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di Diego Stellino

L’inatteso colpisce, deve colpire, sempre di più di ogni previsione di incontro. Questo accade quando la ‘guardia si abbassa’ e quello che è l’ordinario ti proietta invece tra le fauci della realtà. Tutte quelle barriere che si creano, spesso involontariamente, se non inconsciamente, quando veniamo travolti dalle notizie dalle ‘zone calde’ della terra, ci portano alla compassione da spettatore assuefatto, abituato alla ‘prossima notizia’, alla storia vera accanto alla fiction di stagione che potrebbe anche trattare dello stesso tema, se non, comunque, quasi certamente di violenza.

Qui siamo semplicemente ai margini di una di quelle zone, è il confine turco-siriano, nella città di Kilis. Questa foto non è niente di speciale: una donna, vestita con burqa, insieme alla figlia di qualche anno; è stata scattata al termine del viaggio in autobus tra Kirikhan e Kilis, una bella stazione degli autobus.
Il viaggio è stato fatto su un piccolo pulmino da una quindicina di posti, io ero quello con la valigia più grande (lo zaino con l’attrezzatura foto e un cambio), non c’erano fermate: si rallenta quando si vede una persona ferma al margine della strada e con un cenno si capisce se serve il passaggio o meno.

La ragazza è in difficoltà: deve chiamare qualcuno a casa, ma non ha modo (non so se per mancanza di credito o del telefono stesso). I ragazzi che ho appena conosciuto notano la situazione, parlano un po’ con lei e le offrono il loro telefono. Poi Ali mi guarda e mi spiega con grande semplicità che la ragazza è sola, sta cercando di raggiungere a Gaziantep la sua famiglia con la figlia: viene da Aleppo, suo marito è morto in un bombardamento dieci giorni fa.

L’accompagnano al prossimo pulmino per l’ultima tratta del suo viaggio per tornare dai suoi genitori, che, non è scontato, la accolgono nuovamente tra di loro.

Eccola qui la guerra, davanti a me: fotografata “in pace” e prima di sapere che davanti avessi proprio lei.

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Redazione di Periscopio


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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