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Istantanee dalla Palestina di oggi e un’ elegia per i bambini ebrei e palestinesi di domani

Istantanee dalla Palestina di oggi e un’ elegia per i bambini ebrei e palestinesi di domani

Google è un formidabile strumento di ricerca, da usare con un minimo di consapevolezza e mantenendo il gusto per l’approfondimento. Se scrivi “Francesca Albanese” uno dei primi risultati che compare è quello di  Govextra, e c’è scritto “sponsorizzato”. Vuol dire che Govextra.gov.il, sito dell’agenzia governativa di Israele che cerca di distruggere la reputazione della Albanese, paga Google perchè la maggior parte della gente legga lo sputtanamento.

Govextra è un sito fantastico, ti invito a visitarlo. L’impronta coloniale si coglie subito dal simpatico sottomenù, questo, curato dal Ministero per l’immigrazione: che ti invita, se sei un ebreo nel mondo che magari sta bene dov’è, a sceglierti il posto giusto dove “tornare alla Terra Promessa” (aliyah), con l’indicazione del numero di insediamenti di immigrati israeliani già presenti per ogni luogo. Tra le opzioni ci sono diverse città israeliane, e fin qui nulla di strano: inoltre però c’è il Golan, che è in Siria; Shomron, che è in Cisgiordania; Ariel, anch’essa in Cisgiordania, presa a colpi di missili e cannoni nel 1967 ma non riconosciuta da nessuno come territorio israeliano. Come se un’agenzia immobiliare ti dicesse “vieni, questa è casa tua, è la tua terra, che aspetti?”. Pensano loro a tutto. Tanto, se la terra è occupata, si trova fuori da Israele e ci vivono altre famiglie, non c’è problema: a farle sloggiare dalle loro case ci pensano i coloni e l’esercito. Tutto questo sul sito ufficiale del governo. (Nota: qualcuno sta iniziando a preoccuparsi anche a Cipro, leggi qui).

 

Archeologia coloniale

Nonostante tutto, i ragazzi israeliani continuano a farmi sperare. O almeno alcuni ragazzi.

Questo video merita di essere visto.

E’ stato postato da un ragazzo bianco, ebreo, residente a Tuwani, insediamento palestinese in Cisgiordania, che si vede piombare in casa di notte dei soldati israeliani armati, classico fare gentile, con al seguito dei coloni, che mettono a soqquadro il villaggio con il pretesto che lì un tempo c’era una antica sinagoga e quindi è terra ebraica, da colonizzare. Questo ragazzo spiega come stanno le cose: “se anche fosse vero, perchè assaltare il villaggio di notte con le armi? Se il vostro argomento è che qui gli ebrei non sono al sicuro, mi presento. Ciao, io sono ebreo, vivo qui. La “sicurezza degli ebrei” è una stronzata che Israele usa per colonizzare le terre palestinesi. Ad ogni modo, qui non c’era un’ antica sinagoga. E’ stata designata come tale da un colono “archeologo”, che è una vera e propria professione. I coloni pagano qualcuno per venire, osservare qualcosa e affermare che è di origine ebraica. Normalmente è un cumulo di pietre, ma si tratta di una scusa per rivendicare la proprietà della terra. Se chiedi a un sionista di spiegarti la storia di questi luoghi, sarà come se gli ebrei avessero vissuto qui fino a duemila anni fa, quando furono espulsi e poi non accadde nulla finché non tornarono alla fine del diciannovesimo secolo. Ovviamente non è così, nel frattempo ci sono state dozzine di civiltà che hanno contribuito alla cultura di questa terra. Ma la storiografia israeliana non è interessata a questo, perché il suo interesse è giustificare il progetto coloniale. Questo porta alla distruzione della storia. Ad esempio, nel sito archeologico di Silwan (Gerusalemme sud-est) stanno distruggendo interi strati di dati e manufatti solo per arrivare alla parte ebraica. Ho imparato che la storia, l’antropologia, l’archeologia e le scienze sociali possono essere utilizzate al servizio del progetto coloniale”. Con la sua testimonianza audio e video di 2 minuti, questo ragazzo ebreo ha mostrato la realtà in maniera più lampante di quanto possa fare un reportage o un saggio di storia.

 

Un’elegia per i bambini ebrei e palestinesi di domani

Susan Abulhawa è una scrittrice palestinese-statunitense, che tocca le corde più intime dell’ umanità sepolta nei recessi della nostra anestesia. La si può reperire facilmente sul web superando la pigrizia e la sciatteria del nostro cazzeggio inutile. Invitata alcuni mesi fa a Oxford nell’ambito di un dibattito su Israele e Palestina, Susan Abulhawa ha fatto un discorso straziante e altissimo. Qui lo puoi vedere e ascoltare per intero, mentre a questo link puoi leggerlo integralmente. Su youtube ha 26.000 visualizzazioni, mentre dovrebbe averne 260 milioni. Se lo ascolti dalla sua viva voce, cosa che ti consiglio, fa ancora più impressione che leggerlo. Depurato dalle descrizioni più crude e intollerabili, sono irragionevolmente convinto che sarà il testo scolastico sul quale i bambini israeliani, palestinesi, caucasici, africani, asiatici riuniti nella stessa classe studieranno tra vent’anni la storia di questi orrendi mesi, e del tempo che li ha preceduti.

 

“Non capirete mai la sacralità degli ulivi, che avete tagliato e bruciato per decenni solo per farci dispetto e per spezzarci un po’ di più il cuore. Nessuno nativo di quella terra oserebbe fare una cosa del genere agli ulivi. Nessuno che appartenga a quella regione bombarderebbe o distruggerebbe mai un’eredità antica come Baalbak o Battir, o distruggerebbe antichi cimiteri come voi distruggete i nostri, come il cimitero anglicano a Gerusalemme o il luogo di riposo degli antichi studiosi e guerrieri musulmani a Maamanillah. Coloro che provengono da quella terra non profanano i morti, ecco perché la mia famiglia per secoli è stata custode del cimitero ebraico sul Monte degli Ulivi, come atto di fede e cura per ciò che sappiamo essere parte della nostra discendenza e della nostra storia…. Non siamo le rocce che Chaim Weizmann pensava avreste potuto spazzare via dalla terra. Siamo il suo stesso suolo. Noi siamo i suoi fiumi, i suoi alberi e le sue storie, perché tutto ciò è stato nutrito dai nostri corpi e dalle nostre vite nel corso di millenni di continua e ininterrotta abitazione di quel pezzo di terra tra il Giordano e le acque del Mediterraneo, dai nostri antenati cananei, ebrei, filistei e fenici, da ogni conquistatore o pellegrino che è venuto e se n’è andato, che si è sposato o ha violentato, amato, ridotto in schiavitù, si è convertito, insediato o ha pregato nella nostra terra lasciando pezzi di sé nei nostri corpi e nella nostra eredità. Le storie leggendarie e tumultuose di quella terra sono letteralmente nel nostro DNA. Non potete ucciderlo o portarvelo via con la propaganda, non importa quale tecnologia di morte usate o quali arsenali di Hollywood e società di media schierate. Un giorno la vostra impunità e arroganza finiranno. La Palestina sarà libera, sarà restaurata alla sua gloria multireligiosa, multietnica e pluralistica, ripristineremo ed estenderemo i treni che vanno dal Cairo a Gaza, a Gerusalemme, Haifa, Tripoli, Beirut, Damasco, Amman, Kuwait, Sanaa e così via, porremo fine alla macchina da guerra sionista-americana di dominazione, espansione, estrazione, inquinamento e saccheggio. … e voi o ve ne andrete, o imparerete finalmente a vivere con gli altri come pari.”

Susan Abulhawa

 

photo cover tratta da https://www.invictapalestina.org/archives/42302

Chi è Susan Abulhawa: https://www.anbamed.it/2025/01/01/intervista-a-susan-abu-alhawa/

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Nicola Cavallini

E’ avvocato, anche se lo stipendio fisso lo ha portato in banca, dove ha cercato almeno di non fare del male alle persone. Fa il sindacalista per colpa di Giorgio Ghezzi, Luciano Lama, Bruno Trentin ed Enrico Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

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