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di Leonardo Fiorentini*

Care amiche e cari amici di Ferraraitalia,

purtroppo la concomitanza con il Consiglio Comunale mi ha impedito di essere alla vostra interessante iniziativa di gennaio in biblioteca. Interessante perché permette finalmente di guardare alla nostra città con gli occhi rivolti verso il futuro, e perché mette al centro alcune questioni che mi stanno particolarmente a cuore. Mi scuso, ma il poco tempo a disposizione nel scrivervi queste righe prima di andare in consiglio mi costringono ad andare per punti (a me più cari) e a tagliare con l’accetta i ragionamenti, ma spero ci sarà modo di ragionarci insieme anche in altre occasioni.

Pensare in grande: riscopriamo il canale Panfilio per cambiare faccia al centro storico
E’ una suggestione affascinante ed interessante, sia per l’aspetto paesaggistico e storico, che per i risvolti indiretti su uno degli assi di attraversamento della città. Vedo solo una grande criticità, anche una volta riusciti a reperire i fondi per un’opera che non mi appare comunque di semplice realizzazione: le nostre acque non sono più quelle del ‘400 o del ‘700. Già il fossato del Castello è stato oggetto di interventi per garantire una qualità delle acque decente d’estate, mi preoccupa molto un canale con acqua di fatto ferma che attraversa la città che preleva l’acqua da un canale, il Volano, piuttosto fermo di suo.

Sculture, arredi floreali e caffetteria per il Giardino delle duchesse
Essendo stato di fatto il primo custode del Giardino riaperto, quando come circoscrizione cocciutamente realizzammo la prima apertura estiva, il tema mi sta ovviamente a cuore. Continuo a vedere quell’angolo di città come una riserva verde dentro la città costruita. Una riserva che fa da polmone e ristoro di giorno, e vive di cultura la sera. Per questo non vedo male, una volta finiti i cantieri di risistemazione del Palazzo municipale, un ragionamento che introduca la possibilità di apertura di attività all’interno del giardino (o anche solo la collocazione di tavolini delle attività che già esistono nel perimetro), mantenendone la caratteristica di luogo privilegiato delle attività culturali cittadine dalla primavera all’autunno.

Un disegno unitario per rivitalizzare piazza Castello e piazza Repubblica, Un nuovo volto per piazza Cortevecchia e nuove ‘vasche’ in città, Strapaesana, Da mercatone a mercatini, ieri e oggi tutto un altro volto.
Le metto tutte insieme perché devono far parte di un ragionamento unitario. Credo sia venuto il tempo di porre fine alla cesura fra la città medioevale e quella rinascimentale. La zona pedonale deve poter varcare largo Castello/Giovecca e riunire le grandi ztl interrompendo, oggi che la tangenziale ovest è realizzata, un asse di attraversamento (Cavour-Giovecca) che deve rimanere permeabile ai soli mezzi pubblici. Il resto deve essere ricompreso in una zona pedonale progressivamente allargata. Come si è già sperimentato le scorse festività, la chiusura dell’asse principale è realizzabile (da S. Stefano a Palestro). Si può continuare nella sperimentazione, magari spostando il mercato del venerdì fra Cavour, largo Castello e Giovecca, per verificarne l’impatto nei giorni feriali, ma è imprescindibile un ragionamento complessivo che coinvolge la mobilità pubblica (con linee bus che si attestano ai bordi della zona pedonale) e quella privata (spostando i parcheggi persi in Cortevecchia sull’ultimo tratto di un viale Cavour “chiuso”), un ragionamento sugli altri due assi (Porta Po/Portamare e di riflesso Arianuova), e finalmente un ragionamento complessivo sull’utilizzo razionale e condiviso delle piazze sia per le attività “mercatali” che per gli eventi.

Leonardo Fiorentini, consigliere comunale di SEL

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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