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Abitiamo un’epoca caratterizzata da una incredibile abbondanza di beni materiali che non ha precedenti nella storia ma non abbiamo ancora imparato, come specie umana, a vivere consapevolmente in questo nuovo ambiente. Viviamo immersi in un oceano di informazioni (digitali) ma troppe persone non hanno più gli strumenti per capire il mondo e per dar senso alla vita. Peggio ancora: usano categorie e idee obsolete per (non) comprendere un mondo che negli ultimi decenni è cambiato in profondità.

La complessità del mondo  ‘lì fuori’ spaventa molte persone; l’insondabile profondità dell’interiorità umana che si agita ‘Qui dentro’ resta più che mai un universo inesplorato, inquietante e troppo spesso abbandonato al potere di schiere di sedicenti esperti. Molti sono stati abituati a vedere solo le cose negative: i problemi, i difetti, le incongruenze, i rischi e le ingiustizie; pochi hanno gli strumenti per apprezzare e godere responsabilmente di quello che c’è.

Tutto questo alimenta la paura, e con la paura cresce il senso di precarietà, aumenta la chiusura, diminuisce la fiducia, prospera l’egoismo. L’abbondanza materiale non ha prodotto l’attesa felicità, non ha migliorato le relazioni tra le persone come ci si poteva attendere. Non ci ha affatto liberato dal bisogno che, anzi, è diventato ancora più forte.

Non abbiamo affatto imparato a gestire eticamente l’abbondanza, non sappiamo vivere bene nel mondo che noi stessi come specie abbiamo creato: esso sta di fronte a troppe persone come una minaccia, a troppi si presenta come un’arena per la lotta di tutti contro tutti, che divide le persone in (pochi) vincenti e (molti) perdenti rancorosi. Un numero troppo esiguo di persone si muove in questo ambiente con lo spirito dell’esploratore, con la sicurezza dell’imprenditore morale, con la curiosità del bravo scienziato, con la fiducia di chi sa cogliere il bello ed è consapevole del proprio valore e della propria originalità. In un mondo pieno di tecnologie che sfiorano la magia, troppi di noi hanno perso la capacità di stupirsi e il gusto della semplicità.

“Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nel avere nuovi occhi” scriveva Marcel Proust. Oggi come non mai è importante riuscire a guardare le cose del mondo in modo nuovo, e, per farlo, bisogna avere il coraggio di buttare i vecchi pregiudizi e di guardare il mondo attraverso nuovi concetti e nuove teorie; cose ed eventi, infatti, parlano in modo imprevisto a chi ha l’ardire di lasciarsi sorprendere, mentre il passato non sembra più fornire una guida attendibile per il futuro e il futuro non sembra più avere la forza per trascinare il presente verso la speranza.

Per assumere questa nuova prospettiva bisogna avere il senso della complessità, avere testa libera e piedi ben appoggiati al terreno: bisogna accettare la sfida della creatività che fa l’uomo degno di chiamarsi uomo.

Nuovi occhiali dunque, ma non solo. “Ecco il mio segreto – disse il Piccolo Principe – È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi”. Così Saint-Exupéry, scrittore e aviatore, ci ricorda un’altra possibilità di conoscenza che si fonda sul valore delle piccole cose, delle relazioni personali, dei sentimenti autentici: in tempi in cui l’apparire è tutto, dove ognuno accampa il diritto ad esporre e imporre agli altri le proprie opinioni, dove queste valgono molto di più dei fatti, e dove la prepotenza verbale sembra sempre premiata, il Piccolo Principe suggerisce di prestare attenzione a quella interiorità che dal profondo ci parla e ci dice che non c’è bisogno di spettatori plaudenti per sentirsi felici. Che bisogna assecondare le pascaliane ragioni del cuore che la ragione non conosce, e che è indispensabile apprezzare la lentezza per gustarne le buone ragioni.

“Ma che paese lento! esclamo la Regina – Qui devi correre più che puoi per restare nello stesso posto“. “E se vuoi andare da qualche parte devi correre almeno il doppio”. Così scriveva Lewis Carroll in Attraverso lo Specchio. Correre sempre più veloci per essere vincenti, lavorare sempre di più per guadagnare maggiormente e poter consumare ancora di più, lottare per mantenere uno stile di vita, per non deludere gli altri, per essere all’altezza e per non perdere la fiducia in se stessi.
“Non ci tengo proprio, grazie. Qui ci sto più che bene” ribatté Alice alla Regina, ricordandoci così che, presi nella corsa per primeggiare o per non retrocedere si dimenticano le cose più importanti: la propria unicità, gli affetti e la qualità delle relazioni, le esperienze autentiche, il valore del tempo e della gratuità.

Così, nel bel mezzo della più grande abbondanza materiale, ci troviamo ancora di fronte alla più umana e più difficile delle sfide, diventata oggi ineludibile per ognuno: dar senso e significato alla propria vita diventando persone autentiche, capaci di generare quella fiducia e quel rispetto che sono indispensabili per vivere in pace su un pianeta sempre più interconnesso. Una sfida che nessuna ideologia e nessuna tecnica, nessuna religione e nessuna scienza, nessuna ricchezza e nessun potere, possono risolvere dall’esterno, semplicemente sostituendosi alla responsabilità e alla libertà di ogni persona.

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Bruno Vigilio Turra

È sociologo laureato a Trento. Per lavoro e per passione è consulente strategico e valutatore di piani, programmi e progetti; è stato partner di imprese di ricerca e consulenza e segretario della Associazione italiana di valutazione. A Bolzano ha avuto la fortuna di sviluppare il primo progetto di miglioramento organizzativo di una Procura della Repubblica in Italia. Attualmente libero professionista è particolarmente interessato alle dinamiche di apprendimento, all’innovazione sociale, alle nuove tecnologie e al loro impatto sulla società. Lavora in tutta Italia e per scelta vive tra Ferrara e le Dolomiti trentine.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

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Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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