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da: Ordine nazionale dei giornalisti

Ora è ufficiale: il concorso si farà il primo luglio e la sede per questa prima prova sarà Bastia Umbra. Una vergogna; una intollerabile vergogna. La Rai aveva indetto questo concorso fissando termini per la presentazione delle domande ad aprile 2014. Da allora un trionfo di silenzi. Oggi, 9 giugno, i 4.982 colleghi hanno ricevuto una mail con la convocazione. Ventidue giorni di preavviso dopo un arrogante silenzio durato 13 mesi e più. E’ stata inutile, in questi mesi, ogni richiesta di chiarimento o di semplice informazione.
Anche adesso non si sa chi siano i membri della commissione e neanche come si sia arrivati alla scelta di Bastia Umbra, cittadina importante nella quale ci sono 11 strutture alberghiere (alcuni piccoli agriturismo) con le stanze già occupate al 57 per cento.
E’ stata fatta una gara senza preoccuparsi minimamente dei problemi dei partecipanti. Non era difficile né impossibile inserire condizioni che li tutelassero. Tutti dovranno avere una macchina a disposizione. Tutti dovranno mettere significativamente le mani al portafogli per trovare una sistemazione in albergo.
Chi ha lauti stipendi certamente non avrà fatto questo calcoli: che cosa volete gli importi. Ma dalle mail che i colleghi mi mandano emerge un problema non secondario. Quella di Bastia potrebbe perfino non essere la prima selezione. Una convocazione con tempi così ristretti, in un luogo che non è facilissimo da raggiungere (pensate a chi parte da Palermo o da Trento o da dove volete voi che non sia Perugia e dintorni) comporterà con certezza molte rinunce. Non sono in grado di affermare che anche questo sia passato dalla mente degli organizzatori. Né che si possano essere preoccupati di qualcuno che attorno a fine giugno-primi di luglio riesce a strappare un qualche contratto di sostituzione. Problemi di non garantiti, trattati per lo più come schiavi in tante occasioni e considerati come numeri in questa. Marginali per chi si comporta come fosse il padrone delle ferriere. Venerdì il direttore del personale della Rai, Valerio Fiorespino, mi aveva sollecitato una richiesta scritta per rispondere ad alcune banali domande (le trovate nella mail che vi allego con le informazioni che ha ritenuto di potermi fornire). Ho trovato il tempo di rispondere solo poco fa, con spiegazioni formali che dimostrano in tema di trasparenza un’idea diversa da quella che ho io. Ho già investito della questione il presidente della commissione di Vigilanza, Roberto Fico. Ma credo che il governo non possa stare in silenzio mentre si passa sopra i sogni e le speranze di migliaia di giornalisti. E annoterò, per arricchire il lungo registro di mille significative complicità, i silenzi davanti ad una decisione che trovo, ripeto, vergognosa. (www.odg.it)

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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