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Stasera andrà in onda sulla BBC un documentario in cui Mo Farah, il più vincente maratoneta e mezzofondista britannico, racconta la verità sul suo arrivo nel Regno Unito dall’Africa. Il 39enne inglese fa quindi chiarezza sulla sua infanzia e sulla sua adolescenza, smentendo quelle ricostruzioni dei fatti che lui stesso aveva raccontato, sia alla stampa che alle persone a lui care.

Secondo tali ricostruzioni, nel 1991 i genitori di Farah lo avrebbero mandato in Inghilterra per garantirgli un futuro migliore. La verità è che non furono i suoi genitori a decidere: suo padre fu ucciso durante la guerra civile somala quando Farah aveva all’incirca 8 anni, e di lì a breve la famiglia si divise. Una volta raggiunto il Gibuti assieme a sua mamma e ai suoi fratelli, Farah fu avvicinato da una donna con la quale non aveva alcun rapporto di parentela e che non aveva mai visto prima.

Quest’ultima gli promise di portarlo a vivere da dei parenti in Europa, ma in realtà lo introdusse illegalmente in Inghilterra dandogli una nuova identità: non più Hussein Abdi Kahin – che è quindi il suo vero nome – bensì Mohamed Muktar Jama Farah, dati anagrafici peraltro rubati a un altro bambino. Nel documentario Farah racconta di aver lavorato più o meno come domestico in casa di una coppia di Londra per qualche anno, finché, con l’inizio della scuola, le cose iniziarono a cambiare.

Stando alle parole della sua tutor Sarah Rennie, il 12enne Mo Farah che si presentò al Feltham Community College aveva una scarsa conoscenza della lingua inglese ed era piuttosto disorientato. Fu quindi accolto e seguito con particolare attenzione dal corpo docente, specialmente dall’insegnante di educazione fisica, il quale fece in modo che lo stesso Farah fosse affidato a una famiglia di origine somala residente a Londra.

Ciò che accadde dopo l’inserimento scolastico è storia: sei titoli mondiali nei 5000 e nei 10.000 metri piani, le medaglie d’oro a Londra 2012 e a Rio 2016, record europei e mondiali nelle suddette specialità e le onorificenze ricevute dai reali britannici. Adesso, grazie a questo documentario, Mo Farah dice di essersi tolto un gran peso dallo stomaco e di averlo fatto soprattutto per i suoi figli; inoltre, spera che il suo racconto possa essere d’ispirazione e di conforto per le persone che hanno vissuto la sua stessa esperienza.

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Paolo Moneti

Sono un pendolare incallito a cui piacciono un sacco le lingue straniere e i dialetti italiani. Tra un viaggio e l’altro passo il mio tempo a insegnare, a scrivere articoli e a parlare davanti a un microfono. Attualmente collaboro con Eleven Sports, Accordi & Spartiti, Periscopio e Web Radio Giardino.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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