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Il giorno dell’elezione di papa Ratzinger in piazza San Pietro si notano (in un’immagine ripresa dall’alto) appena un paio di mani alzate a sollevare altrettanti telefonini rivolti verso il balcone dell’annuncio per immortalare l’attimo in una fotografia.
Otto anni dopo, nel 2013, la stessa piazza ripresa dalla medesima angolatura, mostra un’immagine ben diversa, ravvivata dalla luce a led di centinaia di smartphone e di tablet.
piazza-san-pietro-papaNel breve volgere di quegli otto anni il mondo è cambiato. In mezzo c’è stata la massiccia proliferazione dei telefonini multifunzione e, nel 2006, la nascita di Twitter. “Ha sovvertito ogni cosa”, sostengono Livia Iacolare e Jerome Tomasini, rappresentanti rispettivamente di Twiter Italia e Twitter Francia, intervenuti a Perugia nel corso della prima giornata del festival del giornalismo.
“Twitter è conversazionale, basato sulla condivisione, pubblico, gratuito”, hanno sottolineato. Ed soprattutto è divenuto rapidamente uno strumento di comunicazione di massa: oggi sono 288 milioni gli utenti attivi nel mondo, quelli che almeno una volta al mese lo utilizzano. L’80% di loro accede attraverso smartphone. E ben 500 milioni sono i tweet generati ogni giorno.
L’impatto è stato dirompente anche nel mondo dell’informazione. In un certo senso è stato come acquisire 288 milioni di nuove fonti.

Potenzialità e rischi sono evidenti. Ci sono milioni di occhi in più che possono testimoniare ciò che vedono. Questo rappresenta un arricchimento: non solo per il pubblico, ma anche per gli operatori dei media, i quali possono contare su nuove sentinelle attive. Ma al contempo ci si scontra con la mancanza di filtri e l’assenza di ogni criterio di accreditamento. Chi è che ci sta notiziando?

Il sistema dell’informazione, pur con tutti i suoi limiti, è improntato a criteri di professionalità e disciplinato da codici deontologici. I tweet per loro natura sono liberi e incontrollati: due grandi risorse che rappresentano altrettante potenziali minacce se malgestite. Ciò che e ricchezza, insomma, al contempo può essere anche pericolo. Il problema esiste, il tema è aperto, la soluzione non esiste.

Gli operatori dell’informazione hanno incominciato a sfruttare le potenzialità di questo canale di comunicazione. Per i giornalisti Twitter rappresenta uno strumento ulteriore per informare il lettore in tempo reale, attraverso il tipico sistema di flash news che possono accompagnare, per esempio, un importante e atteso evento.
O anche per creare occasioni di feedback, quindi momenti di condivisione e interazione con il pubblico. La nuovissima applicazione Periscope, poi, costituisce una preziosa integrazione al flusso narrativo, poiché consente di integrare alle parole le immagini, attraverso la diffusione di filmati brevi (sino a 30 secondi ciascuno), che possono però essere prodotti e diffusi in sequenza.
Per tutti, utenti comuni e operatori professionali, vale un’avvertenza e un suggerimento: ricordare sempre che ogni tweet e pubblico e maneggiare Twitter è in fondo come avere in mano un microfono sempre acceso. Occorre quindi avere la consapevolezza che, nella presente epoca della comunicazione, ciò che traspare attraverso l’attività dei social network concorre a definire la reputazione di ciascuno (“servono anni a costruirla e pochi secondi per distruggerla”, affermano Iacolare e Tomasini). E di conseguenza è necessario fare un uso avveduto del mezzo. ‘Mostrarsi, ma non spogliarsi’ si potrebbe affermare sintetizzando i suggerimenti degli esperti. I quali raccomando: “Siate umani, rivelate cose di voi stessi di cui siete orgogliosi in cui eccellete”. Insomma, usate Twitter e e social media come vetrina e non come retrobottega o spogliatoio. Perché le smagliatura le noterebbero tutti.

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Sergio Gessi

Sergio Gessi (direttore responsabile), tentato dalla carriera in magistratura, ha optato per giornalismo e insegnamento (ora Etica della comunicazione a Unife): spara comunque giudizi, ma non sentenzia… A 7 anni già si industriava con la sua Olivetti, da allora non ha più smesso. Professionista dal ’93, ha scritto e diretto troppo: forse ha stancato, ma non è stanco! Ha fondato Ferraraitalia e Siti, quotidiano online dell’Associazione beni italiani patrimonio mondiale Unesco. Con incipiente senile nostalgia ricorda, fra gli altri, Ferrara & Ferrara, lo Spallino, Cambiare, l’Unità, il manifesto, Avvenimenti, la Nuova Venezia, la Cronaca di Verona, Portici, Econerre, Italia 7, Gambero Rosso, Luci della città e tutti i compagni di strada

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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