Lo sguardo lungimirante di Agostini: ci aiutò a comprendere il plurale di giornalismo
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Fa impressione parlare di lui al passato, perché il suo sguardo era sempre orientato al futuro. In metafora calcistica lo si potrebbe immaginare centravanti, non certo difensore. Angelo Agostini non si schierava mai a salvaguardia dell’esistente, era curioso e attento, costantemente teso a comprendere il mutamento e ad anticiparne il senso e le linee di sviluppo.
Così è stato già all’inizio degli anni ’90, all’epoca dell’introduzione delle tecnologie in redazione, quando molti alzavano barricate e lui invece coglieva e segnalava le potenzialità del fenomeno. Lo stesso è avvenuto per le scuole di formazione al giornalismo, sostenute a dispetto di quanti si ostinavano a dire che il mestiere si impara solo praticandolo dentro le redazioni e non dietro ai banchi. Lui, pienamente conscio dell’importanza della pratica, riteneva però indispensabile una consapevole assunzione e una contestuale elaborazione critica dei modelli e delle prassi di lavoro, connesse all’acquisizione di un solido bagaglio culturale e di un adeguato supporto teorico. E avanguardista fu anche quando iniziarono a diffondersi i giornali on-line: considerava il web una straordinaria risorsa e un arricchimento per il giornalismo, e pur edotto dei rischi in termini di accreditamento della notizia, non viveva la rete come minaccia, ma come nuova frontiera da civilizzare. Non è mai stato corporativo, insomma, Non ha mai temuto la fine del giornalismo e ha a sempre sostenuto e propugnato la necessità di guidarne la trasformazione. Anche per questo parlava di “giornalismi”, cioè declinava al plurale il mestiere, combattendo l’idea di unico inossidabile modello praticabile.
Per ricordare la straordinaria figura di Angelo Agostini a un anno dalla prematura scomparsa, la rivista “Problemi dell’informazione” gli ha dedicato un panel nell’ambito del Festival del giornalismo che si è svolto a Perugia nei giorni scorsi.
A prendere per primo la parola è stato Carlo Sorrentino, docente dell’Università di Firenze, brillante studioso del giornalismo e nuovo direttore della rivista edita dal Mulino. “Angelo Agostini – ha affermato – è stato la formazione al giornalismo in Italia. Va considerato fra i principali animatori – e forse qualcosa in più – del Festival di Perugia. Appariva perennemente insoddisfatto, ma non perché avesse un carattere ombroso, al contrario era un uomo pieno di vitalità e di entusiasmo: ma era sempre inquieto, alla ricerca, come deve essere un serio studioso. E’ stato uno straordinario anello di congiunzione fra la formazione accademica e il mondo dell’informazione, una figura senza eguali, molto attento all’innovazione. Anche per questo gli abbiamo dedicato un intero numero di Problemi della comunicazione, con un’ampia selezione di alcuni fra i più significativi articoli”.
Aldo Balzanelli, di Repubblica, ha citato una delle frasi preferite di Agostini: “Alza la testa e guardati intorno: era una sua frequente esortazione. Rompere la catena dell’autoreferenzialità è stato uno dei suoi imperativi. La sua peculiarità di essere studioso e insieme di praticare il giornalismo lo rendeva un caso raro in Italia. Proprio per questa sua duplice natura conosceva perfettamente dinamiche, limiti, e condizionamenti del nostro lavoro e la sua analisi teorica non risultava mai astratta”.
“Ci manca il confronto quotidiano con lui, la sua attenzione all’innovazione – ha detto Giovanni Cocconi, ex allievo di Agostini e ora attivo in ambito di comunicazione isitituzionale, dopo essere stato a lungo vicedirettore di Europa – Spesso mi chiedo come la penserebbe lui su questo o quel fatto e avverto il vuoto dell’assenza. Per lui, come per Marc Augé, la cultura era come il legno verde: si muove”. Sull’abbrivio della citazione ha letto un passo (struggente, dato il contesto) di un celebre articolo di Agostini del 2011, che proprio a Augé faceva riferimento: “Chiunque abbia dimestichezza col legno sa che il legno continua a muoversi anche quand’è vecchio. Il legno non si ferma mai. Il fatto è che quando ti sei costruito una casa in legno, oppure quando te la sei trovata, come capita a chi è nato in montagna, sei pure abituato a controllarla giorno per giorno, nei mesi, negli anni, nei decenni che ti sono dati. Una casa costruita in legno si muove. Quindi la guardi, ti abitui ai suoi cambiamenti. Tamponi l’intonaco quand’è necessario. Altre volte ti tocca proprio cambiare la struttura. Però se era di legno, di legno la rifai. Avendo cura di scegliere quello buono. E poi, e poi, e poi. Poi continui a vigilare a guardare, a badare che non accada l’unica cosa irreparabile: che il legno s’incendi”.
“Si innamorava delle cose. E come me – ha dichiarato Claudio Giua, del gruppo Espresso – era innamorato di Repubblica, che considerava il giornale che aveva rotto le paludate forme del giornali anni 70. Ma aveva anche uno sguardo critico su tutto, mai indulgente, e anche a Repubblica muoveva i suoi appunti senza remore. Era un sognatore, ma sapeva dare concretezza alle idee Ho visto come si è impegnato e battuto a difesa di uno dei suoi ultimi progetti, quello di un ‘Newseum’ italiano, rimasto purtroppo incompiuto”.
Anna Masera, storica firma della Stampa, attuale responsabile dell’ufficio stampa della Camera, segnala come Agostini “avesse fatto pienamente propria la concezione di Paolo Murialdi relativa alla proliferazione delle forme di articolazione della professione, adottando la definizione di “giornalismi”. Mostrava sempre attenzione alle regole, rigore e senso etico, ma era flessibile nel considerare le mutazioni e le novità del settore. Ma caposaldo per lui restava la considerazione che il referente dell’informazione era il sempre il lettore e mai il soggetto della notizia”.
“Credeva nelle cose che raccontava a noi studenti e lo si percepiva – testimonia Lorenzo Fabbri, del gruppo Espresso -. Abbiamo condiviso gli anni del fermento intellettuale di Bologna all’interno della facoltà di Scienze della comunicazione quando la città era un po’ capitale dell’innovazione grazie anche allo sviluppo delle reti civiche. Ci ha trasmesso la sua passione”,
“Era segnato della sua identità di confine, lui nativo di Fiera di Primiero, un tempo al margine dell’impero asburgico. Ma si definiva orgogliosamente giornalista di scuola italiana. – segnala Mario Tedeschini Lalli (gruppo Espresso), tracciando un filo di congiunzione fra il vissuto personale e la sensibilità del giornalista e dello studioso -.Aveva grandi doti anticipatorie. Arrivava a capire le cose spesso un po’ prima degli altri, E fu fra i primi, per esempio, a praticare il ‘giornalismo dei dati’ in anticipo su tutti, quando ancora neppure se ne parlava”.
Ricordi. Gocce di memoria. Un profilo al plurale, come sarebbe piaciuto a lui, senza ripetizioni, a confermare quanto la personalità di Angelo Agostini fosse ricca e colma di tante sfaccettature. Il suo sguardo, attento e lungimirante, ci manca e ci mancherà.
Leggi [qui] Legno e radici. Sulle culture professionali del giornalismo italiano
Guarda [qua] il video dell’incontro “Angelo Agostini: formare al giornalismo sapendone anticipare i cambiamenti“ (dal festival
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(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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