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Personalmente credo che la maggior parte delle depressioni abbiano radici nella solitudine, ma la comunità medica preferisce parlare di depressione piuttosto che di solitudine. È più facile liberarci del problema dando una diagnosi e una scatola di farmaci. Perché se cominciassimo a parlare di solitudine, sapremmo, per certo, che non ci sono farmaci. Non c’è industria medica che tenga, basta l’amore umano.” (Hunter Patch Adams)

Sabato scorso arrivo nel viale alberato fra gli alloggi di via Medini, in zona Doro, mentre stanno terminando i preparativi per il secondo appuntamento di “Porte A.per.Te”, progetto per lo stimolo alla coesione sociale nato nell’ambito di Community Lab, un percorso di partecipazione attiva dei cittadini per la ricerca di nuove politiche locali. Dopo la camminata di quartiere del 21 aprile scorso, l’appuntamento di sabato è “Un’occasione DORO”, una festa di quartiere promossa dal Comune di Ferrara in collaborazione con la Cooperativa di abitanti il Castello, la Cooperativa Sociale Camelot, il Teatro Nucleo e l’Associazione Casa e Lavoro.
Non ci vuole molto tempo per capire che qui le pratiche di buon vicinato sono già una realtà: gli abitanti in pratica si conoscono quasi tutti e sono già dei provetti organizzatori di quelle che fino a non troppo tempo fa si sono chiamate cene sociali. Non aspettavano altro che l’occasione buona per…far festa appunto. In più, proprio grazie alla camminata di quartiere, è stata coinvolta la vicina scuola d’infanzia Guido Rossa. “Abbiamo due sezioni comunali e una statale per un totale di 75 bimbi”, mi spiegano le maestre Patrizia e Manuela. Per l’occasione hanno organizzato un mercatino con giochi e oggetti raccolti anche grazie all’interessamento delle mamme. Tutto il ricavato di sabato è destinato all’acquisto di materiale per la scuola stessa, mentre “l’invenduto verrà donato alla parrocchia del quartiere”.

festa-quartiere-doroCentro nevralgico dei festeggiamenti non potevano che essere l’angolo buffet e, giusto accanto, il barbecue per l’immancabile grigliata di carne. Gli addetti alla cottura sono la signora Tina, Franco, il presidente della Cooperativa di abitanti a proprietà indivisa il Castello che gestisce questi alloggi, e Saverio, che si è trasferito qui da Reggio Calabria 37 anni fa ed è stato consigliere della Cooperativa per 20 anni, “ora largo ai giovani” scherza.
Poco più in là c’è lo spazio karaoke, con un impianto audio di tutto rispetto, gestito dal signor Filippo che ha preparato un medley di successi italiani e non dagli anni ’50 a oggi. Nella cooperativa da più di 25 anni, è lui a tenere i corsi di informatica di base per i suoi vicini di casa. Tra una canzone e un’altra una signora si ferma a chiacchierare con me, ci tiene che io riporti tutta la sua soddisfazione per questa iniziativa: “Servirebbero più occasioni di incontro come questa, oggigiorno la gente non fa che correre di qua e di là. Io ogni tanto mi chiedo: si corre così tanto, ma per andare dove? Cosa rincorrono?”
Lì accanto gli organizzatori hanno montato la “Tenda della memoria”, dove chi vuole può portare un oggetto o raccontare un proprio ricordo del quartiere e di come è cambiato in questi anni, contribuendo così al progetto di narrazione della propria storia collettiva. Osservo le foto di quando ancora la zona era un grande cantiere e, dato che non c’era ancora la chiesa, le funzioni religiose, le comunioni e le cresime si svolgevano sotto una grande tensostruttura. Intanto ascolto la storia di Linda e Giuseppe, arrivati da Terracina nel 1982: “quando sono venuta ad abitare qui – racconta Linda – ho realizzato uno dei miei sogni, mi sono comprata una cucina nuova. È quella che uso ancora oggi!”

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Ma la memoria storica di via Medini è Peppino, portiere di calcio, finanziere e maratoneta, arrivato “nel maggio del 1977 su una 127 con la sua famiglia e due o tre valigie”. In due parole, senza star tanto lì a filosofeggiare, mi riassume perfettamente il senso di questo pomeriggio. “Mio nonno mi diceva sempre: dai con tutte e due le mani e chiedi con una sola. Bisogna dare per avere. Oggi si pensa che il rapporto con i vicini è una perdita di tempo, per me no: se una signora mi chiama perché ha bisogno di cambiare una lampadina, lascio il pranzo e vado ad aiutarla”.
Finalmente riesco a distrarre per un attimo Franco dall’importantissimo compito di addetto alla griglia e mi faccio spiegare meglio cos’è la cooperativa di abitanti a proprietà indivisa il Castello. “La cooperativa esiste dagli anni Settanta e da allora costruiamo alloggi con finanziamenti prima statali e ora regionali, che vengono assegnati con bandi che contengono determinate caratteristiche, per esempio negli ultimi si faceva riferimento soprattutto al risparmio energetico”. La quota associativa è di circa 50 euro, ma vengono richiesti determinati requisiti, come “il non possedere una proprietà abitativa nel comune in cui si fa richiesta o il non superare un determinato reddito annuo”. La prenotazione e l’effettiva assegnazione di un alloggio avvengono a fronte di un investimento che “serve per integrare i fondi regionali per la costruzione di nuovi alloggi e la manutenzione e il rinnovo di quelli già esistenti”. “L’assegnazione però non ha scadenza e se l’assegnatario decide di andarsene gli viene restituita la quota che ha investito per entrare, come avviene in tutte le altre cooperative”, sottolinea Franco. Nelle cooperative a proprietà indivisa, rimanendo la proprietà degli immobili nel patrimonio della cooperativa stessa, le spese condominiali costituiscono una parte integrante della gestione degli immobili, con la conseguenza che nell’importo del canone di godimento dovuto dai Soci, una sorta di affitto mensile, vengono ricomprese anche le suddette spese condominiali. Inoltre nella cooperativa il Castello “i consumi vengono contabilizzati al singolo utente, quindi chi consuma meno paga meno”.
L’elemento distintivo è che, trattandosi di una cooperativa, deve e vuole perseguire uno scopo mutualistico: soddisfare in modo prevalente i bisogni dei soci ai quali vengono assegnati gli alloggi a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle di mercato. Ecco perché ultimamente i giovani stanno tornando a interessarsi a questa modalità di trovare casa: l’affitto qui va dai 150 euro, per i monolocali, ai 350 euro per gli appartamenti più grandi.

festa-quartiere-doroNel frattempo il tavolo dell’aperitivo si sta riempiendo di cose da mangiare e di bottiglie da bere: c’è chi ha fatto la pizza, chi torte salate e dolci, qualcun altro arriva con snack e salatini già pronti, fragole fresche o bibite e coca cola, perché è tornato tardi da lavoro e non ha fatto in tempo a cucinare, ma nessuno ha voluto rinunciare a portare qualcosa. Si passa il tempo parlando del più e del meno e ascoltando le zirudèle e le barzellette di Gastone. C’è anche chi partecipa a modo suo, osservando un po’ perplesso dalla propria finestra questa stranissima riunione di condominio in cui le uniche urla che si sentono sono quelle dei bimbi che si rincorrono fra gli alberi.

Link correlati:
Pagina Facebook del progetto Porte A.per.Te [vedi].
La camminata di quartiere del 21 aprile [vedi].

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Federica Pezzoli


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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