azioni/comportamenti non dovrebbero mettere in atto durante il corteggiamento e che invece compiono?
Un coro unanime: essere volgari o troppo espliciti. Non lo sopporta il 90 per cento delle intervistate. Seguono in ordine, essere troppo insistenti, eccessivo egocentrismo, domande personali (età, telefono, segno zodiacale ecc.), tentativo di contatto fisico (con particolare riferimento all’area delle terga). In alcuni casi l’argomento è stato approfondito citando come risultato certo di debacle i seguenti comportamenti: rispondere al telefono mentre ci si sta proponendo, guardare altre donne, parlare delle ex, denigrare determinate tipologie di donne. Teniamo a freno la lingua, insomma.
Quali azioni/comportamenti, invece, dovrebbero compiere e non mettono in pratica?
Anche in questo caso, pressoché in maniera plebiscitaria, la mancanza di interesse (o l’incapacità a dimostrarlo) verso il quotidiano, le passioni o gli interessi delle donne o ragazze intervistate da parte dei corteggiatori. Ed è la critica più frequente che esse fanno, seguito in ordine dal desiderio di una maggiore galanteria (risultano ancora elementi che possono fare la differenza l’aprire la portiera dell’auto, il baciamano, versare il vino a tavola, cedere il passo quando si entra in un locale. E ovviamente, pagare il conto al ristorante). Altra dote apprezzata e, a giudicare dalle risposte, poco utilizzata dai volenterosi corteggiatori è la capacità di ascolto, mentre hanno ottenuto un riscontro minore l’intraprendenza, il non esplicitare palesemente o comunque saper temporeggiare nel dichiararsi e infine, saper proporre novità.
In base alla tua esperienza, c’è un gruppo, una categoria, un ‘target’ di soggetti/individui che ritieni sia più predisposto o semplicemente più “bravo” a proporsi rispetto agli altri? Perché?
Probabilmente questa domanda è stata mal posta. La nostra intenzione era di ottenere più dati riguardanti una determinata fascia di soggetti, appunto, intesi come “particolarmente predisposti”, ma un buon 60% ha dato come risposta “i più estroversi”, definizione generica oltremodo e non adeguata all’obiettivo che si prefiggeva la domanda. Non sono però mancate le risposte che invogliano a qualche spunto di riflessione: Chi “non è figlio unico”, chi vive da solo, meglio se in una posizione economicamente serena; chi sa conversare con proprietà di linguaggio e molteplicità di argomenti; chi ha una “bella presenza” e una sapiente cura dei dettagli, dall’abbigliamento alla macchina, chi svolge lavori in ambito commerciale o con un’intensa attività di correlazione con altri soggetti. In un caso, infine, è risultato avere un ruolo determinante la conoscenza della Bibbia e dei suoi insegnamenti riguardo l’amore e il rispetto verso il prossimo.
Se hai in corso una relazione (o l’hai avuta), il tuo partner in che modo ti ha corteggiata e conquistato? Era il modo che ti aspettavi?
Premurosità, pazienza e semplicità sono le “armi” che, secondo un buon 50 per cento di intervistate, hanno contribuito perlomeno ad avviare una relazione. Apprezzamenti decisi anche in caso di regali frequenti (potremmo contemplare anche queste fattispecie nella dimensione della premurosità? Bah.) e di insistenze prolungate che, seppur non apprezzate in prima battuta, hanno infine premiato le operazioni di conquista dell’amata. Casi isolati, comunque degni di nota, sono quelli in cui il corteggiatore non ha dovuto prodursi in alcun titanico sforzo in quanto piaceva così tanto alla donzella che ha pensato lei di non perder tempo e di recitare il ruolo della leonessa anziché della gazzella. Una intervistata ha detto di non ricordare assolutamente nulla della fase di approccio del proprio spasimante. Però alla fine se l’è sposato (ci sono speranze per tutti, evidentemente) mentre quella che ci ha colpito maggiormente è stato per la elevata considerazione che l’interessata ha mostrato riguardo alle doti intellettive del genere maschile: “Mi ha conquistata con l’intelligenza. E questo, proprio, non me lo aspettavo.” Si trovano ancora delle pepite, dunque.
Secondo te chi deve fare il primo passo?
Due terzi delle intervistate confermano la prassi che vuole l’iniziativa di esclusiva pertinenza maschile, mentre in tre si sono schierate per l’assoluta parità dei generi anche in questo campo. C’è da dire che fra le sostenitrici dell’abbinamento uomo-cacciatore si ritagliano uno spazio rilevante, specie nel caso in cui l’interesse sia particolarmente sentito, coloro che si sentono autorizzate a passare con assoluta nonchalance dal lato passeggero a quello del guidatore. Se Maometto non va alla montagna…
Dopo il primo approccio, quale momento critico ti fa capire se una frequentazione compie, in positivo, il salto di qualità o al contrario, ridimensiona le tue aspettative?
Sicuramente questo è uno dei quesiti che ha ricevuto le risposte più eterogenee e differenti fra loro. A favore dell’approfondimento della conoscenza ci sono nell’ordine: la coerenza e il mantenimento della buona immagine che si è trasmesso al desiderio di condividere la quotidianità (colazione, spesa ecc.); seguono a ruota il desiderio di rivedersi subito, le “farfalle nello stomaco” (non è dato sapere se i piccioncini si sono conosciuti ad un corso di entomologia), la presentazione senza imbarazzi ad amici e parenti, il taumaturgico “non ho bisogno di un momento preciso, me ne accorgo al primo sguardo se è adatto”, se il dialogo decolla o se nasce nella fanciulla la curiosità di scoprire e farsi scoprire. Dall’altro lato, le pregiudiziali sono altrettanto disparate: si passa dal notare gesti o atteggiamenti fastidiosi da parte del papabile candidato, alla sicurezza di avere già ottenuto la conquista, passando per la mancanza di interessi comuni. A voler allargare ulteriormente la forbice delle risposte hanno significativamente contribuito tre intervistate. Una afferma che la presa di coscienza avviene “quando lui ti apre tutto il suo cuore” altre due invece, più pragmaticamente, dicono chiaramente che il segnale rivelatore arriva dopo la prima esperienza sessuale. Ora, non vogliamo certamente scomodare la concezione spiritualista e quella materialista di Hegel e Kant ma lasciamo a chi legge il dubbio se si tratta o no delle facce della stessa medaglia.
Ti è mai successo di essere approcciato da persone del tuo stesso sesso?
In un buon venti per cento dei casi la risposta è stata affermativa. Per la cronaca, in uno di questi la ragazza ha precisato, senza motivare: purtroppo.
Come valuti l’approccio in chat o nei social network?
Qui le intervistate si dividono tutto sommato abbastanza equamente in tre tronconi: le contrarie, le diffidenti ma possibiliste e le favorevoli. Le prime ritengono che serve a nascondersi, è inespressivo e incapace di coinvolgere. C’è invece chi non lo apprezza particolarmente ma lo ritiene una possibilità per superare la timidezza, o comunque un modo come un altro per aprire quantomeno una breccia. Valido invece, specie se c’è stato già un primo approccio, per un’altra percentuale del campione.
Secondo te si corteggiava meglio in passato o adesso?
Ah, i bei tempi andati! Praticamente tutte le donne intervistate rimpiangono di non essere state corteggiate “quando c’era più romanticismo, più attenzione, meno sciatteria”. In tre casi le interpellate affermano che l’epoca contemporanea ha sottratto fascino al corteggiamento perché, con tutti i ritrovati tecnologici, telefono, internet, droni, satelliti e quant’altro, l’approccio è più facile e quindi svalutato, deprezzato. Che avesse ragione Ovidio?
Come già anticipato in precedenza, questa mini inchiesta sul corteggiamento, visto dall’ottica delle donne ha valore puramente sperimentale in quanto non è stata elaborata, nella sua parte interrogativa, secondo criteri scientifici ma meramente personali ed intuitivi. Nella seconda parte, quella delle risposte, anche l’analisi risulta difficile per gli stessi motivi. Coscienti della nostra inadeguatezza teorico-pratica riguardo l’ambito antropologico e la leggerezza dell’argomento trattato, si è cercato di fornire a questa ricerca un taglio sintetico e soprattutto, come è facile dedursi dalla lettura, volutamente ironico; lasciando quindi a chi legge la possibilità di maturare una propria idea, magari confrontando le proprie opinioni in merito con quanto emerso nel corso delle interviste. Eppure, quel Ferradini là…
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Redazione di Periscopio
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it