Skip to main content

Lettera a Ferraraitalia

Nel leggere le dichiarazioni di Ilaria Baraldi e dell’Arcigay ferrarese, ho constatato come nessuno abbia colto l’essenza di un conflitto, legato al Ddl Zan, che ben pochi hanno correttamente inquadrato e che non c’entra – se non secondariamente – con le dispute sulla libertà d’opinione, la famiglia tradizionale,le proteste dei vescovi o il Magnifico Rettore del nostro ateneo. Conflitto lucidamente colto,fra i pochi, da Aurelio Mancuso, dirigente del PD e già presidente di Arcigay, che su Facebook ha scritto: «L’utilizzo del termine identità di genere anziché transfobia apre oggettivamente un conflitto molto forte con il femminismo della differenza e di quello radicale. Conflitto che non si sarebbe proposto fino a pochi anni fa, ma che ora investe una dura discussione pubblica in tutto il mondo. Proprio nelle file dei partiti progressisti potrebbero esprimersi forti contrasti, tali da pregiudicare, soprattutto in Senato, l’approvazione della legge». Aurelio Mancuso (insieme a Valeria Fedeli, una delle poche donne PD che ha ascoltato con attenzione e rispetto  le critiche di numerose femministe) si riferisce a un problema – la negazione oggettiva della specificità femminile – che di recente è esploso con furibondi attacchi alla creatrice di Harry Potter, J.K. Rowling, rea di aver difeso il concetto biologico di donna.

In pratica, l’aver sostituito l’identità di genere al sesso biologico nella definizione dei concetti di «uomo» e «donna» sta causando gravi problemi negli stati e nelle organizzazioni internazionali che hanno scelto di percorrere tale strada.In Gran Bretagna,per citare qualche caso concreto, è accaduto che alcune quote riservate alle donne da tempo sono occupate da uomini che si identificano come donne: già nel 2018 Jeremy Corbin usò le “quote rosa” per candidare in posizione di vantaggio persone che si dichiaravano donne, provocando la fuga di centinaia di militanti e dirigenti donne del partito.
«In questa situazione ogni uomo può semplicemente affermare di essere una donna» per ottenere i vantaggi collegati alla promozione della rappresentanza femminile, scrisse al Times un gruppo di femministe inglesi.
La questione dell’identità di genere provoca da anni enormi problemi anche nel mondo dello sport. La leggendaria tennista Martina Navratilova, apertamente lesbica, è stata espulsa dal consiglio di amministrazione di Athlete Ally, per aver definito «ingiusto» consentire agli uomini che si dichiarano donne di competere atleticamente contro le donne biologiche.

Negli Stati Uniti i velocisti o i lottatori transgender maschi che si identificano come femmine fanno man bassa delle classifiche sportive universitarie, sottraendo alle donne biologiche opportunità e borse di studio legate ai risultati atletici. E’ giusto tutto questo?
Ciò accade perchè dal 2016 il C.I.O. ha aperto le competizioni femminili agli uomini che si dichiarano donne, anche se non operati: è sufficiente sottoporsi a cure ormonali e dimostrare un basso livello di testosterone nei sei mesi precedenti la gara.
Guardando all’Italia io penso che non sia giusto nè accettabile che le “quote rosa”, ad esempio, finiscano in futuro per essere appannaggio di uomini che si dichiarano donne. Uomini che rispetto,ma che non possono portarci via ciò che ci spetta.
Ecco perchè, se non si decide di eliminare dal testo del Ddl Zan l’espressione “identità di genere”, si metteranno a repentaglio le conquiste che sono costate lacrime e sangue a tante migliaia di donne.
Spero,per concludere, che le parlamentari e i parlamentari che si apprestano a votare il Ddl Zan (a differenza della Peruffo o della Baraldi che non hanno colto il problema di cui ha parlato Mancuso) tengano conto delle osservazioni sopra riportate, che hanno suscitato un giustificato allarme in tante femministe “storiche”, preoccupate di vedere vanificati i risultati di tante battaglie combattute in nome della donna e non certo in nome dell'”identità di genere”.
Giuliana Bolognesi
tag:

Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it