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da: Teatro delle Albe

Salmagundi, “favola patriottica” di Marco Martinelli, scritto e pubblicato da Editoria & Spettacolo nel 2004, tradotto in francese da Sophie Royère del Collectif Meridiem, è stato ora incluso nel volume curato da Paola Ranzini: Théâtre Italien Contemporain, des auteurs pour le nouveau millénaire, Editions de L’Amandier.

“Con Salmagundi (letteralmente: salami cotti) – Paola Ranzini, estratto dalla prefazione al volume – siamo trasportati nel futuro (2094), in una democrazia della stupidità che si rinchiude volontariamente in una dittatura, un mondo asettico popolato di corpi che hanno raggiunto la salute eterna grazie all’attività (o semplicemente grazie all’esistenza) di un fantomatico Istituto Nazionale per la prevenzione delle epidemie: dei corpi di plastica, potremmo dire, in una società artificiale, anche questa di plastica. Questi personaggi, che sembrano non avere interiora, non sono altro che “figurine”, in plastica appunto. L’assenza di profondità è compensata dalla proliferazione: venti corpi che si muovono in uno spazio ristretto per mostrare l’estensione della stupidità. L’umanità non riappare che con la malattia: un’epidemia sconosciuta che colpisce il cuore, lo paralizza e lo trasforma in un salame cotto. Solo Merletto, giovane diplomato che non è stato ancora contagiato dalla stupidità imperante, potrà denunciare questa malattia categoricamente negata, tramite sillogismi, dai pezzi grossi dell’Istituto Nazionale per la prevenzione delle epidemie. D’altronde essi sono occupati a reclutare fidanzate sempre più giovani e a organizzare uno spettacolo di varietà ispirato alle peggiori trasmissioni televisive. Opera surreale, certamente, ma che rimanda per più di un dettaglio alla cronaca politica dell’Italia di oggi. Il regno della stupidità non è così lontano e questa società finta che si compiace a cantare l’inno del leone e dei montoni, e a fare il saluto romano, non è così fantasiosa.”

Questa nuova pubblicazione è un ulteriore segnale di come la drammaturgia di Martinelli vada affermandosi in tutta Europa, dopo il successo di Rumore di acque, che, ricordiamo, è stato tradotto in francese, inglese, tedesco e rumeno, messo in scena in Francia ad Avignon Off dalla compagnia Théâtre Alibi, e che a novembre 2014 sarà messo in scena dalla Bremer Shakespeare Company.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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