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La scelta del candidato/a da opporre alla destra e ad Alan Fabbri è importante, ma occorre esprimere un programma di fondo per la città realmente alternativo, a partire da una nuova pratica di democrazia e dai beni comuni.  Ora sono in ballo (o lo saranno prossimamente) la gestione del servizio dei rifiuti urbani e di quello idrico. Vogliamo finalmente voltare pagina?

Mancano un bel po’ di mesi alla scadenza elettorale amministrativa del 2024 che coinvolgerà anche il Comune di Ferrara ed è partita, soprattutto sulla stampa locale, la corsa al toto-nomi del possibile candidato/a sindaco, in particolare per quanto riguarda il campo largo del Centrosinistra e della Sinistra.

Ora, non c’è dubbio che tale scelta sia rilevante, sia perché il sistema elettorale relativo ai Comuni assegna al candidato/a sindaco un ruolo molto importante (persino troppo, a mio parere, spingendo in una direzione di personalizzazione che non fa bene alla politica), sia perché le caratteristiche di questa figura, in un contesto come quello ferrarese, dove si tratta di provare a mandare a casa l’attuale Amministrazione di Destra, sono tutt’altro che ininfluenti rispetto a quest’ultimo obiettivo.

Però, sono convinto che partire dalla scelta dal candidato (e troppe volte fermandosi qui) significhi farlo con il piede sbagliato. Non faccio quest’affermazione semplicemente per ribadire un’impostazione che dovrebbe essere acquisizione condivisa, persino un po’ troppo scontata, e cioè che occorre, se non prima, almeno contemporaneamente, esprimere un programma di fondo per la città e il/la candidata che dovrebbe sostenerlo e attuarlo.

Il tema della centralità del programma deriva, prima di tutto, dal fatto che, se si vuole sconfiggere la destra anche a Ferrara, occorre mettere in campo un progetto realmente alternativo,  non solo rispetto alle politiche sbagliate di quest’ultima, ma anche nei confronti della lettura della città e delle scelte compiute nel passato dalle Amministrazioni di centrosinistra.

Se non si supera in avanti l’idea che la partita non è la “rivincita del passato” nei confronti dell’attuale Amministrazione, non si andrà molto lontano. Sia perché  – almeno questa è la mia convinzione – la vittoria alle passate elezioni della destra è più figlia degli errori delle precedenti Amministrazioni di centrosinistra che del “merito” di Fabbri e dintorni, sia perché la destra, in questi anni, ha costruito sì politiche regressive ma anche gestito la sua base di consenso in modo non banale.
Ancor più, le trasformazioni di questi anni e di quelli che ci attendono, da una parte, e la possibilità di rimotivare e far nuovamente tornare ad essere protagoniste le persone, a partire da quelle che più hanno subito i colpi della “policrisi”, dall’altra, impongono la necessità di tornare a dotarsi di un forte e strutturato progetto di futuro per la città, capace di darsi uno sguardo lungo e innovativo. Non si tratta tanto di pronunciare autocritiche, che lasciano il tempo che trovano, quanto piuttosto di avanzare idee e proposte realmente in grado di andare alla radici dei problemi aperti, ragionare con un punto di vista aperto e nuovo, supportando tutto ciò con la costruzione di una forte partecipazione dei cittadini, facendo leva anche sui segnali di risveglio sociale e civile che, per fortuna, abbiamo visto all’opera anche a Ferrara da un po’ di tempo in qua.

Non intendo certo cimentarmi con l’insieme di questo “ vasto programma”. Molto più limitatamente, mi interessa affrontare un tema specifico, quello della gestione dei servizi pubblici locali, che però può essere assunto come cartina al tornasole del ragionamento più generale cui ho accennato sopra.
É questo un tema fondamentale rispetto all’idea di futuro della città, perché rimanda alla alternativa tra un ruolo pubblico (e partecipativo) più forte per costruire legami sociali, idea di comunità, costruzione di spazi non soggetti alla logica del mercato e la spinta contraria alla privatizzazione e agli interessi aziendali e di profitto dei soggetti a questi orientati.

Porre il tema della gestione dei servizi pubblici locali  significa anche ripensare e correggere le politiche portate avanti dalle passate Amministrazioni di centrosinistra – come dall’attuale Amministrazione regionale guidata da Bonaccini – che hanno aperto al modello misto pubblico-privato, a partire dalla gestione dei nidi comunali, e pensato ai dipendenti comunali come costo da abbattere, seguendo una vulgata di stampo neoliberista, per cui il ruolo pubblico doveva necessariamente restringersi. Ovviamente, questa strada è stata perseguita con ancora maggior forza dall’Amministrazione di destra, che ha applicato tale ricetta anche all’esternalizzazione delle biblioteche comunali.

Oltre a questi servizi, ora sono in ballo (o lo saranno prossimamente) la gestione del servizio dei rifiuti urbani e quello idrico.

Sulla gestione del servizio dei rifiuti urbani, ho già avuto modo di soffermarmi su questo stesso quotidiano (leggi qui) e non ho nulla da aggiungere, se non che le decisioni in proposito sarebbe meglio affidarle alla prossima Amministrazione, senza fare fughe in avanti oggi, e che l’opposizione dovrebbe pronunciarsi con maggiore chiarezza sulla questione.

Vale invece la pena di approfondire il tema della gestione del servizio idrico. Sapendo che è un tema decisamente più complesso di quello della gestione del servizio dei rifiuti, per almeno 3 motivi.
Il primo è che alla scadenza delle concessioni, si tratta di costituire un’unica azienda di dimensioni provinciale. Questa scelta è imposta ancora dal Decreto SbloccaItalia del 2014 che ha previsto questo dispositivo, in una logica di accorpamento dei soggetti gestori con l’implicito “invito” ad un rafforzamento delle privatizzazioni. Ora, il servizio idrico vede la gestione di Hera spa nel comune di Ferrara e nell’Alto Ferrarese, mentre il Basso Ferrarese è interessato dalla gestione di CADF, una spa a totale capitale pubblico. Entrambe queste concessioni scadono alla fine del 2027, sulla base di una recente e pessima legge regionale, che ha disposto l’allungamento degli affidamenti in essere, giusto per fare un grande favore a Hera e Iren, che sono i maggiori protagonisti del servizio idrico in regione.

In secondo luogo, le risorse da mettere in campo per la gestione pubblica sono, da una parte, più rilevanti rispetto a quelle relative al solo servizio dei rifiuti del comune di Ferrara, ma, dall’altra, ci si può avvalere sia del ruolo di CADF sia di quello di ACOSEA (l’ azienda proprietaria delle reti idriche del Comune di Ferrara e di altri Comuni, in particolare dell’Alto Ferrarese), entrambe società pubbliche.

Terzo motivo, quello politicamente più rilevante, a fine 2027 si dovrà decidere tra l’alternativa secca della messa a gara del servizio (e cioè la sua privatizzazione, con un prevedibile ruolo decisivo di Hera),oppure della gestione totalmente pubblica del territorio provinciale.

Ci tengo a sottolineare quest’aspetto: all’ordine del giorno non ci sarà la ripubblicizzazione del servizio, ma la scelta tra privatizzazione o gestione pubblica, avendo peraltro alle spalle l’esito del referendum del 2011, che riempe tale opzione di un chiaro significato di rispetto della volontà democratica. Tutto ciò mi porta a dire che il percorso decisionale a questo proposito dovrà essere messo in campo già all’inizio della prossima consiliatura, non aspettando certamente la fine del 2027, e, quindi, sarà bene che i prossimi programmi per la scadenza elettorale di Ferrara si occupino di ciò. Anche perché occorre indicare in modo preciso se si intende o meno sviluppare un reale percorso partecipativo, non come è stato fatto in tema di gestione del servizio dei rifiuti di Ferrara, dove abbiamo assistito ad una forte tiepidezza da parte della passata Amministrazione di centro-sinistra e ad un sostanziale ostruzionismo da parte dell’attuale Amministrazione.

Insomma, la difesa dei beni comuni e la loro gestione pubblica e partecipata rappresentano uno snodo fondamentale per l’idea del futuro di Ferrara, per dare ad essa un ruolo forte nel delineare un profilo di città che sceglie la transizione ecologica e il rafforzamento dell’intervento pubblico anche a tale fine. Materia per discutere e per dire da che parte si vuole stare ce n’è in abbondanza.

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Corrado Oddi

Attivista sociale. Si occupa in particolare di beni comuni, vocazione maturata anche in una lunga esperienza sindacale a tempo pieno, dal 1982 al 2014, ricoprendo diversi incarichi a Bologna e a livello nazionale nella CGIL. E’ stato tra i fondatori del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua nel 2006 e tra i promotori dei referendum sull’acqua pubblica nel 2011, tema cui rimane particolarmente legato. Che, peraltro, non gli impedisce di interessarsi e scrivere sugli altri beni comuni, dall’ambiente all’energia, dal ciclo dei rifiuti alla conoscenza. E anche di economia politica, suo primo amore e oggetto di studio.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
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PAESE REALE

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