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La data di inizio non è casuale: 23 aprile, Festa di san Giorgio patrono di Ferrara. Da questo giorno gli instagramers (gli utilizzatori dell’app Instagram per la condivisione di foto) che lo vorranno, potranno candidarsi a gestire per una settimana il profilo Instagram del Comune di Ferrara (@comunediferrara).
L’iniziativa, presentata ieri durante una conferenza stampa in Comune, prende il titolo dall’hashtag che si chiederà di usare, ovvero #MyFerrara, ed è uno dei sette punti dell’Agenda Digitale, volti ad avvicinare i cittadini al mondo digitale e, attraverso di esso, alla pubblica amministrazione.

Il candidato selezionato da referenti comunali, dovrà mandare, per sette giorni, una foto al giorno che mostri la città in ogni suo aspetto: monumenti, eventi, ma anche problemi. “Vorremmo far crescere quella comunità digitale che finora è stata per l’amministrazione un elemento di stimolo, confronto e condivisione, se consideriamo che metà delle segnalazioni ci arrivano via social network e l’altra metà per mail. Ormai la petizione cartacea è stata decisamente superata e noi ci dobbiamo adeguare”. Ha commentato l’assessore alla Comunicazione Aldo Modonesi.
“Una città che si vuole bene, è una città più bella – ha proseguito il vicesindaco Massimo Maisto – per questo invitiamo a ritrarla prima di tutto i cittadini, ma anche i turisti, e questo può diventare anche un modo per promuoverla. I punti forti di Ferrara sono gli eventi, il grande centro storico, la dimensione slow e l’autenticità, siamo curiosi di vedere come gli instagramers riusciranno a renderli”.
E se i cittadini attraverso le loro foto solleveranno anche delle questioni, l’amministrazione cosa farà?
“Daremo risposte trasparenti, anche quando non saremo in grado di intervenire”. Ha risposto Modonesi. Punti di vista, punti di forza e punti critici, nessun freno alla creatività, dunque…
“Gestire il profilo del Comune, è come ricevere le chiavi della città, una bella responsabilità per i cittadini – ha detto Barbara Lunghi, coordinatrice del gruppo Igers Ferrara, partner dell’iniziativa – bisognerà impegnarsi non solo a fare belle foto, ma anche ad essere originali”.

Il programma dell’Agenda Digitale del Comune di Ferrara, hanno poi spiegato Fabio De Luigi e Ilenia Mantoan del Servizio sistemi informativi, prevede oltre a questo, altri sei punti per affrontare l’innovazione tecnologica, colmare il divario digitale e consolidare i servizi online del Comune di Ferrara. “Abbiamo fatto un workshop in cui abbiamo invitato i cittadini ad esprimersi sulla questione – hanno detto – ed ora stiamo lavorando alla formazione interna per amministratori e politici, all’alfabetizzazione informatica dei cittadini, ad un sistema in line di raccolta di segnalazioni, ad una newsletter personalizzata per ogni cittadino in base a interessi e luogo in cui vive, e infine a migliorare la pubblicazione degli open data del Comune”.

Un bell’impegno che andrà anche oltre il 2015, mentre #MyFerrara dovrebbe concludersi entro l’anno con la realizzazione di un ebook curato dagli studenti del liceo scientifico Roiti di Ferrara e l’allestimento di una mostra con una selezione degli scatti.

Qui il regolamento e le informazioni per candidarsi. [clicca]

Cogliamo l’occasione per annunciare che anche Ferraraitalia è sbarcata su Insagram: cercate @ferraraitalia per seguirci. L’hashtag è #ferraraitalia. Siamo anche su Twitter @FerraraItaliaIt e su Facebook Ferrara Italia.

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foto di @igersferrara
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Stefania Andreotti

Giornalista e videomaker, laureata in Tecnologia della comunicazione multimediale ed audiovisiva. Ha collaborato con quotidiani, riviste, siti web, tv, festival e centri di formazione. Innamorata della sua terra e curiosa del mondo, ama scoprire l’universale nel locale e il locale nell’universo. E’ una grande tifosa della Spal e delle parole che esistono solo in ferrarese, come ‘usta’, la sua preferita.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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