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di: Redazione Italia Pressenza 

Venerdì 20 maggio 2022 alle ore 17.30

Palazzo Reale di Napoli. Ospite Elena Rubashevska.

Appuntamento straordinario per la kermesse “Cinema di Pace”, che per l’occasione si sposta al Palazzo Reale di Napoli, le cui monumentali sale ospiteranno la proiezione di “Il diario italiano di Olga”.

Il film, del 2018, racconta la storia di Olga, badante ucraina trasferitasi a Napoli oltre 20 anni fa. Un racconto che torna prepotentemente attuale alla luce del conflitto nell’Europa dell’est. Alla proiezione, oltre a diversi esponenti della comunità ucraina a Napoli, parteciperà Elena Rubashevska. Regista e critico cinematografico, Rubashevska è caporedattore di FIPRESCI e coordinatore dell’OKO International Ethnographic Film Festival dI Odessa (Ucraina). Ha lavorato come regista e sceneggiatrice, creando contenuti multimediali per organizzazioni non governative come WWF, OSCE e con le Nazioni Unite, con particolare attenzione ai progetti relativi all’est dell’Ucraina. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina nel 2022, è entrata a far parte dell’Enegra Camerimage International Film Festival of the Art of Cinematography (Polonia).

L’incontro del 20 maggio è organizzato dal Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli e Gesco, insieme alla Fondazione Premio Napoli. Interverranno nel dibattito Maurizio Del Bufalo (coordinatore del Festival), Sergio D’Angelo (presidente Gesco) e Carmen Petillo (presidente Premio Napoli). L’ingresso è libero fino a esaurimento posti.

L’appuntamento segue l’incontro dedicato all’Ucraina di giovedì 19 maggio a Salerno, dove nell’ambito della rassegna “Cinema di Pace” de “I Giovedì dei Diritti Umani” si terrà un appuntamento dal titolo “Memorie del Donbass” con due corti che raccontano com’era Mariupol prima dell’invasione russa e la convivenza tra le minoranze russe e la società ucraina. L’appuntamento è all’Archivio di Stato alle ore 16.30 e anche in questa occasione ad animare il dibattito ci sarà Elena Rubashevska.

IL DIARIO ITALIANO DI OLGA

Olga è una donna migrante la cui vita è piena di imprevisti, abbastanza da riempire varie telenovela, eppure, è così simile alla vita di molte donne che vivono la sua condizione: le badanti ucraine in Italia. Olga crede nell’amore e pensa che sia possibile trovare una bella relazione romantica anche all’età di 57 anni. Il cortometraggio è un’intima sbirciatina in uno dei temi tabù contemporanei: la vita intima delle donne migranti fuori di casa. Riuscirà Olga ad avere da Napoli un’opportunità e a trovare un affetto vero tra condanna e sospetto

In copertina: Elena Rubashevska

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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